MARIA MANTELLO - Giulio Regeni, riconosciuto dalla punta del naso
Orecchie mozzate unghie strappate... tagli, abrasioni, ecchimosi dappertutto, costole rotte…
Un corpo massacrato che la madre ha potuto riconoscere dalla punta del naso.
Quel naso a cui chissà quante volte, quando suo figlio era bimbetto, aveva accostato il suo: punta contro punta nella serenità di baci olfattivi.
Quel naso che forse i torturatori avevano in qualche modo risparmiato, per poter far rinvenire Giulio ... per poi ricominciare a fare di quel corpo poltiglia. Lo dice anche quel volto «piccolo piccolo» che la madre trova il coraggio di guardare, come ci dice alla conferenza stampa in Senato del 26 marzo: «Ho l’immagine di mio figlio all’obitorio... il suo viso che era bello solare era diventato piccolo piccolo... Non vi dico che cosa non hanno fatto a quel viso».
Sevizie indicibili (speriamo di non dover mostrare mai quelle foto, dichiara con pudore sua madre). Sevizie che sappiamo sono durate per lunghi lunghissimi 10 giorni... fino a spezzarne la vita. Ricordiamolo: questo hanno fatto i luridi carnefici, assassini di Giulio Regeni, sequestrato il 25 gennaio e fatto ritrovare sfigurato in un fosso alla periferia del Cairo.
È il volto dell’Egitto della repressione, retto da Abdel Fattah al-Sisi.
Un volto che il governo italiano per interessi economico-diplomatici cercava di non vedere, ma che il caso Regeni ha messo davanti agli occhi di tutti.
Il volto di un Egitto squassato dai conflitti teocratico-sociali. Dove basta un nonnulla per essere sbattuti in carcere o condannati a morte con processi sommari. Dove - denuncia Amnesty International - avvengono sparizioni forzate in carceri segrete presso basi militari.
Un paese dove il velo alle donne si fa strada, e che Reporter Senza Frontiere mette ai primi posti al mondo per numero di giornalisti imprigionati.
Ala Al-Aswani, lo scrittore egiziano autore del best seller internazionale Palazzo Yacoubian ha dichiarato a febbraio scorso alla stampa: «Il livello di repressione è altissimo, più che ai tempi di Mubarak. All'epoca almeno si era liberi di dissentire. Oggi c'è più censura, ci sono più arresti politici, c'è gente che scompare. E c'è anche gente che muore in maniera misteriosa. Ma questo accade agli egiziani. Agli occidentali si cerca sempre di mostrare un lato migliore anche se irreale. Raramente sperimentano il vero volto della polizia egiziana».
Ma quel volto poliziesco lo ha visto su di sé Giulio Regeni.
Giulio, che la madre ha riconosciuto all’obitorio di Roma dalla punta del naso, nel volto diventato piccolo piccolo: «su quel viso ho visto il male. Ho detto qui si è riversato tutto il male del mondo. Perché? ho detto».
A questo perché pretendiamo tutti risposta. Per Giulio e per tutti quanti lottano anche in Egitto per la democrazia, la laicità, i diritti umani.
Allora facciamo nostre le parole della madre di Giulio: «Se il 5 aprile dalla visita degli investigatori egiziani verrà un nulla di fatto, confidiamo in una risposta forte del nostro governo».
Maria Mantello
(2 aprile 2016)
Un corpo massacrato che la madre ha potuto riconoscere dalla punta del naso.
Quel naso a cui chissà quante volte, quando suo figlio era bimbetto, aveva accostato il suo: punta contro punta nella serenità di baci olfattivi.
Quel naso che forse i torturatori avevano in qualche modo risparmiato, per poter far rinvenire Giulio ... per poi ricominciare a fare di quel corpo poltiglia. Lo dice anche quel volto «piccolo piccolo» che la madre trova il coraggio di guardare, come ci dice alla conferenza stampa in Senato del 26 marzo: «Ho l’immagine di mio figlio all’obitorio... il suo viso che era bello solare era diventato piccolo piccolo... Non vi dico che cosa non hanno fatto a quel viso».
