Pulcinelli acrobati Giandomenico Tiepolo (Zianigo, 30 agosto 1727 – Venezia, 3 marzo 1804) – |
E’ la maschera che impersona il simbolo
universale della napoletanità, di cui incarna l’esuberanza, il potere comunicativo della mimica e del canto,
lo spirito ironico, il cuore generoso, la filosofia pratica e disincantata.
La maschera di Pulcinella è stata rappresentata da molti validi artisti
come Giandomenico Tiepolo (Zianigo, 30
agosto 1727 – Venezia, 3
marzo 1804) che nel 1791 a Zianigo affrescò la villa di famiglia con opere
come “Pulcinelli Acrobati” e produsse una serie di disegni dedicati al
“Divertimento per li ragazzi, carte n.104”, riprendendo il personaggio di Pulcinella, e facendo la parodia della società
veneziana. La figura di Pulcinella in questa raccolta di disegni appare
spettrale, disorientato e beffardo, ma
immerso nel contesto della realtà del Settecento. Giuseppe Bonito (Castellammare di Stabia, 1707 – Napoli, 19
maggio 1789), un pittore del periodo Rococò, nella sua opera “Mascherata con Pulcinella”, oggi al Museo
di Capodimonte di Napoli, dà vita ad un’opera di genere popolaresco con un
forte chiaroscuro applicato in
maniera personale dipingendo un
ritratto della sua città e del suo tempo. Cuono Gaglione, nato ad Acerra nel
1947, ha dipinto un “Monumento a Pulcinella”, una sorta di insolita natura
morta, un’accumulazione di grandi maschere e decine di figure di Pulcinella
come marionette senz’anima. Ad Acerra
c’è un Museo di Pulcinella, del Folklore e della Civiltà contadina, sito in un’ala del Castello appartenuto ai feudatari
della città, tra aratri e vecchie suppellettili, si è cercato di far rivivere
il folklore e la cultura contadina di Terra di Lavoro, l' antica Liburia, da
cui ebbe origine la maschera di Pulcinella, a cui è dedicata una sezione dell'
esposizione. Anche nel cuore del centro storico di Napoli, in uno dei
palazzi barocchi più rinomati, vi è la Casa Museo di
Pulcinella dedicato alla più famosa tra le maschere italiane della commedia dell’arte, caratterizzato
da un costume bianco con camicione e larghi pantaloni da servo, con un cappello
a pan di zucchero, da una mezza
maschera scura, con il naso adunco e doppia gibbosità, buffo e
allampanato, con la voce chioccia,
dall’uso del dialetto napoletano e dall’inclinazione alla danza, a una comicità
leggera e a un accentuato gioco mimico.
Pulcinella è un mixer di comicità e tragedia, di
buffonaggine e di filosofia, di esuberanza verbale e di pigrizia, di
irriverenza verso ogni istituzione e servilismo per poter sopravvivere, una
figura ambivalente di ciò che vuole diventare un essere umano e di ciò che un
essere umano combatte in sé e negli altri. E’la personificazione comica
dell’abbandono popolaresco a tutti gli istinti peggiori come la golosità, il
furto, la furbizia il dolce far niente, la lascivia, l’incoerenza,
l’opportunismo, la menzogna ed il pettegolezzo svelando qualsiasi segreto e
mettendone tutti al corrente da dove deriva
la famosa locuzione in uso “il segreto di Pulcinella”. Il suo cognome è
Cetrulo, cioè citrullo, una variante di origine napoletana della parola
cetriolo, proprio con il significato di
persona sciocca che agisce con poco cervello Naviga sempre in un mare di guai e
le sue avventure, anzi disavventure, si concludono col
prendere tante bastonate, anche quando comincia lui a darle. Questa
maschera è stata adottata da altre culture europee con denominazioni variamente
derivate come Polchinelle in Francia e Punch in Inghilterra.
Secondo la
tradizione, è nato ad Acerra, un paese in provincia di Napoli di antichissime
origini e tuttora fiorente mercato agricolo. La leggenda legata alle sue
origini si riferisce ad un racconto attribuito all’abate Ferdinando Galiani,
letterato ed economista ( Chieti 1728 –
Napoli 1787 ), il suo nome deriva da Puccio d’Aniello, che era un contadino di
Acerra. Un giorno, mentre questi stava vendemmiando allegramente, anche per le
abbondanti bevute di vino consumate assieme ad altri contadini sia maschi che
femmine, passò di lì una compagnia di Commedianti che “ si videro
inaspettatamente sorpresi dai saluti contadineschi, dai loro motti e dai loro
frizzi e…..cominciarono a difendersi e
rispondere alle beffe di quelli.”. Puccio d’Aniello che aveva il naso lungo e
la faccia annerita dal sole si mostrò particolarmente faceto, di spirito arguto e capace di deridere e
beffare i Commedianti riuscendo “di sopraffarli ond’essi con somma vergogna non
seppero trovar miglior difesa, che quella di partirsene.” In realtà i teatranti si erano divertiti
molto negli scontri verbali, legati
nel sud ai rituali stagionali
d’insulto non solo durante la vendemmia, ma anche durante la mietitura, la
raccolta delle olive e di altri prodotti della terra. Così chiamarono nella
loro compagnia comica quel contadino così faceto ed arguto che incontrò ad ogni
rappresentazione il favore del pubblico dando vita alla maschera di Pulcinella
come tipo fisso teatrale.
L’origine teatrale del personaggio nell’ambito della Commedia dell’Arte,
secondo le fonti storiche più accreditate, si fa risalire all’attore Silvio
Fiorillo che, partendo da Napoli nel 1584, a capo di una sua compagnia, e
girando per altre città italiane, rese famoso il capitano spagnolo Matamoros,
ma dal 1621, tornato a Napoli comincia ad intepretare la maschera di
Pulcinella, ripresa dalla tradizione popolare ed elevata a personaggio
teatrale. Anche Eduardo De Filippo (1900-1984) vestì spesso i panni di Pulcinella,
soprattutto all'inizio di carriera. Massimo
Ranieri (1951), nella stagione teatrale 1986-87 è
stato un raffinato interprete dello spettacolo teatrale "Pulcinella"
di Maurizio Scaparro. Massimo
Troisi (1953-1994) fu anche lui un buon Pulcinella, con
il film di Ettore
Scola Il viaggio di Capitan Fracassa del 1990 portando la sua versione della maschera
napoletana sul grande schermo. Pino
Daniele (1955-2015) nel suo album d'esordio Terra mia (1977) interpreta nel brano Suonno d'ajere la parte di un Pulcinella malinconico
e rabbioso che, toltosi la maschera, pensando al dolore dei poveri e dei
diseredati, medita un'azione di rivolta.
Pulcinella, pur avendo tanti
difetti, alla fine è proprio lui che impersona il simbolo universale della
napoletanità, di cui incarna l’esuberanza, il
potere comunicativo della mimica e del canto, lo spirito ironico, il
cuore generoso, la filosofia pratica e disincantata.
Anna Iozzino
Storica dell'arte
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