La tempesta nella
traduzione di De Filippo
Nel 1983 un anno prima della
sua morte il grande attore partenopeo traduce in napoletano seicentesco l'opera
di Sheakeaspeare "La Tempesta" rendendola a sua volta un capolavoro
unico nel suo genere.
La
tempesta è uno degli ultimi
lavori di Shakespeare, rappresentato per la prima volta a Londra il 1°
novembre 1611 .
Si tratta di un “romance” che presenta affinità con precedenti
lavori del drammaturgo, in particolare con il “Sogno di una Notte di mezza
estate”: il folletto monello Puck è un antenato dello spiritello Ariel e l’atmosfera incantata del
mondo magico si riflette nelle evocazioni soprannaturali di Prospero,
l’indiscusso protagonista della vicenda.
La storia si svolge infatti in un’isola remota dove vivono il potente remago Prosperocon vari spiriti ai suoi ordini, sua
figlia Miranda e Calibano, un essere selvaggio e
mostruoso.
La tempesta, evocata da Prospero, è lo strumento che porterà nell’isola altri
personaggi, tra cui Antonio, fratello del mago e
usurpatore del suo regno, Alonso, re di Napoli e complice di
Antonio, e suo figlio Ferdinando.
Avendo ridotto tutti in suo potere per mezzo delle arti magiche, la vendetta
del re spodestato può quindi iniziare.
La figura del mago onnipotente che tesse trame e manipola a piacimento gli altri
uomini come fossero marionette
evoca l’immagine di un creatore con le sue creature, o di un autore coi suoi
personaggi.
Nel 1983 Eduardo de Filippo impegna nella traduzione in napoletano
antico dellaTempesta di
Shakespeare per la casa Editrice Enaudi nella collana Scrittori tradotti da scrittori
Nonostante l’età avanzata, i problemi di salute e i diversi impegni che ancora
riusciva a portare avanti, ci si dedicò con grande entusiasmo.
Nelle note di traduzione, Eduardo spiega i motivi che lo portarono a scegliere
proprio questa opera:
«[…] Ci sono tante […] ragioni che mi hanno
fatto preferire La tempesta ad altre splendide commedie scespiriane come Il
sogno di una notte di mezza estate, o Come vi piace, o La dodicesima notte, e
una delle più importanti è la tolleranza, la benevolenza che pervade tutta la
storia: sebbene sia stato trattato in modo indegno da suo fratello, dal Re di
Napoli, e da Sebastiano, Prospero non cerca la vendetta bensì il loro
pentimento. Quale insegnamento più attuale avrebbe potuto dare un artista
all’uomo di oggi, che in nome di una religione o di un “ideale” ammazza e
commette crudeltà inaudite, in una escalation che chissà dove lo porterà? E
preciso che tra gli “ideali” ci metto anche il denaro, la ricchezza, che
appunto come ideali vengono considerati in questa nostra squallida società dei
consumi».
.
Svolse
un lavoro accuratissimo, cominciando a lavorarci in luglio, mentre era a
Montalcino, invitato da Ferruccio Marotti, docente di Storia
dello Spettacolo alla Sapienza di Roma, a partecipare allo “Studio
Internazionale dello Spettacolo”, e proseguì poi nel mese di agosto nella sua
casa di Velletri. Una volta terminata la traduzione, Marotti convinse Eduardo,
che fece inizialmente resistenza, a registrare la commedia. Fu lui stesso ad
interpretare tutte le voci maschili, mentre all’unico personaggio femminile
diede voce l’attrice Imma Piro
Fondamentale anche il contributo della moglie Isabella, che si occupò di
riportare in italiano il testo originale, che Eduardo tradusse poi in
napoletano del Seicento.
«Quanto
al linguaggio, come ispirazione ho usato il napoletano seicentesco, ma come può
scriverlo un uomo che vive oggi; sarebbe stato inattuale cercare una aderenza
completa ad una lingua non usata ormai da secoli».
Molte
sono le ragioni che lo inducono a preferire “La Tempesta” ad altre opere scespiriane, come Il sogno di una notte di mezza estate, a Come vi piace e alla dodicesima notte.
Eduardo cerca di essere il piu’ fedele possibile al testo
originale, ma non sempre ci riesce in alcune scene specie quelle comiche
utilizza un linguaggio piu’ vicino alla sua lingua in altre vengono aggiunte
battute per far si’ che il pubblico recepisca a fondo il legame d’amore
protettivo che lega Prospero a Miranda.
Ariele assume le sembianze di uno scugnizzo
napoletano, furbo e burlone, pur conservando il suo carattere sbarazzino
e poetico.
Il
linguaggio utilizzato nella traduzione e’ un napoletano del ‘600, Eduardo con le sue parole piane, non tronche,
molto musicale, dolce, duttile da far rivivere fatti e personaggi fatati,
misteriosi che nessun linguaggio attuale possiede oramai piu’ ma che il buon ha
trascritto nel modo in cui puo’ scriverlo un uomo che vive nella nostra epoca.
Uno
dei dialoghi di esordio di Ariele
termina con questa frase, che a mio avviso e’ tra le piu’ divertenti:
-
“….Mi vado a riposare…ca so stracquo e me fa male ‘o callo”
Nei
tanti dialoghi compaiono tante locuzioni, utilizzate nello slang napoletano, nel dialogo
tra
Trinculo, Stefanoe Calibano c’e’ questa espressione, simile a
quelle che vengono utilizzate normalmente come “sfottò”
-
“Trinculo, miette la lengua a posto, sino t’abboffo, t’ammatunteo, te sgongolo,
te ntofo”
che viene tradotto in italiano cosi’:
-
Trinculo, metti la lingua a posto altrimenti ti gonfio, ti pesto, ti scortico,
ti riempio di botte.
e
ancora: - “Si jesce nata
vota miez cu sti fesserie ca dice pe nun lu fa parla’, te juro
‘ncoppa ‘a sta mano: cca’ volano, sgrognune, sciacquadiente, ntronamole e
zengardole!
Ovverso
sia:
- se dici un’ altra volta ste fesserie ti giuro che volano pugni sul
grugno, ceffoni tali da farti cadere i denti, botte da rintronare
le mole, colpi sul naso, e sulle orecchie.
“Battilocchio”,e’ la traduzione
invece di “grullo” e “piecoro” di cretino.
In ogni caso, se volete trascorrere un
po’ di ore, con qualcosa da leggere di non molto impegnativo vi consiglio:
“La
Tempesta” di
William Shakeaspeare nella
traduzione in napoletano
di Eduardo de Filippo -
Einaudi Editore.
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