Sevizie indicibili (speriamo di non dover mostrare mai quelle foto, dichiara con pudore sua madre). Sevizie che sappiamo sono durate per lunghi lunghissimi 10 giorni... fino a spezzarne la vita. Ricordiamolo: questo hanno fatto i luridi carnefici, assassini di Giulio Regeni, sequestrato il 25 gennaio e fatto ritrovare sfigurato in un fosso alla periferia del Cairo.
È il volto dell’Egitto della repressione, retto da Abdel Fattah al-Sisi.
Un volto che il governo italiano per interessi economico-diplomatici cercava di non vedere, ma che il caso Regeni ha messo davanti agli occhi di tutti.
Il volto di un Egitto squassato dai conflitti teocratico-sociali. Dove basta un nonnulla per essere sbattuti in carcere o condannati a morte con processi sommari. Dove - denuncia Amnesty International - avvengono sparizioni forzate in carceri segrete presso basi militari.
Un paese dove il velo alle donne si fa strada, e che Reporter Senza Frontiere mette ai primi posti al mondo per numero di giornalisti imprigionati.
Ala Al-Aswani, lo scrittore egiziano autore del best seller internazionale Palazzo Yacoubian ha dichiarato a febbraio scorso alla stampa: «Il livello di repressione è altissimo, più che ai tempi di Mubarak. All'epoca almeno si era liberi di dissentire. Oggi c'è più censura, ci sono più arresti politici, c'è gente che scompare. E c'è anche gente che muore in maniera misteriosa. Ma questo accade agli egiziani. Agli occidentali si cerca sempre di mostrare un lato migliore anche se irreale. Raramente sperimentano il vero volto della polizia egiziana».
Ma quel volto poliziesco lo ha visto su di sé Giulio Regeni.
Giulio, che la madre ha riconosciuto all’obitorio di Roma dalla punta del naso, nel volto diventato piccolo piccolo: «su quel viso ho visto il male. Ho detto qui si è riversato tutto il male del mondo. Perché? ho detto».
A questo perché pretendiamo tutti risposta. Per Giulio e per tutti quanti lottano anche in Egitto per la democrazia, la laicità, i diritti umani.
Allora facciamo nostre le parole della madre di Giulio: «Se il 5 aprile dalla visita degli investigatori egiziani verrà un nulla di fatto, confidiamo in una risposta forte del nostro governo».
Maria Mantello
(2 aprile 2016)
25 commenti a “MARIA MANTELLO - Giulio Regeni, riconosciuto dalla punta del naso”
Gentile Cremaschi, mi scusi se sarò off topic ma la prego di occuparsi, in un prossimo intervento, dei lavoratori della Bonatti sequestrati ed uccisi in circostanze ancora "misteriose" in Libia.
C'è stato un silenzio pressochè assoluto nei lunghi mesi della loro detenzione ed il silenzio si è fatto addirittura assordante dopo la liberazione di due di loro e l' omicidio degli altri.
Colpite dalla medesima tragedia della famiglia Regeni, le famiglie Piano e Failla ( chi ne ricorda i nomi?) in tutta evidenza non hanno santi in Paradiso ed infatti sono immediatamente scomparse dall' attenzione dei media. E' chiaro : non dovevamo scandalizzarci nè commuoverci - ci commuoviamo a comando - per la fine di due lavoratori immediatamente scaricati in diretta TV persino dal Presidente del Consiglio in persona ... e nessun medium a protestare.
Le circostanze del loro assassinio sono ancora oscure ma a nessuno interessa chiarirle nè ci sono state vibranti proteste riguardo l' inaccettabile resistenza a consegnare i cadaveri da parte di un Governo straniero che tutti i media ci dipingono come impotente quando non di fatto inesistente. Consegna finalmente avvenuta, come sappiamo, ad autopsia già effettuata ed eventuali scomodissime prove già occultate.
Da sindacalista ( chi lo è stato una volta lo è per sempre, immagino) le chiedo di risvegliare l' attenzione dei suoi lettori nei confronti di quei tanti lavoratori che operano in zone pericolosissime e magari sono anziani, eseguono compiti poco "interessanti", non sono trendy insomma. Come lei sa certamente meglio di me in questi tempi in cui occorre rincorrere la pensione sempre più a lungo e ad ogni costo, la libera scelta di recarsi a lavorare all' estero è sempre più un optional.
