mercoledì 7 marzo 2018

IL MARRANESIMO DI BACOLI – di Ciro Moses D’Avino


mercoledì 4 gennaio 2017

IL MARRANESIMO DI BACOLI – di Ciro Moses D’Avino




È importante chiedersi se dopo il 1541, anno della cacciata definitiva degli Ebrei dall’Italia Meridionale con l’espulsione delle ultime famiglie residenti a Napoli, sia stata ancora documentata una presenza ebraica sul territorio. A questa domanda ho cercato di dare una risposta nel corso delle mie ricerche, analizzando il singolare fenomeno del criptogiudaismo, meglio conosciuto come marranesimo, all’accorata ricerca di quel che restava dell’antico ebraismo meridionale.

Questo fenomeno ha interessato singoli individui, famiglie ed intere comunità che, con il passar del tempo, mantenevano una segreta fedeltà all’ebraismo. La parola marranodesignava in lingua spagnola il maiale, nell’accezione spregiativa del termine e con quest’appellativo venivano indicati quegli Ebrei spagnoli, portoghesi e dell’Italia Meridionale che avevano accettato il battesimo e che costituivano una cospicua fetta della comunità ebraica. Ma il termine ebraico per definirli è anusim, i costretti.

Il marranesimo fu un fenomeno legato alla grande ondata di conversioni che scosse il mondo ebraico a partire dalla fine del 1200 e che raggiunse in Italia i livelli più elevati in due momenti storici ben precisi: nel 1492 con l’editto d’espulsione degli Ebrei siciliani e sardi e nel 1511 con la cacciata dal Regno di Napoli.

Durante tali campagne conversionistiche, che spingevano o più concretamente costringevano gli Ebrei ad abbracciare il cristianesimo, ebbero un ruolo di primo piano gli ordini mendicanti, tra i quali si distinse per il suo zelo quello dei Domenicani.

I novelli cristiani furono, comunque, oggetto di numerose misure repressive anche dopo la conversione, in certi casi annullando i benefici ottenuti col passaggio alla nuova religione.

Tra le misure adottate nei confronti dei marrani era l’obbligo di risiedere in aree lontane da quelle

in cui vivevano i loro vecchi correligionari, affinché non venissero addotti a riabbracciare la fede avita. I legami familiari venivano in questo modo bruscamente interrotti, lacerando i loro animi

nel profondo.

Questi convertiti coatti conservavano segretamente, tramandandola di generazione in generazione, una larvata identità ebraica, anche se pubblicamente professavano un’imposta e blanda fede cristiana.

Dopo l’espulsione del 1511, per arginare e tenere sotto controllo la componente marrana napoletana, il clero decise di allontanare dall’area urbana un certo numero di famiglie la cui origine ebraica era ben nota. Esse furono relegate sulla collina di Posillipo, dove in poco tempo si adattarono alla nuova realtà socio-economica, trasformandosi in agricoltori e pescatori. Questa decisione permise alla curia napoletana di ottenere immediatamente due risultati: il primo l’isolamento della componente marrana; l’altro, il più importante, la possibilità di un maggior controllo su di essi, avendoli concentrati in un’area ristretta.

Fu nel corso delle mie ricerche sulla presenza ebraica a Napoli che venni a conoscenza dell’esistenza di una comunità marrana nella cittadina di Bacoli. E la scoperta è di grande importanza, in quanto ci troviamo di fronte alla più consistente concentrazione di individui di origine ebraica dell’Italia Meridionale, migliaia di persone.

Il marranesimo bacolese è l’unico esempio legato al territorio: le famiglie marrane di Bacoli hanno sviluppato una propria identità collettiva salvaguardando le antiche usanze ebraiche. 

