Pubblicare
l'immagine di una persona indagata o arrestata è un atto che il diritto di cronaca non può pretendere.
Quando una persona indagata non è
ancora condannata ha diritto alla riservatezza che la privacy richiede. -
L'immagine va pubblicata quando sarà condannato con esito definitivo per i reati che ha compiuto ed accertati senza
niente togliere al diritto di cronaca.
Le smentite, quando arrivano, sono meno
di un trafiletto e cioè poche parole.
IL DIRITTO DI CRONACA
Il fondamento del diritto di cronaca è nell’art. 21
Cost., in quanto libera manifestazione del pensiero. La cronaca si distingue
dalle varie forme di espressione, riconducibili a quella norma costituzionale,
principalmente per due ragioni. In primo luogo, si manifesta attraverso la narrazione
di fatti. In secondo luogo, si rivolge alla collettività
indiscriminata.
Essendo la cronaca narrazione di fatti rivolta alla
collettività, se ne deduce che la sua funzione è quella di informare la
collettività. Quella collettività il cui ruolo, nella società democratica, è
inequivocabilmente delineato dall’art. 1 Cost., laddove dice che “La sovranità
appartiene al popolo”. Ed è proprio questa attribuzione di sovranità a
connotare ulteriormente la funzione della cronaca.
La collettività, infatti, delega periodicamente la
gestione della “cosa pubblica” (res publica) ai suoi rappresentanti
eletti in Parlamento. E la delega deve avvenire con piena cognizione di causa.
La collettività deve avere un quadro dettagliato sia di ciò che accade nel
Paese, sia delle persone alle quali delega l’esercizio della sovranità. Ma, non
disponendo di mezzi idonei, ecco che gli organi di informazione si incaricano
di puntare i riflettori su quegli aspetti la cui valutazione determina la scelta
del delegato. Di qui l’insostituibile funzione della cronaca: la raccolta di
informazioni e la loro diffusione, in virtù del rapporto
privilegiato che gli organi di informazione vantano con la realtà, allo scopo
di consentire al popolo un corretto e consapevole esercizio di quella sovranità
che l’art. 1 Cost. gli attribuisce.
Tuttavia, vi sono articoli di cronaca riguardanti
personaggi o aspetti che non presentano punti di contatto con la gestione della
cosa pubblica, ma che per vari motivi destano l’interesse della collettività.
Si pensi agli artisti, ai campioni dello sport, agli argomenti culturali. Anche
su questi personaggi e argomenti la collettività va tenuta informata. Qui la
funzione della cronaca è quella di mantenere saldo il legame che unisce la
collettività al personaggio, nonché di agevolarne la crescita intellettuale.
Sotto questo aspetto si può dire che la collettività
vanta un vero e proprio diritto alla informazione. O perché è funzionale
all’esercizio di quella sovranità che per Costituzione le appartiene, o perché
ne favorisce la crescita in termini culturali e intellettuali. Ma si potrebbe
affermare che esiste, in correlazione al diritto della collettività ad essere
informata, anche un obbligo di informazione?
Un necessario chiarimento. Qui un eventuale “obbligo
di informazione” non andrebbe riferito né specificamente alla persona del
giornalista (o a chi comunque informa la collettività), né allo scopo di
fondare un giudizio di responsabilità in caso di mancata osservanza. Un
giornalista non può essere costretto a pubblicare una notizia, né può essere
ritenuto responsabile nei riguardi della collettività per non averla informata.
Al limite, ciò potrà avere rilevanza nel suo rapporto contrattuale con
l’editore. In realtà, si tratta soltanto di verificare se, in base ad alcune
norme, tra collettività ed organi di informazione si possa delineare un
rapporto che, sebbene privo di rilevanza giuridica, sia tale da attribuire alla
manifestazione di pensiero che accompagna la cronaca un valenza tutta
particolare all’interno dell’art. 21 Cost.
Ebbene, di vero e proprio obbligo di informazione si
potrebbe formalmente parlare con riferimento a quei soggetti che esercitano un
servizio dichiarato pubblico dalla legge, perché inteso in favore della collettività
indiscriminata. Secondo le leggi di disciplina del sistema radiotelevisivo che
finora si sono succedute, l’attività radiotelevisiva ha sempre costituito “un
servizio di preminente interesse generale”. E alla relativa attività di
informazione è sempre stata attribuita la massima importanza, dal momento che “I
soggetti titolari di concessione per la radiodiffusione sonora o televisiva in
ambito nazionale sono tenuti a trasmettere quotidianamente telegiornali o
giornali radio” (art. 20, comma 6°, L. n. 223/1990, nota come “legge
Mammì”, confermato dalla L. n. 112/2004, nota come “legge Gasparri” e dall’art.
