Conto corrente bancario cointestato: le sorti delle somme del cointestatario defunto
Articolo 05.06.2014 (Pino Cupito)
A seguito delle recenti novelle legislative in materia di transazioni commerciali e tracciabilità dei pagamenti, la cointestazione di un conto corrente bancario a vantaggio di due o più soggetti rappresenta oggi una fattispecie socialmente molto diffusa.
Le ragioni di un così crescente ricorso a tale strumento sono evidentemente da ricercare nella maggiore agilità operativa che esso conferisce ai cointestatari del conto.
Ai fini della presente disamina gioverà brevemente ricordare che il contratto di conto corrente bancario (o conto corrente di corrispondenza) non trova espressa regolamentazione normativa. Il codice civile si limita infatti a dettare poche norme applicabili in genere a tutte le operazioni bancarie in conto corrente (artt. 1852-1857 c.c.).
Volendo dunque soltanto approssimativamente individuare i principi generali che regolano tale rapporto bancario occorre precisare che, in presenza di una cointestazione di conto corrente, sarà possibile pattuire che ciascuno dei contitolari sia legittimato a disporre autonomamente dell’intera provvista disponibile quand’anche la stessa appartenga ad uno solo di essi (c.d. firma disgiunta). Per contro ciò non sarà possibile qualora, al momento dell’apertura del conto o anche in epoca successiva, venga negozialmente pattuita la firma congiunta di tutti i cointestatari in ordine a qualsivoglia atto di disposizione delle somme depositate (c.d. firma congiunta).
Ciò posto, i frequenti pronunciati di legittimità evidenziano tuttavia che il momento maggiormente critico della cointestazione di un conto corrente è senza dubbio rappresentato dalla morte di uno dei cointestatari e dal consequenziale subingresso dei suoi eredi nel rapporto bancario.
Sommario
La quota del cointestatario defunto
Sovente accade nella prassi che alla morte del cointestatario di un conto corrente bancario, i suoi eredi legittimi o testamentari, nonostante vantino all’apertura della successione il diritto di conoscere la consistenza patrimoniale del proprio defunto, incontrino non poche difficoltà nello svincolare somme da quest’ultimo depositate presso banche o istituti di credito.
Pertanto, si renderà all’uopo necessario per i soggetti interessati dimostrare, all’istituto coinvolto, la propria legittimazione a succedere mediante l’esibizione di un atto notorio e di un certificato di morte del cointestatario estinto.
Per quanto invece concerne le reali spettanze ereditarie, si assisterà evidentemente alla caduta in successione della sola quota di danaro appartenente al cointestatario defunto. Detta quota andrà percentualmente calcolata in rapporto all’intera giacenza del conto bancario e al complessivo numero dei cointestatari. Successivamente, una volta accettata l’eredità, gli eredi del contitolare defunto acquisteranno pro parte la titolarità della predetta quota subentrando in tal guisa nell’originario rapporto bancario del correntista estinto.
Quanto detto è tanto più vero ove si consideri che, a seguito della stipula di un contratto di conto corrente bancario, si presume con presunzione iuris tantum che titolari dell’intera provvista siano, in parti uguali, tutti i cointestatari del conto non escluso il contitolare defunto.
A ben veder infatti il legislatore all’art. 1854 c.c. stabilisce che “Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.”
Ed inoltre l’art. 1298 c.c. dispone che nei rapporti interni tra i cointestatari “…l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.”.
Ciò posto, a titolo esemplificativo, nell’ipotesi di conto bancario intestato a due soggetti, gli eredi del cointestatario defunto rinverranno nel suo asse ereditario un credito di ammontare pari al 50% della somma presente sul conto.
Gli eredi, il cointestatario superstite e le clausole di firma congiunta e disgiunta
Tuttavia, l’automatismo successorio ora descritto non esaurisce l’intero profilo effettuale prodotto dalla morte del cointestatario di conto corrente, poiché i reali effetti successori di tale evento andranno valutati soprattutto in relazione alle modalità operative della cointestazione e ai poteri di disposizione attribuiti a ciascun cointestatario.
Bisogna dunque chiarire, in primo luogo, se alla morte di uno dei cointestatari del conto i suoi eredi o il contitolare superstite possano immediatamente esigere dalla banca l’intera provvista e, in secondo luogo, quali poteri di disposizione vengano riconosciuti ai successori del contitolare estinto.
Ebbene, prima facie, pare evidente come la risposta al primo quesito non possa prescindere da una attenta lettura dell’originario contratto stipulato dal de cuius con la banca, al fine di accertare la presenza di una clausola di firma congiunta o di firma disgiunta.
