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Vatileaks 2: Condannati Vallejo e Chaouqui, prosciolti Nuzzi e Fittipaldi
Pronunciata la sentenza dal tribunale vaticano. Le pene comminate sono di 18 mesi per monsignore e di 10 per la donna, ma in quest’ultimo caso è sospesa per 5 anni. Lombardi: «se c’è una legge va rispettata».
AP/LAPRESSE
Pronunciata la sentenza del processo Vatileaks 2
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07/07/2016
FRANCESCO PELOSO
CITTÀ DEL VATICANO
Due condanne per Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, ma solo per alcuni reati e per la Chaouqui inoltre la pena è sospesa, prosciolti i due giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, assolto Nicola Maio «per non aver commesso il fatto». Questa in estrema sintesi la sentenza del processo Vatileaks 2 per il trafugamento e la diffusione di documenti riservati pronunciata oggi dal presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano Giuseppe Dalla Torre. In particolare per i due giornalisti il Tribunale ha «dichiarato il proprio difetto di giurisdizione» in quanto i fatti contestati sono avvenuti al di fuori della giurisdizione dello stesso, cioè non in territorio vaticano, inoltre i due non sono pubblici ufficiali vaticani. Vallejo Balda è stato condannato a 18 mesi di reclusione e Francesca Immacolata Chaouqui a 10 mesi di reclusione ma la pena è stata sospesa per la durata di 5 anni in merito ai reati connessi con il trafugamento e la diffusione di documenti. Ancora da sottolineare che gli imputati Vallejo Balda, Chaouqui e Maio sono stati assolti invece dal reato di associazione a delinquere “per non aver commesso il fatto”. In riferimento a Nuzzi e Fittipaldi il Tribunale ha ricordato che il diritto divino garantisce la manifestazione del pensiero e la libertà di stampa nell’ordinamento giuridico vaticano.
Il presidente del Tribunale ha fatto poi un’ordinanza in base alla quale Vallejo Balda resta nella sua condizione di semilibertà, ci sono tre giorni a disposizione per gli imputati per presentare appello. Vallejo attualmente non può uscire dallo Stato vaticano, può telefonare ma non può uscire dai confini dello Stato vaticano, ha spiegato padre Federico Lombardi.
Rispondendo poi ad alcune domande, padre Lombardi ha osservato che «se c’è una legge la legge va rispettata, e qui parliamo di una legge del 2013 - nell’ambito di una riforma del sistema giudiziario vaticano – che dice chiaramente che c’è un reato di divulgazione di notizie riservate, e se uno vuole essere coerente deve tener conto che c’è una legge che contempla tale reato», ne va anche della credibilità internazionale della Santa Sede, ha rilevato padre Lombardi, sottolineando come l’aggiornamento legislativo in corso è osservato anche dall’esterno. Dunque il Vaticano ha anche il dover di applicare le nuove leggi. Inoltre ha affermato Lombardi, è stato dimostrato che se anche un ecclesiastico trasgredisce una legge viene processato, non è un problema che tocca solo i laici. Di fatto, ha poi spiegato Lombardi, tecnicamente non si può dire che i due giornalisti siano stati assolti in quanto il Tribunale «non è entrato nel merito» delle accuse, non li ha giudicati nemmeno.
I giudici inoltre - ha osservato il direttore della Sala stampa della Santa Sede - non sono arrivati con una soluzione già precostituita in testa, ma hanno ascoltato tutti, hanno seguito il dibattimento e si sono fatti un’idea in base ad esso, si sono ascoltati anche la lezioncina del dottor Mieli sulla libertà di stampa. «A me sembra una bella lezione di ricerca di verità e trasparenza – ha affermato ancora Lombardi - con gli strumenti che sono accessibili alla giustizia umana in un contesto in cui tutti noi cerchiamo la trasparenza l’onesta, la capacità di mettere i problemi sul tavolo. Se uno si è sentito tutto il dibattimento ha visto che è stato detto tutto in modo molto esplicito. A me è sembrata una bella lezione di impegno di ricerca con strumenti umani attraverso un cammino di dialogo il raggiungimento della verità delle cose».
