mercoledì 5 settembre 2018

AUTENTICARE LE OPERE D’ARTE TRA DIRITTO E MERCATO

AUTENTICARE LE OPERE

D’ARTE TRA DIRITTO E MERCATO
Autenticare le opere d'arte
Far autenticare le opere d’arte presenti nelle nostre abitazioni può essere una delle esperienze più faticose che ci aspettano. Se è vero che la verifica dell’autenticità di un’opera d’arte è uno dei passaggi fondamentali che deve fare un collezionista al momento dell’acquisto è anche vero, infatti, che le modalità di attribuzione e di autenticazione sono diverse e variano a  seconda che si tratti di un’opera di un autore vivente o defunto. Un problema che conoscono bene tutti coloro che sono in possesso di opere acquistate, magari, negli anni Sessanta, ma prive della documentazione oggi prevista dalla legge. Fino agli anni Settanta non esisteva, d’altronde, almeno in Italia, un reale obbligo per il venditore di rilasciare un attestato di autenticità. Tale obbligo entrerà in vigore, infatti, solo nel 1971 con la Legge Pieraccini. E in molti casi, anche dopo quella data, se si è fortunati l’autenticità di un’opera è affidata ad un’etichetta o ad una scritta sul retro in cui l’autore attesta la propria paternità di quel lavoro. Ma non è detto che oggi al mercato basti. Come potrebbe non bastare neanche l’autentica rilasciata da soggetti legittimati dalla legge, ma non riconosciuti come “autenticatori di riferimento” da galleristi e case d’asta. Senza pensare al caso in cui tale autentica venga addirittura negata o disconosciuta in un secondo momento. Per saperne di più ne abbiamo parlato con l’avvocato Angela Saltarelli, collaboratrice dello Studio Jacobacci e membro della Commissione per il Diritto dell’Arte del network internazionale BusinessJus.
Nicola Maggi: L’autentica è uno dei documenti fondamentali per il collezionista. Cosa cambia tra l’averla e il non averla?
Angela Saltarelli: «L’autenticità costituisce probabilmente per il collezionista la qualità più importante di un’opera d’arte. Il rilascio dell’autentica attesta che un’opera abbia un certo valore artistico, attribuendone la paternità ad un determinato artista.  Tuttavia, l’autentica ha un valore duplice: sia artistico, sia economico. Infatti, l’assenza di tale documento comporterà una svalutazione del valore dell’opera, al momento della successiva vendita».
N.M.: Esiste una distonia tra mercato e diritto per quanto riguarda le autentiche?
A.S.: «Sebbene il diritto preveda alcune disposizioni specifiche in materia di autentica, il mercato segue spesso delle regole diverse. Infatti, al di là di qualsivoglia accertamento giudiziale dell’autenticità dell’opera, sul mercato ciò che conta è la presenza dell’attestazione di autenticità da parte del soggetto che il mercato stesso considera l’“autenticatore di riferimento”. Ad esempio, nel caso dell’artista Mario Sironi, fino a qualche anno fa, a rilasciare le autentiche c’erano da una parte il figlio dell’artista insieme alla gallerista Claudia Gian Ferrari, dall’altra il professore Francesco Meloni. Il mercato tendeva a privilegiare le autentiche provenienti dal Prof. Meloni. Pertanto, talvolta le autentiche provenienti da parte dei soggetti legittimati ai sensi dell’art. 23 della legge sul diritto d’autore italiana, ossia i congiunti più stretti, non sono ritenuti sufficienti per il mercato, qualora il mercato richieda che l’autentica provenga da un diverso soggetto o che l’opera sia stata debitamente archiviata».
N.M.: E qui si inserisce la cosiddetta Autentica di archiviazione. Di cosa si tratta?
A.S.: «Si tratta dell’inserimento dell’opera da parte dell’archivio dell’artista all’interno del catalogo generale – comprensivo di tutte le opere autentiche dell’artista – o ragionato. Quest’ultimo è una selezione di opere da parte dell’archivio dell’artista, costituito generalmente dall’artista, se ancora vivente, mentre post mortem ne fanno solitamente parte gli eredi dell’artista insieme ad alcuni esperti. L’archiviazione può quindi costituire un’evidente prova dell’autenticità dell’opera, al di là del certificato di autentica. Ad esempio nel caso di Modigliani, le cui opere sono tra le preferite tra i falsari, il mercato è dominato da una grande incertezza e il catalogo di Ambrogio Ceroni, pubblicato per l’ultima volta nel 1972 – seppur lacunoso – costituisce il catalogo ragionato maggiormente autorevole dell’artista. Le maggiori case d’asta raramente accettano di vendere opere che non siano inserite nel catalogo Ceroni e le opere presenti in tale catalogo sono generalmente acquistate ad un prezzo fino a quattro volte superiore rispetto ad altri dipinti dell’artista. Il certificato di autentica può anche essere sostituito dall’archiviazione come avviene nel caso dell’Archivio di Piero Manzoni, che propone di non rilasciare alcun certificato di autenticità, bensì di archiviare solo le opere riconosciute come autentiche».
Autenticare le opere d'arte - Ambrogio Ceroni, Amedeo Modigliani peintre, Galleria del Milione, Milano 1958
