mercoledì 29 aprile 2020

I Pronti a guadagnarci e i pronti a rimetterci.



Quelli che ci rimetteranno 
sono tanti,
compresi i morti 
che già ci sono stati
se gli stati
non avranno idee chiare,
sui sacrifici
che dovremo fare
quelli essenziali.

Gli altri 
per stupidità
gia li stiamo facendo.
Se non mi arrendo
è per un caso
che ancor non mi comprende
fra le vittime.

Io ti vorrei amare 
fino alla fine
fino al confine 
dell'immaginario
fin dove il mio diaro
ancora non si arrende
all'evidenza
della mia impotenza,
dell'incoscienza
in cui a volte
orecipito
ancora
innmmorato di te
che mi sorprendi
tenendomi mano
fino all'innocenza
del nostro amore
fino alla strafottenza dell'età
che in apparenza
sembra gia prossima
alla soluzione finale.

Tutto è tale e quale
al giorno che scampai
ai primi agguati
che dilatavano
la mia fantasia
come rifugio
immaginario,
ma le bombe 
che cadevano di notte
solo un tratto
non ero 
nel loro
raggio di morte
in quelle notti
che sussultavo
scappando dal mio letto
per ovviare al caso
dell'imperfetto
che a volte era cosi presente
che la mia mente
è ancora lì
con tutti gli accidenti
che mandavo
a quelli
che facevano la guerra
tutte le volte
che la fanno ancora,
che non trovano 
mai l'ora di smetterla
che sembra non avere fine
come il mio cuore al confine
ormai di questa vita.

Gioacchino Ruocco

Ostia Lido  29.4.2020

“Chiuso per Covid”.