Presto la Trevi opererà a Mosul. Si tratta certamente (anche) di una copertura all' invio di militari italiani in quel luogo. Si ricorrerà a maestranze locali ma i lavoratori italiani saranno molti. Non vorrei che per motivi di "opportunità" in caso di incidenti le loro famiglie fossero avvolte dal medesimo, complice, inaccettabile silenzio.
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Ora si occupa esclusivamente di carità nei riguardi del sottoproletariato "estero" e di seguire l' onda mediatica dei "casi umani" riguardanti ragazzi giovani, belli, immancabilmente "solari" ed "impegnati", di famiglie abbienti, onnipresenti sui media ed ovviamente "dignitose". I lavoratori, magari bruttarelli ed anziani, si sa, non sono altrettanto mediatici, e neppure, spesso, i famigliari non altrettanto "dignitosi". Insomma, non reggono il teatrino e tendono a disperarsi umanamente...
Quindi meglio il silenzio, il pianto del popolo fa male al re, la "dignità" della borghesia serve quanto meno a perdere tempo, traccheggiare, poromettere, fino a quando - se occorre - tutto verrà dimenticato ( vedi Ilaria Alpi).
Concordo su molte delle cose che ha scritto, ma trovo ugualmente orrendo ciò che è avvenuto.
Faccio notare però che non ci hanno raccontato con altrettanta dovizia di particolari come erano ridotti i corpi dei lavoratori della Bonatti... Ovviamente, con le autopsie avranno messo un po' a posto il tutto nascondendo ciò che dovevano nascondere. Dopo l' ultima offesa in diretta TV da parte di Renzi ("Il Governo non sapeva nulla" tradotto: arrangiatevi...)
Sempre più la piccola borghesia dei lavoratori viene fatta scomparire. Quella piccola borghesia che si era risollevata dalla povertà col proprio lavoro, che aveva studiato e fatto studiare i propri figli, che aveva iniziato a viaggiare, a consumare con un occhio alla qualità/prezzo. Che leggeva, andava al cinema, si informava. Che mandava avanti il Paese con le sue tasse ed i consumi.
Ora fa da parco buoi, da portafogli al quale impunemente si attinge per rimpolpare le due categorie apicali: in alto la "buona" borghesia dei professionisti, dei "nuovi" imprenditori , degli intellettuali politicamente corretti o opportunamente scorretti ( un po' di pepe ci vuole...) questi ultimi generalmente "di sinistra". Hanno conoscenze nei posti che contano e le vie del mondo sono loro aperte perchè hanno le spalle sempre coperte (Guccini). Si muovono agevolmente nello spazio globale e godono di ampi spazi per evadere i tributi.
Sotto quelli che non hanno più nulla da perdere, quindi nulla può essere loro tolto. Campano di carità, spesso ai confini della legalità, disagevole ma nei fatti intoccabile: non disturbare il can che dorme.
Un tempo gli studenti ed i lavoratori impegnati protestavano per diritti ed equità per tutti. Ora studenti piccoloborgesi ( i giovani altoborghesi studiano all' estero...) e lavoratori sono troppo demotivati ed ossessionati dalla pagnotta, quindi i diritti dei più poveri vengono rivendicati - a singhiozzo - dai cosiddetti "centri sociali".
Sic transit gloria mundi.
Che sarebbe come dire nel caso di un attentato terrorista alla metro o a un museo, "e perchè tu eri lì?". o di quello a un giornale: "e tu perchè eserciti la libertà di espressione?" o se fai un'analisi sociologica, scomoda al regime. "ma chi te l'ha fatto fare?"
O nel caso di stupro: " potevi non uscire di sera, o non portare la minigonna, i tacchi, i pantaloni... " insomma la colpa è tua che provochi: se non avessi il seno, le curve se ti mascherassi sotto un bewl burqa....
Del resto un iman egiziano a proposito delle donne che i Egitto rifiutano il velo non ha detto: "Facciano pure... se vogliono essere stuprate".
sarà un iman che fà autocritica?
