venerdì 1 aprile 2011

Anna Iozzino: dal mensile la Medusa 1963


Fantasia su Castellammare nella magia della notte.



     Quando cala la notte e le luci delle case si spengono ad una ad una, Castellammare di Stabia si addormenta serena adagiata tra il mar Tirreno e monte Faito. La luna scivola sulla città e sfuma e trasfigura i contorni delle cose.

     Il bosco di Quisisana vibra di fruscii! indistinti: il canto roco e un po' sonnolento dei grilli e delle cicale, lo stormire delle foglie mosse dalla leggera brezza, che si leva dalle acque e lo sciacquio monotono della « fontana dei Re » si fondono in una musica arcana, che sfiora le case sperdute tra il verde e fa rabbrividire le foglie dei castagni, degli ontani e delle antiche querce. Migliaia di lucciole brillano fra i rami di questo  vecchio bosco, dove spesso venne « Ser Boccaccio a novellare » e dove la giovane poetessa Aganoor tradusse in malinconici versi la sua pena di amore: « Staremo ad ascoltare i mormoranti rami, — nello spavento dell'ebbrezza — senza uno sguardo, senza una carezza — pallidi in volto come agonizzanti ».
    
     Le colline di Scanzano e di Pozzano si divertono a narrare alle stelle, che a migliaia bruciano il cielo, la storia di « Stabiae » l'antica città distrutta nel 79 dall'eruzione del Vesuvio e che ora dorme pietrificata nel cuore della piccola collina dì Varano.

     L'ex Palazzo Reale e il maestoso Castello Angioino sono assorti in meravigliosi voli retrospettivi, mentre ai piedi del monte Gauro, le ventotto « Sorgenti della salute » cantano la loro gioia di essere venute alla luce, dopo aver rapito al grande cuore della montagna i preziosi sali, che ora tengono imprigionati nelle loro fresche gocce.

     La luna illumina a giorno le strade, che si snodano in tutte le direzioni, e indugia quasi.compiaciuta sulle piazze, che, di notte, così deserte, appaiono più grandi e maestose. Le antenne televisive sembrano tanti angeli stilizzati, che vegliano sul sonno della città.

     Solo il vicolo Santa Caterina è buio e le case quasi sembrano soffocare questa stretta viuzza, che neppure i raggi della luna riescono a rischiarare. I colori, le voci, i più impensati e disparati odori, che nel giorno impazzivano nell'aria e davano al passante un senso di capogiro, ora si sono assopiti assieme a questa gente, che dorme sognando una bella casa, dove il sole entra dalle finestre aperte e dove « 'a muffa » non « saglie p' 'o ntonaco d' 'e mmure ».

     A Piazza Orologio un uomo un po' brillo sta raccontando ad un cane randagio una storia strana e complicata e di tanto in tanto sorride alle stelle, felice di aver trovato finalmente qualcuno che lo capisca. Il vecchio fiume Sarno scorre pigramente cullando i pensieri di alcuni pescatori, che, soli, stanno bevendo a grossi sorsi la struggente tenerezza che vibra nell'aria fresca e profumata di queste notti d'estate.

     All'alba, quando le stelle incominceranno ad impallidire, i pescatori torneranno a casa e nel cuore avranno imprigionato l'acre odore del fiume, il fruscio del vento, che passa tra le canne con un flebile suono di liuto e la gioia immensa di essere restati cosi a lungo, soli con se stessi, fermi per ore, come se il tempo non esistesse più.

     Il castello di Rovigliano, che alla foce del Sarno proietta la sua ombra scura nell'aria, da secoli, immobile, guarda le acque amare del fiume confondersi e sparire nelle immense braccia del mare...

ANNA IOZZINO



La Medusa -  Anno II, n° 5 – 10 novembre 1963

Collezione Iozzino

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