“Chiuso per Covid”. Potrebbe riassumersi più o meno così lo spettro che alberga ormai da settimane nelle menti di molti operatori del settore oil & gas. Alle prese con uno dei più grandi crolli di domanda petrolifera della storia e, come se non bastasse, con gli effetti della guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia, il mercato petrolifero si trova a vivere un presente senza precedenti e a guardare al futuro con crescente preoccupazione. Crollo della domanda e improvviso aumento dell’offerta sono emersi come due fattori che, combinati, potrebbero presto lasciare sul terreno una vittima illustre e fondamentale per la sopravvivenza dell’intero settore fino alla ripresa (si spera) della vita e dei trasporti come ce li ricordiamo prima del coronavirus: la capacità globale di immagazzinamento.
L’aumento drammatico della produzione proprio nei mesi di peggiore crollo della domanda ha portato i magazzini di greggio di tutto il mondo a riempirsi come mai avvenuto nell’intera storia del settore. Il primo effetto drammatico l’abbiamo visto sul mercato del WTI (West Texas Intermediate), il contratto utilizzato per l’interscambio di greggio negli Stati Uniti. A rendere questo titolo particolarmente soggetto a improvvise fiammate di svalutazione in questa fase sono infatti le abituali modalità di trasporto e immagazzinamento negli USA: il petrolio americano passa attraverso pipeline nelle quali il greggio non può essere “parcheggiato”, ma da dove deve essere necessariamente convogliato in cisterne di immagazzinamento apposite. Nel caso degli USA, queste ultime si concentrano nella cittadina di Cushing, Oklahoma, e la loro saturazione è prevista per l’inizio di maggio. Ed è stata proprio la chiusura dei contratti di maggio, che di solito avviene nell’ultima settimana di contrattazioni del mese precedente, a portare il panico tra gli operatori, atterriti all’idea di dover prendere fisicamente in carico del greggio impossibile da immagazzinare. Ora la vera domanda è se dobbiamo aspettarci di assistere a ondate di panico analoghe al termine di ogni mese di contrattazioni, o ad una stasi sostanziale degli scambi.
Leggermente più rosea, ma probabilmente ancora per poco, è la situazione per il greggio scambiato all’interno del sistema del Brent, il tipo di contratto utilizzato in Europa. Il Brent viaggia infatti prevalentemente via mare, e al contrario del WTI può effettivamente essere “parcheggiato” quasi indefinitamente sulle petroliere oltre che essere immagazzinato nelle cisterne a terra. L’eccessiva produzione sta però rapidamente occupando tutti gli spazi di stiva disponibili, con migliaia di petroliere che in tutto il mondo si ammassano lungo le coste dei principali paesi consumatori. I costi di affitto delle compagnie trasportatrici nel frattempo stanno andando alle stelle e vani sembrano essere i tentativi di costruire nuove super-petroliere (navi in grado di trasportare circa 2 milioni di barili alla volta) in tempo per riuscire a stivare per la produzione dei prossimi mesi.
Ben presto il problema dell’immagazzinamento potrebbe diventare altrettanto grave per il Brent, portando a una successiva conseguenza di questa situazione senza precedenti nella storia dell’oil & gas: il congelamento del settore.
Di fatto, in parte, ciò già sta avvenendo. I membri OPEC+, Russia e Arabia Saudita in primis, hanno infatti già accettato di tagliare di quasi 10 milioni barili complessivi la propria produzione, un taglio senza precedenti e che specialmente per la Russia potrebbe rivelarsi estremamente costoso. I giacimenti russi sono infatti collocati perlopiù a grandi profondità; chiuderli per un periodo prolungato può quindi impattare gravemente sulla possibilità di rimetterli in funzione una volta che hanno perso la pressione naturale necessaria per portare il greggio in superficie.
Ma oltre a OPEC+ c’è anche un altro importante attore del mercato che da qualche giorno ha iniziato uno “shut-down” di fatto della propria produzione: lo shale gas americano. Quella delle aziende statunitensi non è però stata una decisione ponderata e concordata come quella dei paesi di OPEC+, ma un obbligo dettato dalle leggi di domanda e offerta che stanno completamente saturando non solo la domanda ma perfino la capacità di immagazzinamento del loro principale mercato, ovvero gli USA. I giacimenti shale operativi sono scesi del 40% dall’inizio della crisi Covid-19, e il numero potrebbe calare ulteriormente.
Un destino che potrebbe presto investire anche gli altri principali produttori globali, compresi quelli che si sono già impegnati in tagli cospicui come Arabia Saudita e Russia. Seppure il Brent sia esente, al contrario del WTI, dall’obbligo di presa in carico del petrolio da parte dell’acquirente, distanziando ulteriormente il mondo del greggio “fisico” da quello del greggio “finanziario”, ben presto il primo potrebbe irrompere a forza nel secondo, quando anche le ultime stive e le ultime cisterne saranno ricolme, costringendo altri produttori a chiudere definitivamente i rubinetti. Le conseguenze di un’operazione del genere – anch’essa, tanto per cambiare, senza precedenti – sono imprevedibili e potrebbero impattare gravemente le finanze di grandi paesi produttori e delle grandi aziende del comparto. Chiudere la produzione potrebbe infatti comportare danni materiali ben oltre la semplice perdita dei profitti di vendita, e che potrebbero divenire incalcolabili per quei giacimenti difficilmente regolabili, come quelli russi, che rischierebbero di non poter rientrare più in funzione.
Covid-19, dopo averci mostrato lo scenario di una pandemia globale, inedito da oltre un secolo, non smette insomma di presentarci nuove situazioni impreviste e difficilmente gestibili con gli strumenti utilizzati in tempi “normali”. Il rischio di “shut-down” dell’intero comparto petrolifero ne è solo l’ultimo esempio, le cui conseguenze sia economiche che politiche potrebbero rivelarsi, come molte cose in questo periodo, del tutto imprevedibili.

Eugenio DACREMA

CORONAVIRUS IN RUSSIA: GUERRA AL CONTAGIO O ALL’INFORMAZIONE ?