Esiste la responsabilità personale che però non è mai di moda. Esiste il prevedere tutte le possibili conseguenze delle proprie azioni.
Certamente a ciascuna donna è consentito vestire come le pare ( e ci mancherebbe...) però se gira seminuda di notte in un quartiere malfamato e sola dovrebbe sapere che qualche rischio lo corre e che ciò che è "giusto" in certe situazioni non è utile : si asterrà quindi di farlo o prenderà un taxi o si farà accompagnare.
Le famose due Simone che sono andate tutte felici e sprovvedute in un luogo di guerra avrebbero dovuto pensare bene prima di partire. Lo hanno fatto ugualmente ed in maniera privata. Lo stato, per liberarle, ha speso ingenti somme andate ad impinguare il traffico di armi della guerriglia o della malavita locali, peggiorando ulteriormente i problemi di quei luoghi. La responsabilità personale delle due ragazze in questo caso è stata massima; la protervia con cui hanno dichiarato "ci torneremo" prendendo per i fondelli chi aveva lavorato per il loro ritorno ed i contribuenti che avevano pagato il loro riscatto, avrebbe meritato una immediata ripartenza col primo volo disponibile. Non si può fare l' "eroe" a spese altrui. Ricordiamoci sempre di Calipari morto per salvare l' "eroina" Sgrena e tutto ciò che ne è seguito a livello nazionale ed internazionale. Era il suo lavoro, d' accordo, ma...
L' Egitto è un Paese complicato e si sa. Si sa ampiamente quale caos regna e come viene mantenuto il potere. Non è ancora chiaro cosa esattamente il povero giovane facesse laggiù e forse non lo sapeva fino in fondo nemmeno lui. C'è una ondata giovanilista nel mondo che ricorda fin troppo da vicino quella che ha preceduto l' avvento del fascismo e, ragionando, 27 anni sono pochi per affrontare certi ambienti: l' esperienza di vita conta, eccome.
La verità va certamente cercata ma attenzione: chi si espone deliberatamente ad un pericolo deve esserne cosciente e comportarsi di conseguenza.
Purtroppo le cose andranno per le lunghe perchè l' Egitto è un partner troppo importante per gli affari e la posizione geopolitica che occupa, quindi i genitori del povero Regeni verranno fatti "sfogare" ai massimi livelli ma otterranno ben poco, come sempre accade.
Come ben sanno le famiglie dei lavoratori della Bonatti, che in luoghi ben più pericolosi sono andati non per fare " i ricercatori" ( ma quanti ce ne sono?) ma per arrivare alla pensione, sempre più lontana dopo la legge Fornero.
E sono d' accordo sull' impegno del governo italiano a operare per arrivare definitivamente alla verità, alla punizione dei colpevoli, e a porre le basi perché non si verifichino più episodi del genere.
Però mi piacerebbe anche che il governo italiano operasse per ottenere lo stesso risultato per tutti i casi verificati in Italia. (Bolzaneto, caso Cucchi et.)
Lo sdegno apparirebbe sicuramente più credibile.
cordiali saluti
A proposito di Giuliana Sgrena:quello che succede nelle zone di guerra ce lo devono raccontare solo i giornalisti "embedded?"
Si chiama responsabilità personale.
Se fosse stato mio figlio lo avrei messo in guardia.
Ragionamento squallido. Se veniamo a conoscere pezzi di verità sulle guerre, è perché ci sono, e ci sono state persone che erano sul posto e che hanno lavorato onestamente. Che poi lo abbiano fatto per lavoro, ambizione o altro, ha per me poca importanza:ci hanno reso e ci rendono comunque un importante servizio.
A parte che anche gli inviati di guerra di "sinistra" (non parlo di Regeni che non ci entra) vedono la guerra "da sinistra" e non come vorremmo noi in maniera imparziale ( imparzialità impossibile), nessuno ha mai detto che chi va in posti che si sanno ampiamente pericolosi "se la sia cercata".
