Quando nel
1973 trasferii la mia famiglia da Settimo Torinese ad Ostia Lido, oltre a dire
addio al clima impietoso della zona, agli odori acri e pesanti che le ditte
farmaceutiche, intorno casa, scaricavano nell'aria, all'inquinamento acustico
della padana superiore che attraversava l'abitato congestionandolo quasi tutto
il giorno e forse ancora, dovetti dire addio anche alle amicizie e alle
conoscenze che inevitabilmente avevo contratto. Prima di partire salutammo
vicini e lontani, lasciando a tutti il nuovo recapito con l'invito sincero a
farci visita, anche senza preavviso.
Uno, però, che non salutammo di sicuro fu il dott.
Aragno, Giuseppe, che mi tornò alla mente nel momento in cui il mio primo
bambino si sentì male una volta a Roma. Come avrei fatto a trovare un altro
medico come lui adesso che ne avevo bisogno ? Mi aveva tirato fuori da una broncopolmonite
con competenza e dedizione. Nei primi momenti della malattia passava per casa
ripetutamente, anche due volte al giorno, e se la degenza presentava qualche imprevisto
non si dava pace fino a quando non aveva trovato il rimedio per eliminarlo.
Quando gli accennai che sarei andato via da Settimo, mi raccomandò di non
trascurarmi, di affidarmi con immediatezza ad un altro medico, ma saranno stati
il clima meno rigido della capitale e le
preoccupazioni della nuova sistemazione, a farmi dimenticare le sue
raccomandazioni fino a che il mio primo figlio non si sentì male.
Come
primo tentativo bussai con mia moglie alla vicina di casa che giovane com'era,
si trovava anche lei nella nostra stessa condizione. Ci consigliò comunque di
rivolgerci alla signora del piano di sopra che avendo tre bambine sicuramente
avrebbe saputo indicarci qualcuno nelle vicinanze. Infatti la donna, moglie di
un brigadiere della Guardia di Finanza, indirizzò le nostre ricerche su Corso
Duca di Genova, dove trovammo un medico che era buono per tutti i mali.
Simpaticissimo. Durante la malattia del bambino diventammo amici e una sera che
venne a casa dopo le ventidue, mi chiese se lo accompagnavo fino all'Infernetto
dove non se la sentiva di andarci da solo.
Forse
erano altri tempi ed altre mutue. Forse le cose sono cambiate dopo l'avvento
del Servizio Sanitario Nazionale che nell'intenzione del legislatore doveva
assicurare parità di assistenza a tutti, ricchi e poveri, a chi lavorava e a
chi non, ma che ha certamente finito con l'ingessare l'assistenza in un
carrozzone unico dove la professione medica ha ceduto il passo al calcolo e al
menefreghismo.
Nel
novantanove percento dei casi prima della riforma sanitaria l'attività medica era
una missione, dopo é diventa solamente una professione, con al centro il medico
e l'ammalato inutile dal venerdì pomeriggio fino a domenica sera. Il medico in
quelle ore non esiste se non a pagamento e la dice lunga anche il trattamento
che attuano nei confronti di chi vi ricorre, sempre ossequiati e riveriti.
Comunque
riuscimmo a trovarne uno che faceva al caso nostro che nei modi ricordava
Aragno. Il suo nome era Kissopulos, italiano ma di origini greche. Era il
nipote di uno di quei greci arrivati in Italia dopo l’unità. Ti scrutava col
suo sguardo amico ed era facile entrare in sintonia con lui. Il più grande dei
due ragazzi incominciò a soffrire di asma allergica e fu lui ad indirizzarci
verso una ricercatrice dell’Università La Sapienza. Quando i guai cominciarono
anche per noi diventò la nostra guida sanitaria, il nostro consigliore, la
persona nella quale fare affidamento rispondendo con sollecitudine alle nostre
chiamate accompagnandoci nella malattia senza eccessive preoccupazioni. Era Lui
che si faceva carico del nostro benessere fisico senza essere invadente e men
che meno approssimativo. La nostra salute è stata al sicuro finchè è vissuto.
Quando arrivò il suo successore restammo amici e l’ultima volta che gli facemmo
visita candidamente, dopo aver scrutato i nostri visi e sinceratori che non
avevamo bisogno di lui professionalmente, disse: - Non ho più memoria di
niente. So per dimenticare chi sono, ma di voi due avrò ancora memoria fino all’ultimo
momento della mia esistenza.
Oggi le cose vanno diversamente,
anche se qualcuno ha voluto ricordarmi di aver fatto il giuramento di Ippocrate,
è difficile trovare un medico capace e scrupoloso. Sono i primi a non saper
vivere la loro condizione in maniera particolare i dentisti che cercano di
lucrare piuttosto che curare ed educare.
Via dell'Università Roma
Quello che nessuno aveva saputo
vedere in venti anni della mia vita, inviandomi alle cure termali annualmente,
lo vide lui in un attimo senza procurarmi gli strazi a cui gli altri mi
sottoponevano per visitarmi. L’ultimo mi aveva anche narcotizzato e spillato
100.000 mila lire.
Di fronte al mio disappunto mi
fece tornare il giorno appresso e un attimo prima che lui me li asportasse
senza accorgermene, la dottoressa che fu incaricata di redigere la cartella con
l’anamnesi patologica mi chiese se poteva guardarmi la gola. Non riuscendo a
vedere niente, mi domandò se ero sicuro di quello che dicevo. Di fronte alla mia
conferma l’altro medico che l’accompagnava per poco non mi strappava la lingua.
Raccontai la cosa a Carlo il quale non si meravigliò affatto dell’insuccesso
dei due. Proferì solamente:- Meno male che sei capitato nelle mie mani. Dopo
due secondi, durante i quali mi asportò i polipi senza avvertire nessun
fastidio, mi accompagnò da mia moglie che era in corsia ad aspettarmi e mi
disse: Fai sentire a tua moglie la tua voce. Essa lo invocò di non farmi
parlare, ma quando sentì proferire il
suo nome con voce forte e chiara restò sbalordita ed incredula.
E’ inutile raccontare le sue
imprese. Morì due anni dopo essere andato in pensione nella sua Orvieto dove
nel tempo libero, la domenica, si dedicava alla cura del suo terreno e delle
sue bestie. Ritengo di essere stato fortunato di averli incontrati, adesso
avrei bisogno di un’anima buona per curarmi il nervo sciatico che mi affligge e
cerca di sconfiggermi senza ancora riuscirci da quando sono andato in pensione.
Ostia Lido 27/11/2015 Gioacchino
Ruocco
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