CORONAVIRUS IN RUSSIA: GUERRA AL CONTAGIO O ALL’INFORMAZIONE ?
Eleonora Tafuro Ambrosetti – 20 marzo 2020
Un virus letale emerse all’improvviso in una regione, propagandosi rapidamente a livello globale. Mentre i medici si affannavano a cercarne le origini e, soprattutto, la cura, una teoria si faceva strada in tutto il mondo e si consolidava soprattutto in certi ambienti: il virus era in realtà il prodotto di una ricerca militare americana segreta volta a sviluppare una potente arma biologica.
Suona familiare? Questa teoria del complotto è alla base dell’operazione INFEKTION, campagna di disinformazione – probabilmente la più famosa – sull'HIV/AIDS orchestrata dal KGB, il servizio di intelligence sovietico all'inizio degli anni '80. Secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America e la task force East StratCom del Servizio europeo per l'azione esterna, ripresi da vari media italiani e internazionali, oggi ci troveremmo di fronte allo stesso sforzo mirato e sistematico della Russia di diffondere disinformazione, stavolta sul coronavirus. La Russia è infatti accusata di pubblicare in Europa notizie false sul coronavirus, con lo scopo di destabilizzare i paesi europei, seminare il panico e la sfiducia nei cittadini e rendere più difficile la gestione della pandemia. Anche stavolta l’origine del virus sarebbero i laboratori statunitensi o britannici. Una strategia apparentemente coerente con l'uso di teorie cospirativiste da parte di canali governativi russi quali RT come uno strumento politico nel contesto della rivalità tra Russia e Occidente.
Le fake news sul Covid-19 non provengono, però, solamente dalla Russia. Anche alcuni media iraniani legati al governo, come PressTV – un servizio di notizie in inglese e francese – stanno sostenendo la teoria che il coronavirus sia un'arma biologica prodotta dagli USA. In Turchia, Fatih Erbakan, un predicatore e politico islamista vicino al presidente Recep Tayyip Erdogan, ha affermato pubblicamente che il sionismo potrebbe giocare un ruolo nella diffusione del coronavirus. In Italia, le “bufale” nostrane più disparate sul coronavirus si diffondono su diversi canali, tra cui WhatsApp: dal complottismo che vede le case farmaceutiche produttrici di vaccini come responsabili del virus ai rimedi o regimi alimentari miracolosi che donano immunità, il panorama italiano è segnato dalle numerose notizie false sulla pandemia.
Sebbene sia semplice identificare notizie false o tendenziose emesse dai media tradizionali, ben più difficile è valutare l’origine delle fake news sui social.
Ad esempio, nel caso delle già menzionate accuse del Dipartimento di Stato USA alla Russia, alcune grandi aziende come Facebook e Twitter inizialmente hanno avuto difficoltà a ottenere copie dei rapporti del governo sulla questione. Le aziende ora dispongono di tali informazioni, ma Facebook ha chiesto al governo ulteriori prove a sostegno delle sue affermazioni. Nel frattempo, Twitter afferma di non aver trovato prove significative di sforzi coordinati per diffondere disinformazione relativa al coronavirus sul suo sito. Come sostiene Samuele Dominioni, dell’Osservatorio Cybersecurity dell’ISPI, quanto emerso fino ad ora fa pensare ad una operazione di (dis)informazione classica piuttosto che ad una campagna cibernetica come accaduto in altre occasioni.
Più che la destabilizatsiya (destabilizzazione) dell’Occidente, sembra sia la stabilità interna quella che interessa maggiormente al Cremlino al momento. Alcune notizie false sul virus appaiono principalmente destinate al consumo interno, al fine di suscitare sentimenti anti-occidentali e spostare la responsabilità sull'Occidente nel caso in cui le autorità russe dovessero dimostrarsi incapaci di fermare la diffusione dell'epidemia in patria.
Come afferma[1] Samantha Berkhead, news editor del Moscow Times, il governo russo sta in effetti proiettando un'immagine di stabilità e controllo per i propri cittadini: il presidente Vladimir Putin ha affermato che il virus è "sotto controllo" e ha sollecitato i russi a non farsi prendere dal panico e a continuare la propria vita di sempre. Allo stesso tempo, il governo sta attivamente scoraggiando le persone dall'ottenere informazioni sul virus da fonti che non siano quelle governative. Lo stesso Putin ha ripetutamente sottolineato i pericoli delle fake news sul coronavirus, contro cui Mosca starebbe combattendo anche attraverso l'Intelligenza Artificiale (AI). Secondo Berkhead, ci sarebbe dunque una sorta di “ciclo vizioso della sfiducia”: il governo non si fida dei cittadini e della loro capacità di cercare la verità da soli, mentre i cittadini non si fidano delle stime del governo.
D’altronde, come classificare il numero degli infetti e delle vittime del virus è oggetto di un acceso dibattito, e non solo in Russia: cambiamenti nella metodologia del rilevamento delle vittime del virus, attualmente non uniformi a livello globale, possono portare a numeri molto diversi e a accuse nemmeno tante velate di truccare le statistiche, come quelle avanzate da membri del partito di estrema destra Fratelli d’Italia alla Germania.
Il fenomeno della disinformazione nell’attuale contesto della pandemia non è dunque un fenomeno nuovo. Tuttavia, esso non riguarderebbe dunque solo la Russia, e neanche la destabilizzazione dell’Occidente sembra essere l’obiettivo primario delle fake news riconducibili a media governativi russi. Il comportamento del governo russo sembra piuttosto rispondere alla logica della ricerca di nemici esterni contro i quali la popolazione del paese e i suoi leader rafforzano il loro senso di identità di gruppo (la “dimensione esterna” del populismo). Una logica utile anche nel contesto del prossimo referendum sui cambiamenti costituzionali che, se approvati come pochi dubitano, manterrebbero Putin al potere fino al 2036.