Dico solamente che chi rischia - sapendo di rischiare - deve sapere che può rimetterci di suo. Video piangenti e lamentanti con conseguenza drammatiche per coloro costretti ad intervenire dovrebbero avere la dignità di risparmiarseli: sono ampiamente maggiorenni e vaccinati, il pericolo è ampiamente conosciuto, lo si affronti con dignità e con responsabilità personale o si resti a casa.
Il gioco è troppo importante e coinvolge la vita di troppe persone perchè chiunque possa parteciparvi. E questo vale anche per i militari, che da tempo sono volontari ben pagati: non vorremmo nuovamente avere Coccioloni imploranti ( e genitori piangenti : il figliolo stava così bene in divisa...) da dover togliere dai guai con conseguente sputtanamento di tutto il Paese, vite in pericolo e milioni da pagare dalla fiscalità generale...
Il caso Marò purtroppo non ci fa ben sperare, quelli si lamentano pure serviti e riveriti assieme ai loro famigliari a casa del nostro Ambasciatore in India... Figurarsi prigionieri dei tagliagole!
In guerra si muore: non è youtube. Meglio evitare, dunque. Per tutti.
"...gli inviati di guerra di "sinistra" ...vedono la guerra "da sinistra" e non come vorremmo noi in maniera imparziale (imparzialità impossibile),....
1) Io preferisco leggere inviati di guerra "di sinistra" perchè penso che siano
più liberi e obiettivi.
Lei pensa che giornalisti "di centro" o "di destra" siano più obiettivi?
2) ..come vorremmo noi...
Noi chi?
Lettori moderati, conservatori, reazionari?
3) ...(imparzialità impossibile)...
Alla fine lo riconosce Lei stessa che la cosidetta imparzialità è impossibile.
Francamente mi domando che cosa si intende per "imparzialità".
Micromega potrebbe aprire un dibattito.
Io penso che i giornalisti facciano gli interessi dei giornali che li mandano lì, altrimenti non sarebbero lì' ma a casa loro. E questo vale per tutti.
Come vorrebbe ciascuno di noi a seconda delle proprie idee. ( A proposito, non ho mai capito chi sarebbero i "moderati", i "conservatori" ed i "reazionari": di questi tempi soprattutto. Attenzione alle etichette che potrebbero rivelarsi, nei fatti, l' esatto contrario di ciò che indicano...)
Infatti l' imparzialità è impossibile, mettiamoci il cuore in pace. Imparzialità dovrebbe essere descrizione dei fatti come si svolgono, ma ci sono infiniti studi che indicano che ciascuno "legge" i fatti in maniera diversa; si pensi alle testimonianze in tribunale.
Quando poi i fatti ci vengono raccontati da persone che vengono pagate per raccontarceli in un certo modo, a seconda del sentiment dei lettori di riferimento, l' imparzialità diventerà ancora più difficile.
@ D' Errico
Eh, sì, le etichette servono a quanto pare: il pensiero complesso è fuori moda, meglio sintetizzare, etichettare e buttare... Non sia mai che qualcuno coltivi qualche dubbio...
ovvero ciò che è il pensiero della maggioranza e che i media a suon di tam tam vogliono che passe come verità, verità che è sempre molto più complessa di quanto ci vogliono far credere, cosa che penso sia anche nel caso Regeni ; ma far l'elenco di i tanti elementi che i grandi media tacciono sarebbe troppo lungo e non vorrei essere nuovamente mal inteso.
Nel caso della politica globale, i dittatori sanguinari ci vengono indicati con dovizia di particolari (antrace incluso) al solo scopo di indirizzare la nostra "sete di giustizia" esattamente nella direzione che è utile a loro.
Con le certezze ed i sentimenti occorre stare molto attenti: sono molto facili da indirizzare. Nei fatti conosciamo solo cosa ci viene detto e mostrato. E ciò che ci viene detto e mostrato - ed il modo con cui ci viene mostrato - è sempre accuratamente pianificato ed utile a qualcuno, lassù.
Il caso Regeni mi ricorda il triste caso dei giovanni cattolici desaparecidos in Argentina, i quali seguendo la linea di Pueblas sulla opzione preferenziali per i poveri, venivano esposti ad alto rischio, mentre le gerarchie cenavano con i loro carnefici.