Ambrogio Ceroni, Amedeo Modigliani peintre, Galleria del Milione, Milano 1958
N.M.: Esistono dei casi in cui però, l’artista ha disconosciuto opere già inserite in catalogo o si è rifiutato di autenticare un’opera…
A.S.: «Sì, esistono dei casi in cui l’artista ha disconosciuto o si è rifiutato di inserire opere già pubblicate in catalogo. Si pensi, ad esempio, al caso di Gerhard Richter che ha disconosciuto alcune opere giovanili realizzate nel periodo in cui frequentava la Düsseldorf Art Academy. Infatti, tra il 1962 e il 1968 l’artista tedesco realizzò delle opere realistiche e figurative, uno stile che secondo l’artista non lo rappresenta più e che ha espressamente voluto escludere dal proprio catalogo ragionato, rimuovendo alcune opere già presenti e impedendo l’ingresso di opere giovanili non ancora archiviate. Sebbene il diritto a disconoscere un’opera costituisca il legittimo esercizio da parte dell’artista del proprio diritto di paternità, tuttavia ci si interroga se sia corretto affidare all’artista la redazione del proprio catalogo ragionato consentendogli di decidere sulla propria eredità artistica, considerate le ripercussioni che tali decisioni hanno sul mercato, oltre al fatto che il catalogo ragionato – secondo alcuni esperti –  deve considerarsi un documento con valore storico».
N.M.: In questi casi il collezionista come viene tutelato?
A.S.: «Nel caso di disconoscimento successivo, così come nel caso di rifiuto di rilascio dell’autentica da parte dell’artista, o dopo la sua morte da parte degli aventi diritto o di esperti, l’unica possibilità per il collezionista è quella di esperire un’azione giudiziale per richiedere l’accertamento giudiziale dell’autenticità dell’opera. Qualora si rivalga contro il venditore, il collezionista potrà richiedere anche la risoluzione o l’annullamento del contratto di vendita, salvo in entrambi i casi il risarcimento dei danni».
N.M.: Anche nel caso di vittoria della causa, però non è detto che tutto sia risolto…
A.S.: «Purtroppo è vero. Infatti, talvolta l’accertamento giudiziale non è sufficiente per il mercato, dove contano i pareri di coloro che sono riconosciuti quali “autenticatori ufficiali” per un determinato artista. In proposito, si pensi ad un caso statunitense in cui un gruppo di mercanti avevano citato in giudizio il venditore di un’opera chiamata “Rio Nero”, dopo che uno dei più importanti esperti di Alexander Calder l’aveva reputata falsa. Sia in primo grado, sia in appello l’opera fu, al contrario, ritenuta autentica, a dispetto di quanto ritenuto dall’esperto di Calder. L’opera, sebbene dichiarata autentica giudizialmente, risulta invendibile sul mercato».
N.M.: Capita poi che neanche la parole dell’artista basti a certificare l’autenticità di un’opera. Come è possibile?
A.S.: «In virtù della summenzionata distonia tra mercato e diritto. Infatti, mentre per il mercato la parola dell’artista può essere considerata sufficiente, invece per il diritto l’ultima parola spetta al giudice, coadiuvato dai pareri delle perizie tecniche d’ufficio e delle parti. In proposito, due casi giurisprudenziali italiani molto famosi riguardano il noto artista Giorgio De Chirico. Nel celebre caso “Sabatello De Chirico” il proprietario di un’opera intitolata “Piazza Italia” aveva richiesto l’accertamento giudiziale della stessa, dopo che l’artista l’aveva giudicata falsa nel 1946. Ebbene, in primo grado l’opera fu dichiarata autentica, mentre la corte d’appello e la cassazione la giudicarono falsa sulla base di esiti peritali differenti, confermando l’opinione dell’artista. Si noti che le perizie furono disposte nonostante l’artista fosse ancora in vita ed avesse espressamente disconosciuto l’opera. Nel secondo caso l’opera “Souvenir D’Italie II” fu dichiarata falsa giudizialmente, sebbene la firma dell’opera da parte di De Chirico fosse stata autentica da notaio».
N.M.: Un’ultima domanda. Spesso le fondazioni che tutelano l’opera di un’artista si fanno pagare per rilasciare un’autentica. E’ una pratica corretta o si rischia il conflitto di interessi?
A.S.: «Diciamo che il conflitto di interessi non mi sembra nasca in virtù del pagamento di qualche centinaia di euro per le attività prodromiche al rilascio dell’autentica, bensì è connessa ad altri fattori ossia all’attitudine monopolistica di alcune fondazioni artistiche nel rilascio dei certificati d’autentica, che sembrano voler restringere il numero di opere presenti sul mercato per poter vendere delle opere, in loro possesso e da loro stesse autenticate, ad un prezzo più alto. E’ questa l’accusa mossa alla Andy Warhol Foundation nell’ambito di un processo instaurato dal collezionista Simon Whelan. Per la prima volta, tale domanda relativa ad un’asserita violazione antitrust da parte della fondazione era sopravvissuta alla cosiddetta “motion to dismiss”; il procedimento ha avuto, tuttavia, una definizione transattiva.  Attendiamo altri casi simili per vedere quale sarà l’esito giudiziale al riguardo».
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