[1] conversazione con l’autrice



Nashley racconta i suoi singoli fondamentali

APPROFONDIMENTI

Nashley racconta i suoi singoli fondamentali

 
Nashley playlist
In prospettiva dell’uscita del singolo Mayday e di un suo nuovo progetto in arrivo molto presto, abbiamo chiesto a Nashley di raccontarci quelli che per lui sono i singoli fondamentali di questa sua carriera in rapida ascesa. Nashley, rapper vicentino classe 2000, è senza dubbio uno dei rookie più promettenti e più interessanti della scena rap italiana. La caratteristica principale della sua penna è la sincerità di cui sono intrisi i suoi testi. Se inizialmente parlava principalmente di vita di strada, droga e soldi, adesso il suo punto di vista si è spostato discostandosi abbastanza da questi argomenti e lasciando spazio al suo lato più conscious, come testimoniano i suoi ultimi singoli.
nashley

Piano Piano Way – Mambolosco ft. Nashley

Devo partire da Piano Piano Way, perché è da lì che sostanzialmente è nato tutto. Questa traccia è stata per me il primo passo verso l’idea che la musica potesse davvero essere il mio futuro, che potesse diventare un lavoro. Questo singolo mi ha dato tanto, tantissimo. A livello personale, è stato quello che mi ha fatto capire che era il momento di perseguire la musica come unica carriera, ecco perché ho abbandonato gli studi poco dopo l’uscita del brano. E a oggi non me ne pento, sta andando bene; ed è iniziato tutto grazie a Piano Piano Way.

Nuovi Jeans – Nashley

Nuovi Jeans è stato il mio primo successo, il mio primo disco d’oro, il mio primo vero successo da solista. È legato ad un disco importante, che ha significato molto nel mio percorso; è sicuramente il brano più importante del progetto. Nashley è diventato Nashley anche grazie a Nuovi Jeansè il brano che mi ha permesso di arrivare a tantissimi dei miei ascoltatori per la prima volta, in tutta Italia.

