Mostra Personale di Toscanaccio ad
APPRODO ALLA LETTURA fino a domenica 8 settembre
SETTE GRANDI OPERE …..e se fossero
capolavori?
Come storica dell’arte anch’io sono tra i firmatari della petizione a
favore di APPRODO ALLA LETTURA per evitarne la chiusura. Questo spazio
polifunzionale ogni estate, da 14 anni,
presenta a Piazza dei Ravennati ad Ostia un programma ricco di iniziative per promuovere la cultura e, senza mai perdere di vista la
divulgazione dei libri, fornisce gratuitamente spettacoli, concerti, incontri,
dibattiti e un Giocanido, un asilo autorizzato per i bambini, mentre i loro
genitori con tranquillità possono scegliere e consultare i volumi degli autori
che più amano. Inoltre APPRODO ALLA LETTURA mette a disposizione degli
artisti uno stand spazioso e ben illuminato anche di sera per le loro mostre
collettive e personali. Attualmente è in corso fino a domenica 8 settembre la
mostra personale del Maestro Giuseppe Vittorio Scapigliati, detto Toscanaccio –
nato a Piancastagnaio in provincia di
Siena, ma residente da più di trenta anni ad Ostia – un artista maledetto e
visionario che presenta 7 opere di grande formato, polimateriche con note
espressioniste, surreali, sconfinamenti nell’informale e nel collage che in un
certo senso allarga i confini della pittura fornendo a chi guarda stimoli nuovi
ed inesplorate associazioni mentali.
Toscanaccio, un artista mai banale e scontato,
tormentato e gioioso, libero e solitario, provocatorio e delicato al tempo
stesso, spesso è vittima delle sue contraddizioni: ora si esalta come autore di
opere eclatanti, ora considera esercizi inutili tutto il suo universo creativo.
Con un linguaggio originale e con la sua solita carica di poesia e di sfida Toscanaccio
con questa mostra si pone e ci pone un
interrogativo: …..e se fossero dei
capolavori? Sarebbe semplice
rispondere che saranno le generazioni future a dargli una risposta esaustiva e
provata, ma voglio assumermi la responsabilità di una risposta diretta ed
immediata: sì, questi suoi quadri sono dei capolavori perché la sua materia pittorica delicata ed intensa sa
trasfigurare un mondo brulicante di vita in un tessuto cromatico denso di
suggestioni, dove il gioco sapiente delle luci e delle ombre impregna di sé i
colori ed i materiali usati come frammenti di ogni tipo, pezzi di carta o
l’idroglass con le sue gioiose luminescenze, li decanta, li esalta e trasforma
ogni sua visione in uno spazio senza tempo, denso di contenuti e di
significati. In una sua nota scrive:”Presunzione o provocazione? Lascio questo
interrogativo a voi! Quello che posso dire in mia difesa è che ho sempre amato
quella donna bellissima che è l’arte. Per me e con me si è comportata da
spietata matrigna, ma il mio sentimento è stato di grande fedeltà e rispetto.
Occhi ciechi ed orecchie sorde mi hanno costretto a ballare da solo.
Sciocchezze….ho goduto da matti per questa passione”.
Da anni quest’artista
condensa la sua ricerca oltre i confini dell’arte figurativa, in una
condizione dove il mistero della vita ed i suoi archetipi si manifestano con un
linguaggio analogico e metaforico che si ricollega alla natura che lo circonda,
alla vita dell’uomo e ai suoi sogni, ai miti, alla storia delle religioni e
della filosofia, all’astrologia, agli avvenimenti che si sviluppano intorno a lui
e che diventano motivo ispiratore delle sue creazioni. Sono lavori improntati
ad un approccio interdisciplinare perché sono portatori di valori etici,
estetici, spirituali, temporali, eterni, comunque legati alle radici sociali
della nostra epoca. Alla base di ogni opera c’è una domanda sulla vita,
sull’amore, sulla morte, sull’universo, sul significato del dolore e sul valore
della propria arte della quale Toscanaccio afferma con convinzione: "Io non
cito, mi cito" rivendicando l’autonomia del proprio linguaggio creativo che
attinge energia dalle radici profonde della sua individualità nella
consapevolezza che, come diceva Michelangelo: “Chi va dietro ad altri, non gli
va dinanzi”. Il quadro più denso di pietas è quello che porta
l’invocazione:”Dio mio, a questi non li vedi?” Sulla tela si snoda una lunga
serie di volti stravolti e sofferenti, emaciati, senza denti e con i segni evidenti di chi patisce la fame
da lungo tempo. Per Toscanaccio dipingere significa viaggiare dentro di sé e
rappresentare in maniera nuova per concezione ed impostazione non luoghi
fisici, ma stati mentali e dello spirito, evocando con grande padronanza dei
mezzi tecnici i processi formativi della
materia-colore in una gamma cromatica ambigua, pluristratificata, brillante e
sapiente, capaci di rendere visibili metafore ed archetipi in bilico tra la
coscienza individuale e l’inconscio collettivo.
Anna
IOZZINO
Nota: L'articolo è stato pubblicato su "La Gazzetta del Litorale" del 31/08/2013 (anno VII, n. 34) pag, 10.
La signora Colonnello, Toscanaccio
Da sinistra: Anna Iozzino (storico e critico d'arte), Toscanacccio, la figlia, la moglie, |
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