mercoledì 13 luglio 2011

Antichi mestieri




'A  spicajola
E’ un mestiere ancora in auge fino a quando esisteranno  persone dure a morire cheportano nel cuore le tradizioni come reliquie che sono, volente o nolente la testimonianza vivente di quelle tradizioni che hanno portato avanti buona parte della nostra storia che hanno aiutato a sopravvivere economicamente tanta gente e ci hanno fatto crescere con sapori e valori che hanno permesso di conservano rapporti con la natura nel risolvere i problemi della sussistenza stagionale e quotidiana.




Di mais oggi se ne consuma tanto, ma lo si trova già cotto sugli scaffali dei supermercati pronto all’uso per i vari tipi di insalate insalate delle quali è diventato un elemento essenziale, per combinazioni con i petti di pollo in padella o con la panna. per le insalate di riso, ma la “spica” lessata e venduta per strada ha un altro sapore,  che il grano già pronto ricorda solo vagamente che non è  quello dell’infanzia, dell’incoscienza, di un mangiare alla coniglietta come dicono le mamme di oggi. Ho provato a preparale in casa, altre cose mi riescono, ma le spighe no!





Bisogna precisare che quello della Spicajola, da noi,  è un mestiere stagionale, almeno che non si voglia ricorrere a prodotti surgelati o a quelli che arrivano dall’altro emisfero. A mio giudizio, il mercato si stancherebbe anche della tradizione che invece  assecondando la natura determina varianti di colore che gratificano il consumatore abituato ormai ad una  diversificazione dell’alimentazione, all’espediente che viola i termini del bon ton.

I miei anni passati in campagna mi hanno permesso di apprezzare questo cibo nei vari modi in cui viene normalmente preparato: lessato o abbrustolito, ma ero solito consumarle anche crude, appena colte dalle piante: mi lasciavano in bocca un sapore di latte. 

Le spighe da utilizzare sono comunque quelle tenere, quelle cioè, che sono appena maturate da poterle mangiare anche crude. Devono essere sane e non dure e prive di vermi. La cottura prolungata non dà al prodotto una maggiore digeribilità in quanto i chicchi si induriscono ancora di più. Il consumo inoltre deve essere contenuto, limitato alla stagione del prodotto.





La vendita, come ancora oggi, veniva effettuata generalmente da una donna che portava a spasso il prodotto in una caldaia di rame o di alluminio che poggiava su un carrettino a due ruote. Per mantenere caldo il prodotto sotto il pentolone era tenuta accesa una fornacella a carboni.

Uno dei richiami vocali che la venditrice emetteva elogiava le dimensioni delle spighe associandole all’asse che nei tempi andati sbarrava le porte di casa dal di dentro. ‘E varre ‘e porte ! Jamme, jamme! Tengo ‘e varre ‘e porte.  So’ fatte ‘e zucchero. Ed ogni volta che il coperchio veniva sollevato  si spandeva nell’aria l’odore dolciastro del prodotto che erano ancora tenute nel brodo di cottura sotto le foglie (‘e sgoglie) di cui erano state private prima della cottura.

Ai miei tempi le afferravano con forchettone e te le piazzavano in mano senza tanti complimenti o riguardi ed era un po’ difficile sostenere la spiga tra le mani per accostarla alla bocca. Oggi con le nuove norme di igiene (HACCP) questo commercio non potrebbe essere più svolto e in una cittadina come Castellammare, con la nuova amministrazione, rischia di scomparire dalla piazza e dalla tradizione anche questo mestiere che con la sua natura episodica e stagionale non potrebbe reggere ai controlli sanitari di ieri ne a quelli di oggi. 

Sciuscie, sciusce ca cavere ‘e voglie. Sembrava un controsenso, ma appena stiepidite le spighe avevano un sapore delizioso che esaltava la tenerezza dei chicchi che stavi divorando in maniera vorace, in un attimo che avevi già consumato prima con gli occhi mentre erano ancora nella caldaia.

Generalmente la venditrice sostava in un angolo di piazza Monumento, dove la sua presenza non intralciava il traffico. Qualche altra restava nel quartiere a ridosso di Fontana grande o dalle parti di piazza Orologio, a Scanzano era una meteora che appariva e spariva su via Micheli, ‘ncopp’’o Santo e abbasci’ a Funtanella mentre l’odore delle spighe riempiva l’aria che la voce che richiamava l’attenzione dei clienti che non mancavano mai.


Ostia Lido, 15/11/2009                                   Gioacchino Ruocco



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1 commento:

  1. Questa nota mi riporta indietro di molti anni.
    Ho ancora bisogno di ricordi come questi.
    Anonimo

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