In quale periodo è iniziata la colonizzazione di Bacoli da parte della comunità marrana? Si pensava che il periodo fosse compreso tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600: allo scopo di sfuggire al controllo del clero di Napoli, alcune famiglie avrebbero lasciato via mare la collina di Posillipo, insediandosi a Bacoli e dando origine ad un primo nucleo nella località denominata «Poggio». Ma questo non risponde a verità. In un atto notarile del 1591 un certo Fabrizio
Guardascione posillipano, figlio di Filippo bacolese, vendeva un terreno nella località di Baia,

venutogli in eredità da suo padre. Ed è proprio a Baia, nella località denominata Scalandrone, che si insediò il primo nucleo della componente marrana. Questo documento ci permette di fare una scoperta storica sorprendente: l’insediamento della componente ebraica bacolese risale alla prima metà del 1500, molto probabilmente nel 1511, epoca della prima espulsione degli Ebrei dal meridione d’Italia. Infatti dopo il 1511 solo a 200 famiglie benestanti, tra cui gli Abravanel, fu permesso di risiedere nella città di Napoli. Quindi, se il trasferimento è avvenuto nella data da me supposta, all’epoca i Bacolesi non erano marrani ma ebrei. Essi si erano imbarcati sulle navi ed avevano inscenato la finzione di lasciare la città, facendo così credere di allontanarsi dai domini spagnoli, mentre in realtà si erano semplicemente rifugiati in un’area disabitata poco lontano da Napoli dove, sconosciuti, non sarebbero stati identificati come ebrei. Lo spostamento a Posillipo della popolazione bacolese deve essere avvenuto nel 1538, quando l’area flegrea fu interessata dal fenomeno del bradisismo che portò alla nascita del Monte Nuovo (28-29 settembre 1538). I Bacolesi trovarono momentaneo rifugio a Posillipo, presso la comunità marrana con la quale avevano, molto probabilmente, antichi legami di parentela, in quanto entrambi i gruppi provenivano dalla Giudecca di Porta Nova.
Una prova concreta di questa mia intuizione ci proviene dai registri della chiesa parrocchiale di S Anna, in cui non risultano né matrimoni né battesimi da parte della componente marrana in epoca antecedente al 1704. Solo una famiglia, quella dei Carannante, risulta iscritta nei registri della diocesi. Questa potrebbe essere una scoperta veramente interessante: per quasi due secoli, dal 1511 al 1704, gli abitanti di Bacoli di origine ebraica erano riusciti a restare fedeli al patto di Abramo ed è solo dopo questa data che lentamente le famiglie marrane hanno iniziato ad allentare i loro legami con la religione avita e ad accettare la religione dominante. Questo spiegherebbe perché molte usanze ebraiche siano sopravvissute fino ai nostri giorni.

La popolazione di Bacoli si mantenne omogenea fino alla seconda guerra mondiale, non subendo sostanziali influenze dal mondo circostante. Questo isolamento naturale ha permesso alla comunità di conservare caratteristiche proprie, lasciando traccia delle loro pratiche religiose fino ai nostri giorni.

Figura di spicco del gruppo è stato l’avvocato Giovanni Race, giornalista, scrittore, storico e profondo conoscitore della storia e delle tradizioni dell’area flegrea. Attraverso le lunghe chiacchierate che ho avuto con questo pittoresco personaggio, uomo di grande cultura, sono venuto a conoscenza di usi e tradizioni dei Bacolesi, che non negano le loro origini ebraiche.

Figlio di una «marrana pura», come orgogliosamente usava definire sua madre, l’avvocato Race è stato uno degli ultimi testimoni delle usanze della sua gente e ne serbava il prezioso ricordo, ben consapevole di essere depositario di un’antica coscienza storica che rischiava di finire nell’oblio dell’omogeneizzazione della società contemporanea. Inutilmente, secondo Race, la lunga mano del clero della diocesi di Pozzuoli, di cui Bacoli faceva parte, ha cercato nel corso dei secoli di avere un controllo su questa gente così testarda e così poco devota alla Chiesa Cattolica.

La contrada di Bacoli infatti, non aveva una propria chiesa e quella attuale di S. Anna e S. Gioacchino è stata edificata solo in epoca tarda ed imposta dal Vescovo della diocesi di Pozzuoli. I Bacolesi avevano un particolare amore per S. Anna e successivamente anche per S. Gioacchino, il cui culto ha chiare origini marrane: essi vengono citati nei vangeli come genitori di Maria, madre di Gesù, ma non hanno avuto alcun rapporto diretto con la predicazione di Gesù e sono nati, vissuti e morti da ebrei.