Cenere – Nashley

Se Nuovi Jeans mi ha permesso di mettere il nome sulla mappa, Cenere è ad oggi il mio più grande traguardo. Disco d’oro, più di venti milioni di stream su Spotify, oltre centomila condivisioni su Tik Tok, e tanti altri numeri che però non rendono del tutto giustizia all’importanza di questo pezzo. La strumentale dei 2nd Roof si è rivelata perfetta per quello che avevo da dire in quel momento. Cenere è il pezzo che trasforma i live, che mi permette davvero di capire quando il mio pubblico sia affezionato alla mia musica.

Quanto Freddo Fa – Nashley ft. Giaime

Quanto Freddo Fa mi ha permesso, prima di tutto, di conoscere un collega e un’ottima persona, nonché un rapper davvero di talento, Giaime. Oltre a Mambolosco, non avevo mai collaborato con un altro artista per un mio singolo. Quanto Freddo Fa è una collaborazione riuscitissima, io e Giaime abbiamo colto in pieno entrambi lo spirito del pezzo, il risultato per me è perfetto. È un pezzo di cui sono molto fiero.

Trapshit – Nashley

Dei pezzi elencati, probabilmente Trapshit è quello che ha fatto i numeri minori. Però ci sono davvero legato, come a molte delle tracce di REAL, il mio disco d’esordio. Trapshit è un pezzo molto sentito per me, lontano dalle atmosfere con cui mi ha scoperto chi mi conosce dagli ultimi singoli; è un brano molto americano, sia nel sound che nelle atmosfere. Racconto di strada, quella che ho vissuto, quella che ho visto vivere da vicino. Sincero, fino in fondo.

420 – Mambolosco, Nashley, Edo Fendy

420 è stato il primo pezzo uscito sotto il nome Sugo Gang. Anzi, per la precisione primo e ultimo, perché poi abbiamo preso tutti strade diverse. A prescindere da tutto, si tratta di un periodo molto importante per me, conservo bei ricordi del periodo in cui insieme abbiamo creato un movimento attorno alla Sugo Gang. È stata una parentesi fondamentale per la mia crescita, anche se poi ci siamo divisi.

martedì 28 aprile 2020

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Covid-19, è pronto l’ospedale modulare di Napoli. Ma non serve più

Costato 7 milioni di euro, l’ospedale prefabbricato costruito nel parcheggio dell’Ospedale del Mare a Ponticelli, doveva fornire 72 posti di terapia intensiva ed essere utile durante il picco della pandemia. “Le terapie intensive non servono più” ammette il direttore della Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva. Sarà destinato a pazienti Covid con altre patologie di base.
CRONACA NAPOLI E CAMPANIANAPOLIPOLITICA NAPOLI E CAMPANIA 20 APRILE 2020  16:56di Antonio Musella
Napoli, inaugurato l'ospedale prefabbricato per il Covid ma non serve più: "Non è stato uno spreco"
118738807Pubblicato da AntonioMusella

E' costato 7 milioni di euro l'ospedale prefabbricato costruito nel parcheggio dell'Ospedale del Mare, il primo di tre strutture che la Regione Campania ha commissionato all'azienda veneta MED, e che doveva essere di aiuto nella fase di picco della pandemia di Coronavirus. Avrebbe dovuto ospitare 72 posti di terapia intensiva, considerati indispensabili per fronteggiare l'emergenza da parte del presidente Vincenzo De Luca. La gara fu fatta all'inizio del mese di marzo e l‘ospedale doveva essere pronto in 3 settimane al massimo come dichiarato dal governatore della Campania. I primi posti utilizzabili, sempre secondo le notizie date da De Luca nei suoi videomessaggi su Facebook, dovevano essere pronti per l'inizio dei aprile. Ad oggi 20 aprile, non c'è stata una vera e propria inaugurazione, ma una visita privata svolta da De Luca con accesso rigorosamente vietato ai giornalisti, che sono rimasti fuori dal parcheggio, mentre due camionette dei Carabinieri vigilavano sulla visita del governatore. Uno scenario surreale in cui la stampa è stata fatta entrare solo quando De Luca ha lasciato l'area parcheggio dell'ospedale del mare, dove sta sorgendo la struttura prefabbricata. A guidare i giornalisti nella visita dei moduli, due dei quali sono praticamente quasi del tutto ultimati, il direttore dell'Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva, che oltre mostrare i due moduli ospedalieri attrezzati con macchinari nuovissimi e percorsi rigorosamente separati per il personale medico sanitario per impedire i contagi, ha risposto anche alle domande dei giornalisti.