7, comma 2° lett. b), D.Lgs. n. 177/2005, noto come “Testo Unico della
radiotelevisione”). L’attività informativa radiotelevisiva è dunque un obbligo
per i maggiori concessionari.
Per la carta stampata, non c’è dubbio che molti
quotidiani e periodici a diffusione nazionale assolvano ad una funzione
informativa indispensabile per la collettività. Ma è anche vero che nella L. n.
47/1948 (“legge sulla stampa”) non vi è norma sulla quale fondare un obbligo di
informazione analogo a quello dei concessionari radiotelevisivi nazionali.
Tuttavia, l’attività di quasi tutti i quotidiani e i periodici è esclusivamente
informativa. Per non dimenticare, poi, quelle norme deontologiche che
disciplinano la professione giornalistica e che espressamente parlano di
“diritto dei cittadini all’informazione” e di “diritto dovere di cronaca”,
senza fare distinzione tra mezzi di informazione.
Dati questi presupposti, è evidente come la cronaca
assuma una posizione di netto privilegio rispetto alle altre forme di
manifestazione del pensiero garantite dall’art. 21 Cost. Si tratta dunque di
scoprire in cosa consiste esattamente questo privilegio.
Di norma, i limiti alla libertà di manifestazione del
pensiero sono rappresentati dal rispetto di quei diritti inviolabili che l’art.
2 Cost., norma “aperta” a sempre nuove istanze di tutela della persona, fin
dalla sua nascita si è incaricato di accogliere e garantire: a cominciare da concetti
come onore, decoro, reputazione. Diritti della persona che l’ordinamento tutela
attraverso la previsione di reati come l’ingiuria(art. 594 c.p.) e la diffamazione (art.
595 c.p.). E, nel conflitto tra manifestazione del pensiero e diritto
inviolabile, è sempre quest’ultimo a prevalere.
Non così per il diritto di cronaca. Costituendo al
tempo stesso espressione della libertà di pensiero ed insostituibile strumento
di informazione al servizio esclusivo della collettività, il diritto di cronaca
vanta una tutela rafforzata. E finisce per prevalere sul diritto del singolo
individuo, anche se “inviolabile”. Il reato di diffamazione, l’illecito civile,
qui non sorgono, pur in presenza di una obiettiva lesione, perché è lo stesso
ordinamento giuridico a permetterla (art. 51 c.p.: “L’esercizio di un
diritto […] esclude la punibilità”). Nel linguaggio giuridico in questo
caso si dice che il comportamento illecito è scriminato, e la
lesione non dà luogo ad alcuna responsabilità.
Tutela rafforzata, ma non assoluta. Il diritto
inviolabile del singolo individuo soccombe di fronte all’esigenza informativa,
ma nel rispetto di alcune precise condizioni. Di stabilire quali siano queste
condizioni si è incaricata la giurisprudenza, a partire dalla storica sentenza
che scrisse il cosiddetto decalogo del giornalista (Cass. 18 ottobre 1984 n.
5259). Secondo tutti i giudici che, a partire da quella storica sentenza, si
sono ritrovati a dover affrontare problematiche relative al diritto di cronaca,
quest’ultima si configura correttamente soltanto quando concorrono i seguenti
tre requisiti: a) la verità dei fatti (oggettiva o
“putativa”); b) l’interesse pubblico alla notizia; c) la continenza
formale, ossia la corretta e civile esposizione dei fatti.
In assenza anche di uno solo di questi requisiti, il
diritto inviolabile risorge in tutta la sua pienezza, rendendo illecita la
manifestazione di pensiero.
Un’ultima considerazione va fatta riguardo ai soggetti
che possono beneficiare del diritto di cronaca. Sarebbe errato sostenere che il
privilegio di informare è riservato al giornalista. L’art. 21 Cost. non può
riguardare una ristretta categoria. In realtà, l’ambito di applicazione del
diritto di cronaca non è riferito al soggetto che lo esercita, ma al mezzo attraverso
il quale viene diffuso il pensiero.
Così, il diritto di cronaca va riconosciuto a chi
narra fatti o esprime un pensiero utilizzando un mezzo tecnicamente idoneo ad
informare una cerchia indeterminata di persone. Quindi, non solo al
giornalista, ma anche a chi scrive sul giornalino della scuola o
dell’università, su un volantino poi distribuito al pubblico, a chi interviene
in un forum o tiene un blog su internet. Persino chi scrive sui muri della
città può invocare il diritto di cronaca, se vengono rispettati gli altri requisiti
(interesse pubblico e continenza formale), anche se il più delle volte i
messaggi scritti sui muri, non riportando fatti ma giudizi, risultano meglio
riconducibili alla problematica della critica.
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