La gente che accompagnava la processione durante la celebrazione della festa di S. Anna usava esclamare al passaggio della statua: “Bella S. Anna, è spagnola!”. Mi sono chiesto che significato potesse avere questa espressione: forse un richiamo alle origini sefardite di almeno una parte

della componente marrana di Bacoli? Secondo le testimonianze raccolte dall’avvocato Race, caratteristica dei marrani di Bacoli era la tradizionale suddivisione in gruppi di famiglie: la gente di Abramo, di Eliseo, di Mosè ed altri. Questo potrebbe collegarsi alla diversa origine dei gruppi ebraici esistenti all’interno della città di Napoli che, seppur uniti nelle fede, mantenevano una propria individualità in base alle origini geografiche o semplicemente identificandosi con il capostipite del nucleo familiare.
Secondo la testimonianza dell’avvocato Race, successivamente confermata dal Sig. Samuele Guardascione, i Bacolesi praticavano il rito della circoncisione: come d’obbligo presso tutti gli Ebrei, circoncidevano i neonati di sesso maschile a pochi giorni dalla nascita. Questa pratica fu in uso fino alla prima metà del ‘900, ma oggi è rimasto retaggio solo di alcuni nuclei familiari portatori del cognome «Cordova», che nel segreto delle loro abitazioni continuano a circoncidere i bambini. La domanda che mi pongo è quanto mai ovvia: come possono da soli fare ciò? La risposta non può essere che questa: alcuni di loro si tramandano l’antica professione del moel, il circoncisore.

Altra consuetudine riguardava il sabato, giorno dedicato dalla religione ebraica al culto del Sig.re: le donne avevano l’abitudine di raccogliersi nelle corti delle case per leggere insieme la Bibbia, in particolare passi dell’Antico Testamento.

Caratteristica bacolese è la diffusione dell’onomastica ebraica. Tra i nomi maschili compaiono: Abramo, Anania, Azaria, Beniamino, Daniele, Eliseo, Ezechiele, Emanuele, Gabriele, Giacobbe, Giacomo, Geremia, Giona, Gionata, Gioacchino, Giosafatte, Giuda, Isaia, Matteo, Mattia, Mosè, Noè, Raffaele, Samuele, Simone, Tobia, Zaccaria. Mentre tra quelli femminili sono frequenti: Anna, Debora, Elisabetta, Ester, Giuditta, Lia, Miriam, Rebecca, Rachele, Sara.

Un’altra persona che ha fornito il suo contribuito alla mia indagine storica è stato il Sig. Samuele

Guardascione, impiegato comunale, uomo di cultura, che ha svolto una ricerca sul transito presso

la cittadina di Bacoli di numerosi profughi ebrei reduci dai campi di sterminio durante la seconda guerra mondiale. La collaborazione con il Sig. Guardascione mi ha fornito maggiori dettagli circa gli usi della gente di Bacoli, che rivelano una chiara e marcata origine ebraica.

Una di queste ad esempio riguardava il periodo del mestruo: le donne usavano legare alla gamba una striscia di stoffa, in modo da rendere palesemente nota agli uomini la loro condizione di impurità. Terminato il periodo mestruale solevano recarsi al mare per lavarsi, praticando in questo modo la tevilah, il bagno rituale.

Altra usanza era quella delle pulizie pasquali, che venivano svolte con cura meticolosa: tutto era lavato con acqua bollente, anche il pavimento, in modo da eliminare ogni traccia di sporco, similmente alle pulizie di Pesach effettuate nelle case ebraiche.

I Bacolesi erano chiamati dai loro vicini puteolani «mangia sardelle» a motivo del fatto che mangiavano solo pesci azzurri, alici e sarde. Se veniva loro chiesto per quale motivo non si cibassero di altre specie di pesci, molluschi, crostacei, la risposta delle donne era che non avendo molto tempo a disposizione, preferivano i pesci più facili da cucinare a quelli che richiedevano una preparazione lunga. In realtà con questa risposta le donne nascondevano agli estranei la pratica della kasheruth (norme alimentari ebraiche, animali permessi e proibiti).

Chiaramente ebraiche erano le usanze legate al rito della sepoltura. La salma veniva accuratamente lavata da un uomo addetto a questa funzione ed avvolta in un lenzuolo di lino: il trasporto al cimitero avveniva originariamente su un catafalco, in epoca più recente in una bara, ma una volta arrivati al luogo della sepoltura il corpo avvolto nel sudario veniva rimosso e seppellito in piena terra. Questo è avvenuto fino al 1884. Quando moriva una persona gli specchi della casa venivano coperti con lenzuola per evitare che l’anima vi si potesse specchiare; inoltre veniva aperta una finestra in modo da permetterle di uscire dalla casa senza passare dalla porta.

