pubblicato lunedì 23 novembre 2015
Se due anni fa Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia, aveva ripetuto quasi allo sfinimento che si era trattata della "Biennale degli zainetti”, per il corposo numero di ingressi di studenti, quella di Okwui Enwezor si ricorderà forse come la Biennale dei giornalisti. Sono stati infatti 8mila gli accrediti rilasciati, per addetti alla stampa di tutto il mondo.
I visitatori? Oltre 500mila (nel 2013 furono 475mila), a cui si sommano i quasi 25mila presenti durante le tre giornate di opening. E poi, ancora, i giovani: il 31 per cento del totale. E gli studenti? Il 14 per cento del pubblico, in gruppi, e "la straordinaria partecipazione di università straniere con un incremento del più 100 per cento rispetto al 2013. Niente male, insomma.
E il Presidente che dice, quest'anno? «Se il numero dei visitatori ha raggiunto un traguardo significativo (furono 196mila nel 1999), teniamo sempre a ribadire che questo non è che uno dei dati che utilizziamo per misurare il valore e l’efficacia del nostro lavoro. Per farlo più compiutamente, infatti, dovremmo rendicontare non solo il numero dei giornalisti, dei critici, dei giovani delle scuole, dei visitatori qualificati nel campo dell’arte, ma anche l’intensità della loro visita, lo scambio di conoscenze e l’arricchimento che le opere di tanti artisti, raccolte e composte dal curatore, hanno indotto in quanti sono venuti in tutti questi mesi. Così si misura la ricchezza prodotta dalla Biennale».
Ecco sì, bisognerebbe proprio capire quale ricchezza porta la Biennale al visitatore, e non tanto ai giornalisti, agli artisti o gli addetti ai lavori che, bene o male, edizione più o edizione meno, sanno perfettamente dove andare a parare.
Che la Biennale sia diventato un fenomeno di massa lo abbiamo in effetti scoperto nell'ultimo decennio, e i social media in questa prospettiva hanno fatto ottimamente la loro parte. I dati diffusi in questo campo, sono in effetti tra i più interessanti?
257mila fan su Facebook, ovvero il 13 per cento in più rispetto allo scorso anno e una cifra pazzesca su twitter: 452mila follower con un incremento del 79 per cento rispetto all'edizione 2013 mentre Instagram si "chiude” a quasi 29mila seguaci e quasi 23mila foto postate con l'hashtag #BiennaleArte2015 e 35mila come #BiennalediVenezia. E se ci si somma che Google Cultural Institute permette di continuare la visita alla Biennale online, il gioco è quasi fatto.
La Biennale, insomma, è diventata virale, oltre che "di moda”. E va bene, più o meno, ammesso e non concesso il fatto di perdere scientificità. O di essere un pochino troppo "public”, o "servizio pubblico”. A che ci riferiamo? Per esempio alle scolaresche di bambini entrati durante i giorni della vernice, insieme proprio ai giornalisti. Avessero aspettato un paio di giorni per loro sarebbe cambiato poco, e più di qualcuno avrebbe potuto lavorare un po' più in pace, che già il gran calderone veneziano non è una passeggiata. (MB)
|
Arte, cinema, poesia, letteratura, informazione e formazione, news, curiosità, prevenzione infortuni, ecc.
lunedì 23 novembre 2015
LA BIENNALE HA FATTO BOOM
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento