Ecco i risultati del workshop di Villa Scamozzi. Tre domande a Stefano Coletto
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pubblicato giovedì 20 dicembre 2012
Metti 15 giovani artisti della Bevilacqua La Masa, sotto la guida del curatore Stefano Coletto, a confronto con quattro ingegneri. Metti di trovarli in una splendida villa del '500, piuttosto isolata, nelle campagne di Padova, nei pressi del paese di Monselice. Questa è la scenografia e la trama di "Pratiche sulla terza cultura", seminario per inaugurare la nuova sede di M31, incubatore tecnologico con sede in Italia, a Padova e nella Silicon Valley. Roberto Fassone, Giulio Frigo, Martino Genchi, Gruppo Blauer Hase, Diego Marcon, Alessandra Messali, Claudia Rossini, Davide Spillari ed Elisa Strinna si sono confrontati con Pier Mattia Avesani, Fabio d’Alessi, David Eccher, Rudi Verago per trovare un canale che possa "innovare l’innovazione", in un dialogo complesso tra arte e tecnologia.
Un workshop a porte chiuse, che ieri sera si è discusso con Cristiano Seganfreddo, direttore di Progetto Marzotto, e la partecipazione di Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, Ruggero Frezza, presidente M31 e Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto.
L’obiettivo? mettere in relazione la cultura scientifica e umanistica in un incontro tra forme di creatività differenti, indagando i rapporti che intercorrono nelle varie discipline. Abbiamo chiesto a Stefano Coletto di raccontarci com'è andata a finire.
Che cosa è risultato dal workshop? Ci sono stati temi più preponderanti venuti alla luce?
«Il workshop è servito per avviare un confronto partendo dalle reciproche pratiche. Questo è molto importante; tutte le questioni teoriche sono state calate nell'esperienza concreta dei partecipanti. I temi discussi sono stati: il meccanismo interiore che spinge a inventare e a realizzare un lavoro artistico; il concetto di emozione legato alla realizzazione di oggetti artistici e tecnologici; la necessità di riflettere sui limiti (materiali, conoscitivi, umani) per attivare uno scarto, una soluzione, un'invenzione; la necessità di fare interagire rigore tecnico scientifico con una visione più complessa dell'individuo e dei suoi bisogni reali».
Come si possono far dialogare, concretamente, arte e scienza nel contemporaneo, due pratiche che sono state in qualche modo sempre a braccetto?
«Nell'arte il dialogo e la relazione esiste da sempre. Basti pensare alle grandi installazioni interattive, all'uso di materiali sofisticati, alle opere ambientali; tutte le collaborazioni tra tecnici, informatici, artigiani e il pensiero dell'artista producono entusiasmo e soddisfazione: il professionista percepisce una valorizzazione autentica delle sue competenze; l'artista vede realizzata la sua intenzione, che è progetto e pensiero spesso laterale. L'innovazione alla fine di questo processo è culturale e c'è un ritorno qualitativo sulla società che ospita questi processi».
Sono previste future collaborazioni tra Bevilacqua La Masa e M31 alla Villa Duodo di Monselice?
«Sostanzialmente la Fondazione Bevilacqua La Masa è un incubatore di artisti. Ogni incubatore dovrebbe attivare network per sviluppare i progetti che ospita. Sarebbe molto bello quindi continuare la collaborazione. Noi auspichiamo di realizzare iniziative future non solo di confronto dialettico ma di produzione di lavori; un terzo luogo (parafrasando il titolo del workshop) di sperimentazione, dove tecnologia rivolta al futuro e pensiero rivolto alla complessità dell'individuo trovino una sintesi».
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venerdì 28 dicembre 2012
L'ibrido tra pratica dell'arte e tecnologia a Monselice.
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