Ciò in quanto, in presenza della prima, così come il de cuius non poteva disporre in vita delle somme depositate senza l’imprescindibile collaborazione dell’altro cointestatario, analogamente quest’ultimo perderà ogni potere di disposizione sulle giacenze del conto corrente. In altri termini, né il cointestatario superstite né gli eredi nuovi cointestatari potranno autonomamente disporre del danaro presente sul conto bancario.
Per quanto invece concerne le liquidazioni parziali spettanti a ciascun coerede, la Cassazione ha più volte chiarito che, in tale ipotesi, ognuno di essi avrà diritto alla propria quota indipendentemente dal consenso o dalla contestuale presenza di altri soggetti. Per l’orientamento citato infatti l’esistenza di una pluralità di eredi determinerebbe il sorgere di autonomi rapporti obbligatori con l’istituto di credito coinvolto nella vicenda successoria (cfr. Cass. S.U., sentenza 28 novembre 2007, n. 24657).
Tuttavia è dato registrare dalla prassi bancaria che gli istituti di credito usino, in siffatte ipotesi, procedere ad un temporaneo blocco del conto corrente interessato al fine di consentire la preventiva identificazione degli eredi del cointestatario defunto. Soltanto all’esito di tali adempimenti questi ultimi potranno operare sul conto bancario ancorché congiuntamente al contitolare superstite.
Molte più problematiche solleva invece la presenza di una clausola di firma disgiunta.
In presenza di tale clausola infatti la capacità operativa del cointestatario superstite sarà caratterizzata dalla medesima ampiezza che presentava prima del decesso dell’altro cointestatario. Difatti così come originariamente ciascun contitolare poteva disporre liberamente di tutte le somme del conto bancario, similmente il cointestatario superstite continuerà a godere di tale potere anche sulla quota astrattamente riferibile al de cuius, salvo il diritto degli eredi nuovi cointestatari al rimborso delle quote di rispettiva competenza. Rimborso da pretendere esclusivamente nei confronti del cointestatario superstite e non nei confronti dell’istituto bancario che lecitamente ha consentito qualsivoglia operazione.
Le considerazioni esposte valgono naturalmente anche per gli eredi del contitolare defunto dal momento che essi, continuando la personalitá giuridica del proprio de cuius, analogamente a quanto accadeva prima dell’evento morte, avranno il potere di disporre dell’intera giacenza del conto.
L’unica particolarità risiede nella circostanza per la quale detto potere deve essere esercitato dai coeredi in qualità di “gruppo” ossia soltanto congiuntamente non potendo trovare esplicazione in forma individuale.
Ciononostante generalmente, la circostanza or ora descritta non è di buon grado accettata da banche o istituti di credito, i quali, temendo di essere trascinati in lunghe diatribe tra coeredi e cointestatari viventi, richiedono sempre la compresenza di tutti i contitolari paralizzano in tal modo l’operatività del conto bancario.
A ciò va peraltro aggiunto che qualora uno degli eredi comunichi con lettera raccomandata alla banca un atto stragiudiziale di opposizione all'utilizzo disgiunto del conto bancario, non solo nessuno dei coeredi potrà più disporre delle somme sul conto medesimo, ma neppure l'originario cointestatario potrà fare altrettanto. Quest'ultimo punto tuttavia si presenta particolarmente dubbio, in quanto tale limitazione andrebbe ad incidere su un autonomo diritto di disposizione.
In ogni caso, deve necessariamente escludersi che il potere di disposizione del cointestatario superstite o degli eredi del contitolare defunto possa estendersi fino a ricomprendere la facoltà di appropriarsi definitivamente del danaro del conto cointestato, impedendo la liquidazione delle quote di spettanza degli altri contitolari.
È evidente dunque che il cointestatario di un conto bancario a firma disgiunta, nonostante sia abilitato ad operare autonomamente su tutte le somme del conto medesimo, non potrà beneficiare delle stesse in misura eccedente la propria quota e tale limitazione sarà operante con riferimento all’intero svolgimento del rapporto bancario. Non si ravvede infatti alcuna valida ragione per circoscrivere il principio di solidarietà al solo momento della chiusura del rapporto bancario (Cass. civ. sez. II, sentenza 2 dicembre 2013, n. 26991).
La “reale” proprietà delle somme del conto corrente alla morte del cointestatario
Infine occorre osservare che nonostante il conto corrente bancario possa essere intestato a più contitolari presumendosi che il danaro appartenga ai medesimi in parti uguali, non sempre la titolarità delle somme depositate si divide in tal guisa.