Ed è stato proprio il capo dell'Asl ha spiegare che: "Le 72 terapie intensive previste da questo ospedale modulare non sono più utili". In pratica l'obiettivo con cui era stato costruita la struttura nel parcheggio di un ospedale nuovissimo come l'ospedale del mare, che conta ancora reparti chiusi e inattivi, non è più necessario. "Avevamo pensato a questa struttura in uno scenario di guerra, quello del mese di marzo – ha spiegato Verdoliva – poi le curve sono scese, sono diminuiti i contagi e non abbiamo più bisogno delle terapie intensive". Il rischio dunque era quello di trovarsi davanti ad un'opera pubblica costata 7 milioni di euro che non avrebbe ospitato alcun paziente: "Sarebbe stato uno spreco, ma non lo è" sottolinea Verdoliva. Infatti appena 5 giorni fa, come ammesso dallo stesso Verdoliva, la Regione Campania ne ha cambiato la destinazione d'uso. Probabilmente proprio per non trovarsi nello scenario di un'opera pubblica costruita in pompa magna ma senza pazienti. "Se in futuro ci troveremo con una nuova ondata di contagi, questo ospedale è riconvertibile in 6 ore – spiega Verdoliva – per oggi lo mettiamo a disposizione dei pazienti che sono positivi ma che soffrono anche di patologie di base e che dovrebbero andare negli ospedali che invece vogliamo far ripartire". La domande viene naturale: "Ci sono carenze di posti letto in degenza, in terapia intensiva o in terapia subintensiva nelle strutture ospedaliere della Asl Napoli 1?". "No, anzi sulle degenze, terapie intensive e subintensive abbiamo più posti letto che domanda" chiarisce Verdoliva. Appare chiaro che il trasferimento dei pazienti nell'ospedale prefabbricato avverrà per dare un senso ad una spesa pubblica che rischiava di non averne più nessuno. I tempi di realizzazione restano comunque oscuri, se lo scenario in cui era stato ipotizzata la costruzione della struttura era quello "di guerra" come lo definisce il direttore dell'Asl, bisogna essere pronti per il picco. "Il picco era stato indicato per il 20 di aprile, e quindi abbiamo costruito per essere pronti per il 20 di aprile" ha spiegato Verdoliva. In verità il presidente Vincenzo De Luca aveva dato, nei suoi videomessaggi su Facebook, delle date diverse. Dapprima doveva essere la fine di marzo, poi l'inizio di aprile, infine si era parlato della metà di aprile. Ad oggi, 20 aprile, la struttura non è completa, manca ancora l'allestimento del terzo modulo, i primi 48 posti dovevano essere disponibili addirittura l'8 aprile, il picco di contagi per la Campania è alle spalle.

Il caso dell'ospedale prefabbricato, portato alla luce da Fanpage.it già diverse settimane fa, è finito anche in parlamento, con una interrogazione al Ministro della Salute Roberto Speranza e degli affari regionali Francesco Boccia, da parte di 5 senatrici. Inoltre è stato uno dei temi del reportage "Campania Covid" pubblicato da Fanpage.it sulla gestione della sanità campana durante la pandemia da Coronavirus. Proprio accanto alla nuova struttura prefabbricata, all'interno dell'Ospedale del Mare ci sono almeno 4 reparti nuovissimi, pienamente attrezzati e mai entrati in funzione, che, forse, sarebbero stati utili e sicuramente subito pronti, per fronteggiare la pandemia.


Antonio Musella

continua su: https://napoli.fanpage.it/covid-napoli-prefabbricato/
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sabato 25 aprile 2020



Si può fare il bagno al mare? La nota del Governo fa chiarezza

Sul sito di Palazzo Chigi si legge che è possibile fare il bagno al mare, ma ad alcune condizioni.

