venerdì 22 settembre 2017

TO PLAY THE FLUTE”, SIMONE FORTI A MILANO. NELLA PRIMA E DELICATA “FURLA SERIES” AL MUSEO DEL NOVECENTO


“TO PLAY THE FLUTE”, SIMONE FORTI A MILANO. NELLA PRIMA E DELICATA “FURLA SERIES” AL MUSEO DEL NOVECENTO

   
   
 
“To play the flute”, Simone Forti a Milano. Nella prima e delicata “Furla Series” al Museo del Novecento
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Sala Fontana, Museo del Novecento. Affaccio su piazza del Duomo di Milano con la Struttura al Neon di Lucio Fontana, realizzata per la IX Triennale di Milano nel 1951 sopra la testa, appunto. Silenzio. Tre tele nere sono stese a terra e tre performer arrivano ad alzarle come piccole barricate tra noi, pubblico, e loro, attori, la parte che si mette in scena. Quella parte vulnerabile (noi stessi) che sceglie se mostrarsi, e come, o no. E lo fa con gli abiti, con i colori che si portano addosso, come lo fanno questi ragazzi girando, come le pagine di un taccuino, i tessuti ancorati all'anima di questo quadro. Cantando. Tutto questo si intitola Clothes, azione del 1967 di Simone Forti, che da oggi e per tre giorni vedrà il suo "reenactment” al museo milanese grazie a Fondazione Furla, nella prima tranche di "Furla Series” intitolate "Time after Time Space after Space” a cura di Bruna Roccasalva e Vincenzo De Bellis. Si tratta di un programma di cinque focus su danza, coreografia e performance che metteranno in scena le produzioni di altrettanti artisti di diverse generazioni e poetiche.
A Simone Forti, nata a Firenze nel 1935 e di casa a Los Angeles, il compito di aprire le danze in maniera delicata, silenziosa, con "To play the flute”, ovvero quattro azioni realizzate in un periodo compreso tra il 1961 e il 1968, dove il corpo è strumento per tracciare piccole epopee e scoperte quotidiane. Non potrete credere alle vostre orecchie di fronte a Censor, dove canto e sferragliare metropolitano sono uno di fronte all'altro, in un corpo a corpo difficile da tollerare e dove sembra ovviamente vincere la violenza della meccanica; vi farà riflettere la scalata umana di Huddle, 1961, mentre più misterioso – seppur visto in diverse occasioni – è Sleepwalkers del 1968: Simone Forti, all'epoca, si trovava a Roma ed era a stretto contatto con il gruppo de L'Attico di Fabio Sargentini. In quei mesi italiani l'artista, osservando gli animali in cattività allo zoo di Roma, ideò questo progetto meditativo, minimo,  basato sui comportamenti che si sviluppano in relazione all'ambiente in cui si è costretti a vivere. 
I turni di visione, da oggi e fino a sabato 24, sono due. Noi vi consigliamo di mettervi in fila. Sapete, non capita spesso di essere al cospetto di una leggenda della danza e della coreografia contemporanea (seppur in senso metaforico, visto che Forti non è presente a Milano), con vista sulla città al tramonto. 

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