Con l’aiuto del Sig. Guardascione sono riuscito a fare un elenco dei cognomi delle antiche

famiglie bacolesi. Dall’analisi svolta è emerso che i cognomi possono essere raggruppati in due categorie: la prima di origine sefardita spagnola e l’altra di Ebrei napoletani, i cosiddetti regnicoli (Ebrei che da sempre vivevano sul territorio). L’elenco che segue, in ordine alfabetico, tiene conto di queste caratteristiche e cerca dove è possibile di spiegare il significato del nome.

1)      Belforte: cognome sefardita spagnolo-portoghese.

2)      Bellitti: cognome sefardita spagnolo, originariamente Bellitty.

3)      Benetozzi: cognome sefardita spagnolo, italianizzazione del cognome Ben Doza.

4)      BendivoglioBentivoglioBentivogli: cognomi legati alla famiglia dei Carrannante, imposti ai bambini che venivano adottati da questa famiglia. Le persone portatrici di questo cognome venivano classificate «gente d’Abramo», dalla terminologia ebraica bnei Avraham avinu, con cui vengono designati i convertiti all’ebraismo.

5)      Canetti: cognome sefardita spagnolo.

6)      Capuano: cognome ebraico napoletano.

7)      Carannante: cognome ebraico napoletano.

8)      Colandrea: cognome ebraico napoletano.

9)      Cordova: cognome sefardita spagnolo. Presso queste famiglie viene ancora praticata la circoncisione.

10)   CastigliolaCostagliolaCostigliola: queste famiglie potrebbero avere un’origine     sefardita, come mutamento del cognome Da costa.

11)   Del Giudice: cognome ebraico napoletano, diretta traduzione dell’ebraico Dayan.

12)   Della RagioneDellaragioneLa Ragione: cognomi che derivano da un solo ceppo   familiare, di   origine napoletana. Secondo l’antica tradizione bacolese gli appartenenti a queste famiglie insieme ai Del Giudice erano le guide e i giudici della comunità, probabilmente le guide spirituali, i rabbini.  
13)   Derviso: cognome di probabile origine napoletana.

14)   De Vivo: le famiglie con questo cognome non sono tra quelle originarie ma con esse si sono fuse nel corso del tempo. Ho inserito questo cognome tra quelli di origine ebraica in quanto si riscontra all’interno di tali famiglie la diffusione dell’onomastica biblica tipica dell’elemento marrano.

15)   Di Benedetto: cognome ebraico napoletano.

16)   De MeoDi Meo: cognome ebraico napoletano.

17)   Farro: cognome sefardita spagnolo.

18)   Franzese: cognome sefardita spagnolo.

19)   Guardascione: cognome ebraico napoletano, originariamente «Guarda Sionne»

20)   IllanoIlliano: cognome di probabile origine sefardita, dall’ebraico ilan albero.

21)   LibertoLiberti: cognome ebraico ancora diffuso a Napoli, antichissimo, in quanto presente nell’area vesuviana nel I sec. E. V. Appellativo dato agli Ebrei affrancati dalla schiavitù deportati in Italia a seguito delle guerre combattute da Roma contro la Giudea.

22)   Lucci: cognome sefardita spagnolo, originariamente Luchi.

23)   Palumbo: cognome ebraico napoletano, dall’ebraico yona, colombo. Anche attestato tra gli Ebrei di Rodi (Grecia) originari dell’Italia Meridionale.

24)   Perreca: cognome sefardita spagnolo.

25)   Rabbino: cognome molto probabilmente di famiglie napoletane, di chiara origine ebraica. Le famiglie bacolesi che portano questo cognome provengono dalla frazione «Cappella», il nucleo più antico della comunità bacolese.

26)   Race: questo cognome conta alcune famiglie appartenenti alla componente marrana originaria da lato materno, per questo motivo ho preferito inserirlo nell’elenco. Il capostipite, un certo Sig. Rax (di origine slava) sposò una marrana bacolese.

