venerdì 22 luglio 2011

Un sorriso per il Giappone al Venezia di Ostia Lido 3







Hokusai Katsushika

Artista famoso per la straordinaria forza e capacità disegnativa dei suoi schizzi, nacque ad Edo, nell’ottobre del 1760 da una famiglia di artigiani. Suo padre, forse adottivo, Nakajima Issai era un pulitore di specchi al servizio dello shogun Tokugawa, presso il quale Hokusai trascorre la sua infanzia. A diciotto anni, dopo un po’ di pratica come intagliatore di legno, entra nello studio del maestro Katsugawa Shunsho, un pittore e disegnatore di stampe a colori, da cui apprende la tecnica della xilografia policroma, ma ben presto se ne distacca, perché molto ripetitivo. Con una curiosità insaziabile Hokusai comincia ad attuare una continua ricerca, acquisendo una vasta cultura figurativa, studiando tutti gli stili delle scuole giapponesi - come le scuole Kano che alla tradizione nazionale fondono le tendenze decorative della pittura cinese dei Ming e Tosa i cui maestri portavano avanti solo l’arte nazionale o yamato-e, privilegio esclusivo della scuola imperiale - ma riuscendo sempre a mantenere una sua indipendenza stilistica. Studia perfino le regole della prospettiva occidentale e le utilizza per descrivere vedute panoramiche, interni di architetture ed i palcoscenici dei teatri Kabuki.  Per un certo periodo vivee in grande povertà e,  anche alla fine della sua vita si descrivee come un contadino orgoglioso della sua condizione. Nel corso della sua lunga carriera, durata oltre 70 anni, seguendo un costume molto diffuso in Giappone e che non riguardava solo gli artisti, Hokusai cambia più volte il proprio nome (Meji) come a sottolineare le più importanti svolte stilistiche della sua opera  e del suo pensiero. La sua produzione è sterminata: dipinti, disegni, stampe policrome sciolte, libri illustrati, manifesti, ecc. Ecco una selezione minima tra i molti capolavori che il maestro esegue durane la sua vita:





1)                 “Dama con l’ombrellino e ragazza con cannocchiale” del 1797. Questa stampa policroma viene pubblicata dall’editore Tsutaya Juzaburo, noto per la sua collaborazione con Utamaro Anche Hokusai usa la preziosa mica sul fondo La mica è un minerale utilizzato per le sue caratteristiche di brillantezza.






2)                 “Il bambino prodigio Kintaro con orso e aquila” del 1788. Kintaro è un personaggio molto noto della mitologia giapponese, famoso per la sua straordinaria forza. In questa stampa Hokusai lo raffigura mentre con una mano trattiene un cucciolo di orso e con l’altra un’aquila.








3)                 “Carpe e tartarughe che nuotano” del 1813, inchiostro e colori su carta: E’ un’opera molto famosa, nota per l’iscrizione nella quale il maestro dedica il dipinto ad una sua allieva affinché non smetta di approfondire i suoi studi. Amò e studiò la natura fino alla fine della sua lunga vita e, come testamento spirituale nel 1834, scrive: ”Dall’età di sei anni ho la mania di copiare la forma delle cose, e dai cinquanta pubblico spesso disegni, tra quello che ho raffigurato in questi settant’anni non c’è nulla degno di considerazione. A settantatre ho un po’ intuito l’essenza della struttura di animali ed uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e, perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito e a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Se posso esprimere un desiderio, prego quelli tra lor signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato”. Spesso Hokusai creava lavori in cui vivevano in perfetta simbiosi le immagini, dipinte per lo più a colori tenui e i versi apposti sui fogli.







4)                 “Amaurosi”, doppia pagina dall’ottavo volume dei “Manga”, termine giapponese che vuol dire “schizzi sparsi”. Nel 1812 Hokusai è invitato dal mecenate ed allievo Bokusen a trasferirsi per un periodo a Nagoya. Lì il maestro, sollecitato dagli stessi discepoli, mette a punto una delle sue opere più famose: I MANGA, abbreviazione del titolo “Educazione dei principianti tramite lo spirito delle cose. Schizzi sparsi di Hokusai”, pubblicato in 15 volumi: centinaia di immagini tra esseri umani e animali, elementi della natura, agenti atmosferici, architettura, aspetti tecnologici, divinità ed altro in una visione troppo reale per essere vera, troppo raffinata per essere una caricatura, una certa ironia ai confini della comicità.






5)                 “Assalto al Mammuth”, doppia pagina del 13° volume dei Manga del 1849. Hokusai dimostra una fantasia inimitabile, capace di concepire immagini di grandissimo effetto scenografico. I suoi animali sembrano possedere  gli stessi sentimenti dell’uomo, espressi attraverso sguardi di notevole intensità. Oggi “Manga” , è un termine giapponese che indica in Giappone i fumetti in generale, mentre nel resto del mondo viene usato per indicare "storie a fumetti giapponesi".






