Una volta Eco mi disse...
21/02/2016
MATTIA FELTRI
Il mio personale ricordo di Umberto Eco: era una domenica di luglio, c’era molto sole, eravamo stati a vedere degli affreschi del Beccafumi a Pisa. Lui amava “Mosè spezza le tavole della legge” e io il “San Giovanni evangelista”. Poi ci eravamo fermati a mangiare cozze alla foce dell’Arno. Mi parlò del fiume Alfeo. Volle che gli leggessi delle poesie di Tebaldo di Navarra (”Signori, sappiatelo: chi ora non andrà / In quella terra in cui il Redentore fu ucciso e resuscitò...”.). Fu affascinato da un mio punto di vista su un sonetto di Meo Abbracciavacca (”Non volontà, ma omo fa ragione”). E fu in quel momento che mi disse una cosa che non dimenticherò mai: “Mattia, tu sei...” ... Bè, in realtà non è vero niente: è che mi sentivo escluso.
A me non disse niente,
neppure mi sapeva,
neppure immaginava
la mia esistenza.
Ma quando gli arrivò
l'eco della mia benevolenza
rimase senza parole
per questo non mi disse:
-Ti benedico.
Quello che aspettavo
da secoli:
l'eco della sua voce
che mi metteva in croce
tutti i giorni
e mi faceva pensare a lui
che raccontava
e parlava
come se avesse sempre raccontato,
sempre parlato
per raccontarci
la gioia del sapere,
del suo sapere.
Gioacchino Ruocco
21/02/2016
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