«La sentenza – ha detto ancora Lombardi - mi sembra molto giusta e molto clemente, molto umana. Paolo VI ha introdotto nel sistema penale vaticano una legge famosa la legge 50, di grande clemenza che dà come indicazione quella di ridurre sempre le pene che vengono comminate, un’indicazione molto bella di applicazione umana del diritto. Ne fanno riferimento anche nella sentenza».
A commento della sentenza, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, ha diffuso pure una nota nella quale commenta alcuni aspetti della sentenza, a cominciare dall’opportunità o meno di celebrare il processo. «Si doveva fare – afferma padre Lombardi – per dimostrare la volontà di combattere con decisione le manifestazioni e le conseguenze scorrette delle tensioni e polemiche interne vaticane, che da un certo tempo si riflettono troppo frequentemente anche all’esterno tramite indiscrezioni o filtrazioni di documenti ai media».
All’udienza di oggi, che conclude il primo grado del processo, era presente il collegio giudicante composto da Giuseppe Dalla Torre, Piero Antonio Bonnet, Paolo Papanti-Pellettier e Venerando Marano e tutti gli imputati: Lucio Ángel Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui e Nicola Maio, quindi i due giornalisti, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi.
L’accusa nei giorni scorsi aveva chiesto quattro condanne e un’assoluzione; in particolare tre anni e un mese per monsignor Lucio Angel Vallejo Balda; tre anni e nove mesi per Francesca Immacolata Chaouqui; un anno e un mese per Nicola Maio; un anno per il giornalista Gianluigi Nuzzi. Era stata invece chiesta l’assoluzione per insufficienza di prove per il secondo giornalista imputato, Emiliano Fittipaldi.
Stamane in ogni caso la Chaouqui aveva fatto un’ultima dichiarazione, mentre gli altri imputati hanno rinunciato a questa opportunità. «Chiedo scusa alla Corte – ha detto la Chaouqui - per le altre dichiarazioni fatte da me in aula e alla stampa, che non rispecchiavano il mio pensiero: sono una persona orgogliosa e rabbiosa, il mio carattere mi porta a commettere errori. Ma ora voglio esprimere stima per la Corte, se non l’avessi avuta non avrei partecipato al processo». «L’avvocatessa Laura Sgrò - ha aggiunto - ha vissuto passo passo le mie sofferenze di questi mesi per la distruzione della mia immagine come professionista e come essere umano. Non sono la persona che è emersa. Qualsiasi pena non sarà mai più grande della sofferenza sperimentata in questi mesi». Quindi ha detto: «ero a conoscenza dell’attico di Bertone da 2 anni perché avrei dovuto aspettare a divulgare le carte? A casa ho tutti documenti e potrei darli a chi voglio. Non lo faro’ mai. Mi hanno arrestata perché ho detto di aver dato un documento a Nuzzi. Loro davano per scontato che l’avessi fatto. Ma il documento word sul “Vatican asset management” che ho detto di aver mandato a Nuzzi era solo una rassegna stampa».
«Oggi è una giornata storica - ha ribadito Nuzzi dopo la lettura della sentenza del processo - non solo per noi cronisti ma anche per questo piccolo Stato che sta alle mie spalle perché siamo stati assolti, perché abbiamo fatto il nostro lavoro di giornalisti e quindi non solo c’è un difetto di giurisdizione espresso dalla corte ma la corte stessa ha riconosciuto che noi abbiamo svolto bene il nostro mestiere come abbiamo detto fin dall’inizio. Non siamo nè martiri, nè eroi abbiamo fatto il nostro dovere».
«Penso che il Vaticano sia stato coraggioso - ha aggiunto Fittipaldi - questo è stato un processo kafkiano per quanto riguarda l’accusa, la sua conclusione secondo me è stata positiva. Il Vaticano ha fatto un passo avanti: se il giornalismo viene fatto rispettando tutte le regole deontologiche e ovviamente le notizie sono vere» questo non può che essere l’esito. Ma «la sentenza non era scontata, è un giorno importante per tutta la comunità dei giornalisti».
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