27)   Romano: cognome ebraico napoletano. Lo stesso cognome è attestato presso alcune comunità ebraiche del Peloponneso che discendevano da famiglie emigrate dall’Italia

Meridionale dopo l’editto d’espulsione.

28)   Salemme: cognome sefardita spagnolo, diffuso anche in Sicilia e nell’Italia Meridionale, deriverebbe dall’arabo as salam, pace, utilizzato come sinonimo di shalom, secondo la spiegazione che veniva data da alcuni anziani di Bacoli portatori di questo cognome: cosa veramente sorprendente, visto che queste persone sembravano non avere alcuna reminiscenza della lingua ebraica.

Nell’analisi svolta sui cognomi di origine ebraica presenti a Bacoli, ne ho riscontrati diversi non appartenenti al gruppo originario ma provenienti dalle località vicine, tra cui Napoli, per un lento processo d’immigrazione che ha interessato l’area di Bacoli a partire dalla fine dell’800 e nel corso del ‘900.

Ho ritenuto doveroso elencarli in una lista a parte.

1)      Alicante: cognome sefardita spagnolo, di famiglia trasferitasi a Bacoli nel 1930.

2)      Anzalone: cognome sefardita spagnolo, famiglia originaria di Monte di Procida.

3)      Ascione: dall’ebraico «ah Sionne» derivazione dal cognome sefardita spagnolo Axione. La famiglia è originaria da Napoli.

4)      Azzarello: dal nome ebraico Azariyah. Famiglia proveniente da Napoli.

5)      Caiffa: cognome sefardita spagnolo.

6)      Castiglia: cognome sefardita spagnolo, di famiglia stabilitasi a Bacoli agli inizi dell’800.

7)      Cavaliere: cognome sefardita spagnolo.

8)      D’Avino: cognome sefardita spagnolo, originario del regno d’Aragona, diffuso nel XIII secolo nella Francia Meridionale nelle varianti d’Avino, Avino, Davin, Davins. Deriva dall’ebraico avinu che significa nostro padre, appellativo dato ad Abramo. Questo cognome è molto diffuso nell’area di Somma Vesuviana, che ospitava un’importante
comunità ebraica, la sola nell’area vesuviana, convertitasi in toto al cristianesimo probabilmente nel 1511. Il nucleo originario della famiglia era a Terzigno, dove diffuso è il cognome Avino, matrice di tutte le variazioni dello stesso (D’Avino, Davino). Nuclei di questa famiglia erano presenti tra i marrani di Cava dei Tirreni e tra quelli che vivevano nell’isola di Maiorca. Nell’elenco stilato dall’Ufficio dell’Inquisizione spagnola coloro che portavano questo cognome erano da considerarsi di sangue ebraico. La famiglia che vive a Bacoli è di provenienza napoletana.

9)      Escalona: dall’ebraico Ashkelon.

10)   Gesuè: di origine napoletana. 

11)   Giacobbe: cognome di famiglie napoletane, dall’ebraico Yaqob; proveniente da Pozzuoli.

12)   Mele: cognome di origine napoletana.

13)   Navarra: cognome sefardita spagnolo.

14)   Pinto: cognome sefardita spagnolo.

15)   SabatanoSabatini: di origine ebraica, dal nome Shabataj.

16)   Sacco: contrazione del nome Isacco, era presente sia in Spagna che in Sicilia, anche nella variante Sacchi.

17)   Salomone: cognome di famiglie Napoletane di chiara origine ebraica.

18)   Scimone: cognome di origine spagnola, derivante dai cognomi Shimoni, Ximon (Simone).

19)   SimeoneSimone: dal nome ebraico Shimshon.­­­

20)   Spinosa: cognome sefardita spagnolo, famiglia trasferitasi a Bacoli da Molfetta (Puglia).

Che la coscienza ebraica sia presente ancora oggi in molti dei discendenti dei marrani bacolesi

 è un dato incontestabile. Inconsapevolmente essi restano testimoni silenti di quegli Ebrei che hanno sentito più forte l’attaccamento alla loro terra che alla loro fede di origine. Si sono così trasformati in ibridi, non Ebrei e non del tutto cristiani, in modo da poter continuare a vivere nella terra dove sia loro che i loro antenati hanno avuto i natali.


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