6)                 “Pivieri sulle onde”…naturalmente dell’amore del 1822-1823, una xilografia policroma che si trova attualmente a Genova, al Museo d’arte orientale “Edoardo Chiossone”. Il Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, situato all'interno di Villetta Dinegro, è una delle più importanti collezioni di arte orientale in Europa e la più importante in Italia. Esso conserva l'intera collezione del pittore ed incisore Edoardo Chiossone, nativo di Arenzano (in provincia di Genova) ma che, dopo la gioventù trascorsa a Firenze, passò buona parte della sua vita in Giappone, dirigendo l’Officina imperiale di carte e valori di Tokyo. In tarda età Chiossone divenne - grazie alla sua preparazione e competenza, ed alla stima personale che riscuoteva presso l'élite politica e culturale nipponica - un appassionato raccoglitore e conoscitore d'arte giapponese. Poté così formare un'importante collezione di circa quindicimila pezzi (poi donata al Comune di Genova), facilitato dall'abbandono in quell'epoca del sistema feudale giapponese, trasformazione che portò al dissesto finanziario di molte famiglie aristocratiche, che misero in vendita oggetti gelosamente custoditi da secoli. La sua raccolta, giunta in Italia nel 1899, comprende numerose armi e armature, ma anche bronzistica cinese e giapponese, smalti, ceramiche, tessuti, lacche e maschere teatrali.








7)                 “Tametomo nell’isola dei demoni” del 1812 , è una pittura ad inchiostro, colori e oro su seta. Più precisamente si tratta di Minamoto, un eroe della storia giapponenese vissuto nella metà del XII secolo, ricordato per la sua forza straordinaria e la sua abilità con l’arco. E’ qui raffigurato alle prese con le strane creature che abitavano l’isola dei demoni nella quale l’eroe si era rifugiato.




 


 
8)                 “Giornata limpida col vento del sud –Fuji rosso” dalla serie delle “Trentasei vedute del monte Fuji del 1830-1832, xilografia policroma. E’ uno dei numerosi capolavori che formano questa celebre serie paesaggistica. Gli scintoisti considerano il Fuji una divinità al punto da ritenere doveroso almeno un pellegrinaggio sulle sue pendici nella vita. Il poeta Mushimaro nel VII secolo d. C. dedica una poesia al Fuji. “Fra le tenebre di Kai / e quelle di Suruga lambita dalle onde / sta la vetta del Fuji. Gli alti cirri / osano appena avvicinarsi e mai / volano fin lassù gli uccelli. Il ghiaccio / raggela irosi incendi e il fuoco / distrugge la caduta neve. /  Vano è cercar parole, non v’è un nome degno di lui. Che sia / un misterioso Kami?”






9)                 “La sala della Conchiglia del tempio dei Cinquecento” della serie delle “Trentasei vedute del monte Fuji”, 1830-32, xilografia policroma. Claude Monet, che amò una volta definirsi ”fidéle émule d’Hokusai, prese come modello questa composizione per il suo dipinto del 1866 raffigurante “La terrazza a Sainte- Adresse”( New York. The Metropolitan Museum of Art).






10)“La grande ondata presso la costa di Kanagawa” della serie delle “Trentasei vedute del monte Fuji”, 1830-32, xilografia policroma. Il grande pittore ed incisore giapponese in questa xilografia ha voluto rappresentare l’impari lotta tra la forza della natura e la fragilità dell’uomo.
         Hokusai è uno dei pittori più amati e conosciuti dell’Estremo Oriente e  la sua esigenza di una continua ricerca è formale, ma anche di bellezza, di verità e di scoperta dei segreti della vita. Hokusai muore dopo una breve malattia a Tokio il 10 maggio 1849 a ottantanove anni. Egli stesso scrive questo breve haiku sul letto di morte: “Anche se come un fantasma, me ne andrò per diletto per i prati estivi”. L’haiku è un componimento poetico che fa emergere l’essenza più profonda della cultura nipponica. E’ composto da tre versi caratterizzati da cinque, sette e ancora cinque sillabe. L'haiku è una poesia dai toni semplici, senza alcun titolo, che elimina fronzoli lessicali e congiunzioni, traendo la sua forza dalle suggestioni della natura e delle stagioni: per via dell'estrema brevità la composizione richiede una grande sintesi di pensiero e d'immagine. Tra i maggiori poeti di haiku si ricorda Matsuo Bashō:
“Nel vecchio stagno
 una rana si tuffa.
 Rumore d'acqua”.



Da    "Ukiyo-e: immagini del mondo fluttuante (1603-1867)   Utamaro, Hokusai e Hiroshige"
a cura della storica dell’arte Anna Iozzino.

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