Sul sito del Governo, nella sezione delle faq sul decreto “#iorestoacasa”, ovvero le domande e i dubbi più frequenti in merito all’emergenza coronavirus, Palazzo Chigi fa chiarezza su un punto che era rimasto poco chiaro fino ad ora. Chi abita vicino al mare può fare il bagno, a meno che non vi siano divieti imposti da ordinanze locali, e questo era possibile già dall’inizio della fase 1.
La nota del Governo sulla balneazione
“È sempre possibile – si legge sul sito del Governo – svolgere l’attività motoria in prossimità della propria abitazione principale, o comunque di quella in cui si dimora dal 22 marzo 2020, con la conseguenza che è ammesso, per coloro che abitano in luoghi montani, collinari, lacustri, fluviali o marini effettuare tale attività in detti luoghi (ivi compreso fare il bagno al mare/fiume/lago)”.
Si precisa, però, che è possibile svolgere queste attività “purché individualmente e comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona”, e  “sempre che non si tratti di soggetto per il quale è fatto divieto assoluto di mobilità in quanto sottoposto alla misura della quarantena o risulti positivo al virus”.
Governo: bagno “in prossimità della propria abitazione”
“I predetti luoghi – aggiunge la precisazione – non sono chiusi al pubblico, come invece lo sono, attualmente, i parchi e le aree verdi urbane, e altresì gli stabilimenti balneari, in cui permane il divieto di ingresso e circolazione. Resta fermo che deve trattarsi esclusivamente di attività effettuate senza che occorra allontanarsi dalla propria abitazione e senza che si renda quindi necessario l’utilizzo di mezzi di locomozione pubblici o privati, né significativi spostamenti”.
L’esecutivo chiarisce inoltre: “Sono fatti salvi diversi e più stringenti divieti imposti su base locale perché giustificati da specifiche situazioni territoriali. La sussistenza delle condizioni in questione (attività motoria svolta in prossimità alla propria abitazione) potrà essere giustificata con autocertificazione, se gli agenti che fanno i controlli la richiedono”.


Coronavirus, il bollettino della situazione in Italia alle 18 di oggi



Coronavirus, il bollettino della situazione in Italia alle 18 di oggi

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Le persone che risultano attualmente positive al coronavirus sono 105.847, mentre il totale dei casi positivi registrati in Italia sono 195.351 (+2.357).
Articolo
Le persone decedute sono 26.384 (+415), mentre i guariti sono 63.120 (+2.622).
I ricoverati in Terapia Intensiva risultano essere 2.102 (-71).
I tamponi effettuati finora sono 1.707.743 (+65.387).
Questi i dati in regione Campania:

giovedì 23 aprile 2020



Ilaria Capua e rischio seconda ondata. "Dove potrebbe colpire"


La virologa Capua: "È importante avere un quadro della sieropositività della popolazione italiana

Ormai quasi tutti gli esperti parlano di un rischio concreto di una seconda ondata di coronavirus il prossimo autunno. Sul punto è intervenuta Ilaria Capua, virologa ospite fissa della trasmissione ‘DiMartedì’, condotta da Giovanni Floris.
“Potrebbe esserci, specialmente se la cosiddetta immunità di gregge non è in grado di arginare la diffusione del virus. Sostanzialmente, stiamo cercando di arrivare a far circolare il virus sotto traccia, come era all’inizio. Possiamo cercare di rallentare il contagio osservando le misure e controllare l’immunità di gregge”.
“Spero si arriverà a un equilibrio in cui l’immunità di gregge rallenterà ulteriormente la circolazione. Per l’autunno, in particolare in alcuni parti d’Italia e del mondo in cui il virus non ha circolato molto, credo ci possano essere recrudescenze, anche importanti. Per questo è importante avere un quadro della sieropositività della popolazione italiana”, ha aggiunto la Capua.
Virus mutato? Non abbiamo ad oggi informazioni in questa direzione. Ci sono 10mila sequenze, di cui 40 italiane. Molti colleghi si interrogano per quale motivo queste sequenze italiane non vengono pubblicate, bisogna studiarlo da tutte le angolazioni per essere più rapidi e combatterlo con maggiore efficacia”.