La soprindicata presunzione di titolarità in parti uguali determina infatti soltanto un’inversione dell’onere probatorio a carico di chi intenda dimostrare una situazione difforme da quella derivante dalla cointestazione del conto corrente (cfr. Cass. sent. n. 28839 del 2008 e Cass. sent. n. 4496 del 2010).
Ben potrebbe quindi capitare che, anche in presenza di una clausola di firma disgiunta in ordine agli atti dispositivi, l’intera provvista del conto possa appartenere esclusivamente ad uno solo dei cointestatari.
Per tali ragioni alla morte di uno di essi, una volta indentificati gli eredi della vicenda successoria, si rende opportuno individuare in che percentuale le somme appartenevano al cointestatario estinto poiché soltanto in tale misura cadranno in successione.
In linea con quanto osservato, infatti, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale di legittimità, la soprindicata presunzione di contitolarità iuris tantum derivante dall’applicazione del combinato disposto degli artt. 1854 e 1298 c.c., può essere superata in giudizio mediante la costruzione di prova contraria fondata anche su presunzioni semplici.
In altri termini, in assenza di espresse pattuizioni contrattuali in merito, uno dei cointestatari o gli eredi del contitolare defunto potrebbero agire in giudizio per rivendicare le somme presenti sul conto corrente cointestato dimostrando che il saldo attivo del rapporto bancario sarebbe costituito esclusivamente da versamenti di somme non riferibili agli altri contitolari o addirittura derivanti da alienazioni di beni personali di un singolo contitolare.
L’azione in tal caso intentata sarà, l’azione di rinvendicazione, caratterizzata dal preventivo accertamento da parte del giudice del diritto di proprietà sulle somme richieste e dalla consequenziale restituzione del bene. La prova delle circostanze descritte potrà essere inoltre fornita dal contitolare interessato o dagli eredi del contitolare deceduto mediante la pedissequa ricostruzione di tutte le attività bancaria inerenti al conto medesimo offrendo in produzione una comprovante documentazione bancaria relativa alle attività inerenti al conto cointestato (cfr. Cass. sent. n. 3241 del 1989, Cass. sent. n. 8718 del 1994 e Cass. sent. n. 4066 del 2009).
(Altalex, 5 giugno 2014. Articolo di Pino Cupito)
Le ragioni di un così crescente ricorso a tale strumento sono evidentemente da ricercare nella maggiore agilità operativa che esso conferisce ai cointestatari del conto.
Ai fini della presente disamina gioverà brevemente ricordare che il contratto di conto corrente bancario (o conto corrente di corrispondenza) non trova espressa regolamentazione normativa. Il codice civile si limita infatti a dettare poche norme applicabili in genere a tutte le operazioni bancarie in conto corrente (artt. 1852-1857 c.c.).
Volendo dunque soltanto approssimativamente individuare i principi generali che regolano tale rapporto bancario occorre precisare che, in presenza di una cointestazione di conto corrente, sarà possibile pattuire che ciascuno dei contitolari sia legittimato a disporre autonomamente dell’intera provvista disponibile quand’anche la stessa appartenga ad uno solo di essi (c.d. firma disgiunta). Per contro ciò non sarà possibile qualora, al momento dell’apertura del conto o anche in epoca successiva, venga negozialmente pattuita la firma congiunta di tutti i cointestatari in ordine a qualsivoglia atto di disposizione delle somme depositate (c.d. firma congiunta).
Ciò posto, i frequenti pronunciati di legittimità evidenziano tuttavia che il momento maggiormente critico della cointestazione di un conto corrente è senza dubbio rappresentato dalla morte di uno dei cointestatari e dal consequenziale subingresso dei suoi eredi nel rapporto bancario.
Sommario
- La quota del cointestatario defunto
- Gli eredi, il cointestatario superstite e le clausole di firma congiunta e disgiunta
- La “reale” proprietà delle somme del conto corrente alla morte del cointestatario
La quota del cointestatario defunto
Sovente accade nella prassi che alla morte del cointestatario di un conto corrente bancario, i suoi eredi legittimi o testamentari, nonostante vantino all’apertura della successione il diritto di conoscere la consistenza patrimoniale del proprio defunto, incontrino non poche difficoltà nello svincolare somme da quest’ultimo depositate presso banche o istituti di credito.
Pertanto, si renderà all’uopo necessario per i soggetti interessati dimostrare, all’istituto coinvolto, la propria legittimazione a succedere mediante l’esibizione di un atto notorio e di un certificato di morte del cointestatario estinto.
