San Basilio, l’arte urbana contro il degrado delle periferie
18 GIU 2015 di GIORGIA BASILI
Costruire un tessuto culturale laddove non è presente, partendo dal dialogo tra cittadini e artisti, in un rapporto paritario. Creare occasioni di socialità quando si è tagliati fuori dalla città, restituendo dignità alla dimensione di quartiere. Storia di Walls, un’associazione che a Roma sta provando a realizzare tutto questo
Walls è una associazione di Contemporary Public Art, che promuove sul territorio eventi e interventi di arte urbana, spaziando quindi dalla street art ad altre forme di manifestazione. L’obiettivo è dare la possibilità all’artista di rimanere fedele alla propria libertà espressiva superando il limite dell’illegalità e facendone di lui una figura professionale a tutti gli effetti. L’associazione, collaborando con il Comune di Roma, è riuscita a rendere legali molti muri e a dare vita a molte iniziative interessanti come laboratori creativi e opere d’arte site specific nel quartiere periferico di San Basilio, a Roma. Proprio a Walls si devono le opere degli artistiLiqen e Iacurci, e le sei facciate dipinte dall’artista Hitnes su alcuni palazzoni, che ricreano come una formidabile foresta di animali marittimi e terrestri.
Walls lavora cercando di coinvolgere in maniera attiva gli abitanti del quartiere nel quale organizza le sue iniziative e richiamando l’attenzione degli ambienti circostanti. Questo metodo non va interpretato come una chiusura verso il centro cittadino, ma come un risollevare le energie periferiche per tessere una rete fitta, invisibile e resistente che faccia dei quartieri fuori le mura non satelliti ma cuori pulsanti dell’Urbe.
L’iniziativa attualmente in corso è “Trame_Trasmissioni di Memoria”, curata da Walls e prodotta da CEMEA del Mezzogiorno Onlus. Il prossimo appuntamento sarà questo venerdì, 19 giugno, presso il Piccolo Cinema San Basilio, uno spazio allestito all’aperto. Prevista la proiezione di uno dei capolavori del cinema italiano, L’Onorevole Angelina di Luigi Zampa (1947), cui si invita a partecipare portando una sedia. Ma per capire meglio che cosa sta succedendo in questo quartiere della Capitale, abbiamo intervistato Simone Pallotta, direttore artistico di Walls.
Come nasce Walls e perché avete lanciato il progetto SanBa nella periferia romana di San Basilio?
La nostra associazione, Walls, nasce nel 2008 e si occupa di arte pubblica contemporanea, innestando la forza della street art in processi complessi che intendono portare contenuti culturali in aree nei quali sono perlopiù assenti. Attraverso l’arte tentiamo di aprire un varcoche serva a creare un rapporto intimo con i cittadini, procedendo in parallelo con laboratori di arte che coinvolgano abitanti di età diverse. In particolare, il progetto SanBa nasce nel 2013 dopo una passeggiata in quel quartiere. L’area sembrava perfetta per un lavoro specifico che intreccia l’arte contemporanea con il coinvolgimento culturale degli abitanti. Da quel momento abbiamo lavorato per creare un progetto, finanziato nel 2015 da Roma Capitale, che ci permettesse di lavorare stabilmente sul territorio.
San Basilio è un quartiere che si sta trasformando grazie alla cultura. Come avete contribuito?
Al momento, con il progetto “Trame_Trasmissioni di Memoria”, sempre nell’ambito di SanBa, ci siamo messi alla prova con una progettazione che non prevede opere d’arte “fisiche” sul territorio ma interventi molto diversi, che spaziano dalla creazione di un cinema all’aperto(Rub Kandy) a una mostra fotografica che indaga un luogo come il bocciofilo storico del quartiere (Valerio Muscella) fino a grandi illustrazioni, costruite partendo dalle storie che ci hanno raccontato gli avventori del centro anziani (Giulio Bonasera). È un “progetto continuo”, che non si esaurisce nella facciata dipinta, come purtroppo sta succedendo sempre più spesso a Roma.
I vostri progetti stanno avendo un riscontro sulla comunità di San Basilio, chi sta collaborando in modo più entusiasta?
Molte persone appoggiano le nostre iniziative. L’idea sarebbe di formare un gruppo di giovani del quartiere per lasciargli in mano la progettazione. Le tante associazioni del territorio hanno rialzato la testa e continuano decise a portare contenuti in un’area che non ne ha, non c’è un cinema da trent’anni ad esempio, perché i due un tempo aperti oggi sono supermercati. È molto dura perché la partecipazione degli abitanti non è scontata, ma molti giovani hanno voglia di riscatto in un quartiere che, tra l’altro, è urbanisticamente bellissimo. C’è ancora molto da fare, non si possono ancora tirare le somme del nostro lavoro anche se sono due anni di impegno.
Il cinema è uno dei mezzi più immediati per stimolare riflessioni sulla realtà. Come porterete avanti questa iniziativa?
Anche per questa vorremmo che qualche associazione del territorio piuttosto che un gruppo di giovani se ne facessero carico. Abbiamo costruito una struttura molto economica e abbiamo un telo per proiezioni. Attraverso una piccola quota il cinema potrebbe vivere epagarsi le spese, così da andare avanti nel tempo e crescere con la comunità. Anche questo passaggio è molto difficile, ma è un obiettivo possibile.
Come le pareti di Hitnes apportano nuova bellezza ad alcune facciate dei palazzi, avete altre idee di riqualificazione?
San Basilio non è il nostro quartiere. Noi siamo dei professionisti che lavorano a cavallo tra arte contemporanea e sociale, sapendo che arrivare da fuori con idee nuove può essere più formante per quelle realtà e quelle persone che tutti i giorni combattono con gli stessi problemi. Attraverso il dialogo sappiamo costruire alternative, reinventando gli schemi cristallizzati che molto spesso bloccano una diffusione comunicativa fuori dai confini del quartiere. Apportiamo novità e collaboriamo con tutti.
Quali sono i vostri prossimi progetti?
Stiamo lavorando a progetti gemelli in altre periferie con l’intenzione di costruire negli anni un network di luoghi in grado di sentirsi vicini grazie alla cultura che propagano. Se costruiamo delle periferie più attive avremo il doppio delle iniziative culturali e una movimentazione che cesserà di essere unilaterale verso il centro storico. Non dobbiamo dimenticare che l’arte cambia le prospettive ma non basta: bisogna alimentarla tutti i giorni la presenza, soprattutto in questi luoghi che ne sono da troppo tempo a secco. E per far capire che un’alternativa è possibile il cittadino deve partecipare in prima persona, attivamente, e non solo come spettatore
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