Il piano Ue entro il 6 maggio Conte, riconosciuta urgenza Merkel: 'Dubbi sul finanziamento'.


Salvini all'attacco

Mes, Sure e Bei operativi da giugno e ok al principio del Recovery Fund ‘urgente’, come aveva chiesto l’Italia, anche se con tutti i dettagli ancora da definire a cui lavorerà la Commissione nelle prossime settimane. Il vertice europeo dedicato alla crisi economica più profonda dal dopoguerra cerca di ritrovare almeno un’unità d’intenti che consenta di proseguire lo sforzo per definire una risposta all’altezza della situazione. Ci riesce, almeno in parte, accogliendo l’idea di creare uno strumento nuovo come il fondo per la ripresa. “Uno strumento del genere era impensabile fino adesso e renderà la risposta europea più solida e coordinata”, ha esultato il premier Giuseppe Conte. 
 “La Commissione – fa saper il premier Conte – lavorerà in questi giorni per presentare già il prossimo 6 maggio un Recovery Fund che dovrà essere di ampiezza adeguata e dovrà consentire soprattutto ai Paesi più colpiti di proteggere il proprio tessuto socio-economico“.  “Grandi progressi – aggiunge – impensabili fino a poche settimane fa, all’esito del Consiglio Europeo appena terminato: i 27 Paesi riconoscono la necessità di introdurre uno strumento innovativo, da varare urgentemente, per assicurare una ripresa europea che non lasci indietro nessuno”.
Il quadro economico è drammatico, e la presidente della Bce Christine Lagarde parte in pressing sui leader: il Pil dell’Eurozona rischia una contrazione del 15% e finora è stato fatto troppo poco e troppo in ritardo per contrastare i danni economici. Ciò che occorre adesso sono misure per la ripresa rapide, risolute e flessibili, avverte la Lagarde, perché non tutti i Paesi, colti dalla crisi, potrebbero essere in grado di agire nel modo necessario. Dopo il vertice europeo l’accordo su come affrontare la fase della ripresa ancora non c’è, ma una base di lavoro sì. La mette sul tavolo la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che ha cercato di fare una sintesi delle proposte avanzate dalle diverse capitali. Il punto di partenza è che per rilanciare l’economia europea bisogna servirsi degli strumenti che già abbiamo, come il bilancio pluriennale, e poi creare qualcosa di nuovo, che aggiunga risorse in un momento di estrema necessità per le casse di tutti, soprattutto di quelli più colpiti dallo shock sanitario ed economico.
La presidente vuole arrivare a mobilitare 2.000 miliardi di euro, cioè il doppio dell’attuale bilancio a 28. E propone quindi di aggiungere al prossimo bilancio Ue 2021-2027 un fondo temporaneo e mirato per la ripresa (Recovery fund) dotato di 320 miliardi di euro, raccolti grazie all’emissione di obbligazioni comuni. La metà sarebbero distribuiti sotto forma di prestiti ai Paesi, l’altra metà andrebbe a programmi ‘ad hoc’, nel quadro del bilancio pluriennale Ue, per i Paesi più colpiti dall’emergenza.
Ma ora parte la battaglia su come funzionerà, cioè se concederà prestiti o sovvenzioni a fondo perduto. E gli schieramenti restano i soliti: i frugali del Nord contro il Sud che chiede aiuti da non restituire per chi è stato più colpito.
La Germania non si schiera apertamente nella battaglia ma la cancelliera Merkel ammette che “non su tutto siamo della stessa opinione“, anzi che c’è un vero e proprio “disaccordo” su come finanziare il fondo, assicurando però che Berlino è disponibile a versare di più al bilancio europeo.