Per quanto invece concerne le reali spettanze ereditarie, si assisterà evidentemente alla caduta in successione della sola quota di danaro appartenente al cointestatario defunto. Detta quota andrà percentualmente calcolata in rapporto all’intera giacenza del conto bancario e al complessivo numero dei cointestatari. Successivamente, una volta accettata l’eredità, gli eredi del contitolare defunto acquisteranno pro parte la titolarità della predetta quota subentrando in tal guisa nell’originario rapporto bancario del correntista estinto.
Quanto detto è tanto più vero ove si consideri che, a seguito della stipula di un contratto di conto corrente bancario, si presume con presunzione iuris tantum che titolari dell’intera provvista siano, in parti uguali, tutti i cointestatari del conto non escluso il contitolare defunto.
A ben veder infatti il legislatore all’art. 1854 c.c. stabilisce che “Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.”
Ed inoltre l’art. 1298 c.c. dispone che nei rapporti interni tra i cointestatari “…l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.”.
Ciò posto, a titolo esemplificativo, nell’ipotesi di conto bancario intestato a due soggetti, gli eredi del cointestatario defunto rinverranno nel suo asse ereditario un credito di ammontare pari al 50% della somma presente sul conto.
Gli eredi, il cointestatario superstite e le clausole di firma congiunta e disgiunta
Tuttavia, l’automatismo successorio ora descritto non esaurisce l’intero profilo effettuale prodotto dalla morte del cointestatario di conto corrente, poiché i reali effetti successori di tale evento andranno valutati soprattutto in relazione alle modalità operative della cointestazione e ai poteri di disposizione attribuiti a ciascun cointestatario.
Bisogna dunque chiarire, in primo luogo, se alla morte di uno dei cointestatari del conto i suoi eredi o il contitolare superstite possano immediatamente esigere dalla banca l’intera provvista e, in secondo luogo, quali poteri di disposizione vengano riconosciuti ai successori del contitolare estinto.
Ebbene, prima facie, pare evidente come la risposta al primo quesito non possa prescindere da una attenta lettura dell’originario contratto stipulato dal de cuius con la banca, al fine di accertare la presenza di una clausola di firma congiunta o di firma disgiunta.
Ciò in quanto, in presenza della prima, così come il de cuius non poteva disporre in vita delle somme depositate senza l’imprescindibile collaborazione dell’altro cointestatario, analogamente quest’ultimo perderà ogni potere di disposizione sulle giacenze del conto corrente. In altri termini, né il cointestatario superstite né gli eredi nuovi cointestatari potranno autonomamente disporre del danaro presente sul conto bancario.
Per quanto invece concerne le liquidazioni parziali spettanti a ciascun coerede, la Cassazione ha più volte chiarito che, in tale ipotesi, ognuno di essi avrà diritto alla propria quota indipendentemente dal consenso o dalla contestuale presenza di altri soggetti. Per l’orientamento citato infatti l’esistenza di una pluralità di eredi determinerebbe il sorgere di autonomi rapporti obbligatori con l’istituto di credito coinvolto nella vicenda successoria (cfr. Cass. S.U., sentenza 28 novembre 2007, n. 24657).
Tuttavia è dato registrare dalla prassi bancaria che gli istituti di credito usino, in siffatte ipotesi, procedere ad un temporaneo blocco del conto corrente interessato al fine di consentire la preventiva identificazione degli eredi del cointestatario defunto. Soltanto all’esito di tali adempimenti questi ultimi potranno operare sul conto bancario ancorché congiuntamente al contitolare superstite.
Molte più problematiche solleva invece la presenza di una clausola di firma disgiunta.
In presenza di tale clausola infatti la capacità operativa del cointestatario superstite sarà caratterizzata dalla medesima ampiezza che presentava prima del decesso dell’altro cointestatario. Difatti così come originariamente ciascun contitolare poteva disporre liberamente di tutte le somme del conto bancario, similmente il cointestatario superstite continuerà a godere di tale potere anche sulla quota astrattamente riferibile al de cuius, salvo il diritto degli eredi nuovi cointestatari al rimborso delle quote di rispettiva competenza. Rimborso da pretendere esclusivamente nei confronti del cointestatario superstite e non nei confronti dell’istituto bancario che lecitamente ha consentito qualsivoglia operazione.
Le considerazioni esposte valgono naturalmente anche per gli eredi del contitolare defunto dal momento che essi, continuando la personalitá giuridica del proprio de cuius, analogamente a quanto accadeva prima dell’evento morte, avranno il potere di disporre dell’intera giacenza del conto.
