venerdì 29 giugno 2018

Zingaretti va come un treno.

POLITICA
27/06/2018 20:59 CEST | Aggiornato 27/06/2018 20:59 CEST

Zingaretti va come un treno. 

E i renziani non hanno un candidato per la guida del Pd

L'ex segretario tace e prova a prendere tempo

Tace da giorni. Matteo Renzi arriva a Palazzo Madama dove sta per interveni- re il premier Giuseppe Conte e non risponde ad alcuna domanda: "Sapete che non parlo". La difficoltà è tanta tra le truppe dell'ex segretario proprio mentre dilaga invece Nicola Zingaretti che passa da un'iniziativa all'altra in rampa di lancio per candidarsi alla segretaria dem. Dall'altra parte ci sono Renzi e i renziani ma per loro la strada è stretta. La responsabilità del triplete negativo collezionato dal partito - referendum, politiche e, ora, amministrative - viene fatta ricadere, in un modo o nell'altro, su di lui. Per il momento la maggioran- za del partito non ha un candidato e prova a prendere tempo. 
Uno dei fedelissimi dell'ex premier vuol far notare come ancora sia presto per parlare di candidature e di congresso. In realtà c'è chi già è iperattivo in questo senso. Non solo Zingaretti che sta costruendo la sua rete partendo dai sindaci e dagli amministratori, ma anche l'ex ministro Carlo Calenda che ha presentato un suo manifesto, che ha ricevuto alcuni "sì" di peso, come quello di Pier Car- lo Padoan, ma anche altri no. Per esempio Gianni Cuperlo: "Ancora una volta si parte dai nomi e non dalle idee. Ma per questa via si rischia di perdere an- cora".
Alla luce di questo quadro cresce il pressing su Renzi. "Tocca a lui dire cosa intende fare", dicono i parlamentari, convinti che una maggioranza nel partito ci sia ancora e che faccia riferimento a Renzi: "Zingaretti – dicono a taccuini chiusi – in fondo è il candidato di minoranza. C'è ancora tempo per presentar- ne uno nostro".
Quindi si iniziano a fare i calcoli. La riunione dell'assemblea nazionale, che dovrebbe segnare il rilancio dei Dem dopo la sconfitta delle elezioni ammini- strative, in cui sono passate di mano città storicamente amministrate dalla si- nistra, è ufficialmente convocata. Il 7 luglio "per le dimissioni del segretario e conseguenti adempimenti" l'assise si riunirà con l'obiettivo di rimettere in pie- di una prospettiva compatibile con l'avanzata di M5s e Lega e con la prospet- tiva del voto delle Europee che sarà a maggio 2019. Per quella data dovrebbe essere eletto un nuovo segretario.
Resta da capire cosa farà Renzi. I suoi premono perché prenda una decisione, consapevoli che difficilmente si adatterà a fare la minoranza interna. Se non ci saranno i numeri – riflette un deputato – per eleggere un segretario che sia espressione renziana, allora ci si metterà da parte, ma difficilmente verrà soste nuto Zingaretti.
A Calenda replica ironico il presidente del Pd Matteo Orfini che pubblica su Instagram la graphic novel sul Manifesto di Karl Marx e Friedrich Engels. Il nodo irrisolto, però, resta un altro. Orfano di Renzi, il Pd cerca una nuova guida e si polarizza. Per ora l'unico candidato segretario alla prossima assemblea è Martina, con piene funzioni fino al congresso. Per il resto, per ora, sono due i poli principali: Paolo Gentiloni da un lato e Nicola Zingaretti dall'altro; il primo con un profilo pubblico nazionale, l'altro strettamente regionale. Per Calenda l'uomo giusto per un'area più larga dello stesso Partito democratico è l'ex presidente del Consiglio. Gentiloni possiede "una reputazione, un'autorevolezza e uno stile molto diverso da quello di Salvini e Di Maio", sottolinea l'ex ministro dello Sviluppo economico. Mentre l'ex Guardasigilli Andrea Orlando vedrebbe bene in quel ruolo Zingaretti, pur riservandosi di giudicarne la piattaforma programmatica.
Su Zingaretti, Calenda dice: "Se si candiderà a fare il segretario del Pd, sarà un ottimo segretario. Ma il punto è chi sia in grado di costruire una mobilita- zione nazionale e questo punto di riferimento secondo me è Gentiloni". Al presidente della Regione Lazio guarda con fiducia tutta quell'area del Pd - e del centrosinistra - che si riconosce nella tradizione dei Ds. Rimane però una grande fetta di partito che ha guidato il Pd fino a pochi mesi fa in cerca di un punto riferimento.

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