L'affittacamere é, per definizione, colui che affitta camere ammobiliate, ma dalle mie parti, nel dopo guerra, era anche colui che si poneva come tramite tra chi le affittava o affittava parte della sua abitazione e i forestieri che arrivavano a Castellammare per periodi non inferiori ad una settimana.
A Castellammare di Stabia un tempo si viveva anche di affitto o di subaffitto temporaneo di una parte della propria abitazione per lo più ai forestieri che venivano dai paesi vicini e avevano difficolta ad affrontare i trasferimenti giornalieri per praticare le cure termali che gli erano state prescritte. Tra quelli più anziani, che non hanno perso la memoria del loro vissuto, c’è ancora qualcuno che se lo ricorda.
Col tempo si erano creati degli intermediari che si erano dati il nome di affittacamere. Passvano la loro giornata davanti alla stazione dello Stato dove aspettavano l'arrivo dei treni per abbordare quelli che visivamente spaesati andavano in cerca di qualcuno che li potesse indirizzare presso qualche famiglia. Non erano molti, due o tre al massimo. La qualifica era scritta sulla marocchina della coppola che il tizio cercava di tenere sempre in testa anche quando il sole spaccava le pietre e gli arroventava il cervello.
Si avvicinavano con discrezione ma con determinazione pronunciando con voce distinta la propria attività: -Affittacamere, affittacamere. Signurì, avite bisogno ‘e na camera? Acqua corrente, servizi indipendenti e possibilità di prepararsi i pasti in camera. Stanze con affaccio sul porto, a due passi dalle terme. Signurì, è tutto a buon prezzo.
Chi praticava questo mestiere diceva che era stato autorizzato da chi di dovere, ma da chi non si è mai saputo. Cambiavano faccia da un giorno a l’altro se trovavano qualcosa di meglio retribuito in quanto il mestiere era lontano dall’essere un posto fisso che anche all’epoca seguiva altre strade di collocamento.
Era, senz’altro, un mestiere occasionale legato alla stagionalità delle cure termali di quelli che le venivano a praticare a Castellammare di Stabia. Il periodo durava non più di quindici giorni, certe volte anche un mese a seconda della prescrizione medica e della disponibilità economicadel soggetto.
Gli alberghi non mancavano, ma non sempre quelli che necessitavano di cure potevano affrontare la spesa che richiedevano. I campagnoli dei circondari rifiutavano per principio l’albergo dove non ritrovavano l’atmosfera familiare che lasciavano a casa e si adattavano con tutta la loro diffidenza naturale a sperimentare l’ospitalità a pagamento offerta dalle famiglie che abitavano il più vicino possibile alle terme. Quando l’esperienza risultava positiva si stabilivano patti che duravano anni, rapporti di continuità e di amicizia che, il più delle volte, sfociavano addirittura anche in apparentamenti per le simpatie che nascevano tra i figli degli ospitati e degli ospitanti.
Poteva anche succedere che il forestiero che veniva per curarsi si trasformava in turista e restava o tornava per le ferie estive, per i bagni a Pozzano che per molti dell’entroterra, nel periodo del dopo guerra, erano una novità e anche un momento di liberazione lontani dagli occhi indiscreti dei compaesani ritenuti, a torto o a ragione, invidiosi e cattivi.
Quando il procacciatore veniva escluso dalla trattativa succedeva un quarantotto per la perdita della percentuale che non gli veniva più pagata per cui più di una famiglia si era organizzata mandando alla stazione qualcuno del parentado che arrivando con qualche scusa fino al treno, proponeva a quelli che individuava come forestieri la propria casa sorpassando la mediazione.
I patti che si instauravano fra i clienti e le famiglie ospitanti, altra furbizia, finivano con l’esaurire l’offerta e col sottrarre proventi all’affittacamere la cui esistenza si prolungò ancora per poco ad uso e consumo degli alberghi che non tolleravano la concorrenza dei privati pur offrendo in cambio situazioni di vantaggio con servizi adeguati alle norme di igiene che andavano affermandosi nel dopoguerra.
Era sicuramente un mestiere improvvisato e gestito in modo privatistico anche se a due passi dalla stazione ferroviaria non è mai mancato lo sportello dell’Azienda Autonoma Cura e soggiorno che avrebbe potuto e dovuto regolamentare e gestire l’attività.
Scavando nei documenti del passato abbiamo trovato qualcosa che ci da ragione in quanto l’attività è stata regolamentata da sempre con norme che garantivano le parti vedi Legge 16-06-1939, n. 1111 Disciplina degli affittacamere (G.U. 11-08-1939, n. 187, Serie Generale).
La legge delineva l'attività dell'Affittacamere ma non del procacciatore che non veniva neppure adombrata. Quelli che affittavano parte del loro appartamento ad altri non potevano avere più di quattro camere arredate; non potevano avere più di sei posti letto; potevano fornire pasti; ma non potevano fornire superalcolici; la durata minima dell'alloggio, eccezion fatta per artisti e deroghe provinciali, era di 7 giorni; l'alloggio, salvo patto contrario, doveva essere pagato ogni quindici giorni; la risoluzione dell'affitto andava comunicata 7 giorni prima, salvo eccezioni o deroghe; le persone alloggiate non avevano diritto al rimborso del prezzo anticipato per l'alloggio; le persone invece avevano diritto al rimborso del vitto non consumato, previo avviso nel giorno precedente;
Oggi gli Affittacamere sono soggetti anche a leggi regionali, che integrano la legge sulla "disciplina degli affittacamere" inserendo altri standard qualitativi o meglio descrivendo gli standard minimi di servizio, arredo, igienici, impiantistica.
Gioacchino Ruocco
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