L’unica particolarità risiede nella circostanza per la quale detto potere deve essere esercitato dai coeredi in qualità di “gruppo” ossia soltanto congiuntamente non potendo trovare esplicazione in forma individuale.
Ciononostante generalmente, la circostanza or ora descritta non è di buon grado accettata da banche o istituti di credito, i quali, temendo di essere trascinati in lunghe diatribe tra coeredi e cointestatari viventi, richiedono sempre la compresenza di tutti i contitolari paralizzano in tal modo l’operatività del conto bancario.
A ciò va peraltro aggiunto che qualora uno degli eredi comunichi con lettera raccomandata alla banca un atto stragiudiziale di opposizione all'utilizzo disgiunto del conto bancario, non solo nessuno dei coeredi potrà più disporre delle somme sul conto medesimo, ma neppure l'originario cointestatario potrà fare altrettanto. Quest'ultimo punto tuttavia si presenta particolarmente dubbio, in quanto tale limitazione andrebbe ad incidere su un autonomo diritto di disposizione.
In ogni caso, deve necessariamente escludersi che il potere di disposizione del cointestatario superstite o degli eredi del contitolare defunto possa estendersi fino a ricomprendere la facoltà di appropriarsi definitivamente del danaro del conto cointestato, impedendo la liquidazione delle quote di spettanza degli altri contitolari.
È evidente dunque che il cointestatario di un conto bancario a firma disgiunta, nonostante sia abilitato ad operare autonomamente su tutte le somme del conto medesimo, non potrà beneficiare delle stesse in misura eccedente la propria quota e tale limitazione sarà operante con riferimento all’intero svolgimento del rapporto bancario. Non si ravvede infatti alcuna valida ragione per circoscrivere il principio di solidarietà al solo momento della chiusura del rapporto bancario (Cass. civ. sez. II, sentenza 2 dicembre 2013, n. 26991).
La “reale” proprietà delle somme del conto corrente alla morte del cointestatario
Infine occorre osservare che nonostante il conto corrente bancario possa essere intestato a più contitolari presumendosi che il danaro appartenga ai medesimi in parti uguali, non sempre la titolarità delle somme depositate si divide in tal guisa.
La soprindicata presunzione di titolarità in parti uguali determina infatti soltanto un’inversione dell’onere probatorio a carico di chi intenda dimostrare una situazione difforme da quella derivante dalla cointestazione del conto corrente (cfr. Cass. sent. n. 28839 del 2008 e Cass. sent. n. 4496 del 2010).
Ben potrebbe quindi capitare che, anche in presenza di una clausola di firma disgiunta in ordine agli atti dispositivi, l’intera provvista del conto possa appartenere esclusivamente ad uno solo dei cointestatari.
Per tali ragioni alla morte di uno di essi, una volta indentificati gli eredi della vicenda successoria, si rende opportuno individuare in che percentuale le somme appartenevano al cointestatario estinto poiché soltanto in tale misura cadranno in successione.
In linea con quanto osservato, infatti, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale di legittimità, la soprindicata presunzione di contitolarità iuris tantum derivante dall’applicazione del combinato disposto degli artt. 1854 e 1298 c.c., può essere superata in giudizio mediante la costruzione di prova contraria fondata anche su presunzioni semplici.
In altri termini, in assenza di espresse pattuizioni contrattuali in merito, uno dei cointestatari o gli eredi del contitolare defunto potrebbero agire in giudizio per rivendicare le somme presenti sul conto corrente cointestato dimostrando che il saldo attivo del rapporto bancario sarebbe costituito esclusivamente da versamenti di somme non riferibili agli altri contitolari o addirittura derivanti da alienazioni di beni personali di un singolo contitolare.
L’azione in tal caso intentata sarà, l’azione di rinvendicazione, caratterizzata dal preventivo accertamento da parte del giudice del diritto di proprietà sulle somme richieste e dalla consequenziale restituzione del bene. La prova delle circostanze descritte potrà essere inoltre fornita dal contitolare interessato o dagli eredi del contitolare deceduto mediante la pedissequa ricostruzione di tutte le attività bancaria inerenti al conto medesimo offrendo in produzione una comprovante documentazione bancaria relativa alle attività inerenti al conto cointestato (cfr. Cass. sent. n. 3241 del 1989, Cass. sent. n. 8718 del 1994 e Cass. sent. n. 4066 del 2009).
(Altalex, 5 giugno 2014. Articolo di Pino Cupito)
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