1. L’unica evidenza nel rapporto tra dialetti e lingue nella terminologia della linguistica italiana sembra essere quello di una subalternità ideologica dei primi nei confronti delle seconde e ciò in maniera del tutto impropria rispetto alle realtà dei linguaggi regionali e delle parlate locali.
2. Un tal rapporto di potere può e deve essere abolito, conservando l’ufficialità dell’italiano ed elevando allo statuto di linguaggi regionali i più importanti idiomi della Repubblica, anche in pieno ossequio della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, così che le singole regioni decidano in sovrana autonomia i nomi da dare ai differenti insiemi linguistici del proprio territorio, ai particolari sottoinsiemi e alle loro rispettive funzioni sociali e culturali.
3. Il napoletano ha tutte le carte in regola per dirsi lingua ad ogni effetto. Non è infatti una modalità o una varietà dell’italiano, sia di quello standard che di quello storico, né si sottopone all’ufficialità dell’italiano per motivi di maggior prestigio della lingua nazionale, ma soltanto in forza di un più vantaggioso comodato d’uso.
4. Per altro la stragrande maggioranza dell’agire comunicativo in italiano dei milioni di persone che hanno nel napoletano il loro idioma originario parla la lingua nazionale in modo che di questa è tutt’al più solo una delle sue varianti peninsulari.
5. Sono del parere che tra dialetto e lingua non vi possa essere alcuna differenza sostanziale, perché:
A. le due nozioni hanno lo stesso senso, tranne il fatto che, se ogni dialetto è lingua, non è poi vero che ogni lingua sia un dialetto (almeno in questa fase storica);
B. un dialetto è inoltre lingua, anche se si considera variante subalterna di una lingua prevalente (come accade a ogni dialetto della lingua napoletana e come accadde per il napoletano e il fiorentino quali originarie forme dialettali del latino);
C. una lingua storica non ha nulla di eccellente o eccezionale, per il fatto di esser parte di un insieme storico di lingue affini e interdipendenti di cui sono membri anche i dialetti (così sono, infatti, l’italiano, il napoletano e altri idiomi d’Italia, come pure il francese e lo spagnolo, con le loro lingue regionali e i dialetti rispettivi);
D. l’eccellenza stessa dell’italiano letterario e di quello scientifico è soltanto una variante (dialettale) della lingua standard nazionale.
6. Tutto ciò rende necessario e per molti aspetti obbligatorio che il Consiglio della Regione Campania si decida alfine a promuovere per legge la tutela, la valorizzazione e l’insegnamento della lingua napoletana e degli altri linguaggi regionali, sia in ossequio alle Carte internazionali dei diritti personali e alle direttive della Comunità Europea, sia per mettersi alla pari con la legislazione in atto della maggioranza delle Regioni italiane.
2. Un tal rapporto di potere può e deve essere abolito, conservando l’ufficialità dell’italiano ed elevando allo statuto di linguaggi regionali i più importanti idiomi della Repubblica, anche in pieno ossequio della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, così che le singole regioni decidano in sovrana autonomia i nomi da dare ai differenti insiemi linguistici del proprio territorio, ai particolari sottoinsiemi e alle loro rispettive funzioni sociali e culturali.
3. Il napoletano ha tutte le carte in regola per dirsi lingua ad ogni effetto. Non è infatti una modalità o una varietà dell’italiano, sia di quello standard che di quello storico, né si sottopone all’ufficialità dell’italiano per motivi di maggior prestigio della lingua nazionale, ma soltanto in forza di un più vantaggioso comodato d’uso.
4. Per altro la stragrande maggioranza dell’agire comunicativo in italiano dei milioni di persone che hanno nel napoletano il loro idioma originario parla la lingua nazionale in modo che di questa è tutt’al più solo una delle sue varianti peninsulari.
5. Sono del parere che tra dialetto e lingua non vi possa essere alcuna differenza sostanziale, perché:
A. le due nozioni hanno lo stesso senso, tranne il fatto che, se ogni dialetto è lingua, non è poi vero che ogni lingua sia un dialetto (almeno in questa fase storica);
B. un dialetto è inoltre lingua, anche se si considera variante subalterna di una lingua prevalente (come accade a ogni dialetto della lingua napoletana e come accadde per il napoletano e il fiorentino quali originarie forme dialettali del latino);
C. una lingua storica non ha nulla di eccellente o eccezionale, per il fatto di esser parte di un insieme storico di lingue affini e interdipendenti di cui sono membri anche i dialetti (così sono, infatti, l’italiano, il napoletano e altri idiomi d’Italia, come pure il francese e lo spagnolo, con le loro lingue regionali e i dialetti rispettivi);
D. l’eccellenza stessa dell’italiano letterario e di quello scientifico è soltanto una variante (dialettale) della lingua standard nazionale.
6. Tutto ciò rende necessario e per molti aspetti obbligatorio che il Consiglio della Regione Campania si decida alfine a promuovere per legge la tutela, la valorizzazione e l’insegnamento della lingua napoletana e degli altri linguaggi regionali, sia in ossequio alle Carte internazionali dei diritti personali e alle direttive della Comunità Europea, sia per mettersi alla pari con la legislazione in atto della maggioranza delle Regioni italiane.
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