sabato 11 luglio 2015

DirittoD'autore.it - IL TRATTAMENTO FISCALE E PREVIDENZIALE



Ultimo aggiornamento: 3 gennaio 2014
Tramite i messaggi 19 settembre 2013, n. 14802, intitolato “compensi per l’utilizzo e lo sfruttamento economico del diritto di autore e del diritto di immagine. Assoggettamento a contribuzione obbligatoria“, e 28 novembre 2013, n. 19435, sempre intitolato “Compensi per l’utilizzo e lo sfruttamento economico del diritto di autore e del diritto di immagine. Assoggettamento a contribuzione obbligatoria” l’INPS ha fornito un chiarimento in ordine al trattamento contributivo di somme percepite a titolo di compenso per lo sfruttamento economico di opere dell’ingegno tutelate dal diritto di autore, e del diritto di immagine.
Nel primo messaggio l’INPS fornisce una serie di soluzioni interpretative utili, anche tramite apposite schede sinottiche che riepilogano il trattamento fiscale e contributivo dei compensi. Nel secondo messaggio INPS smentisce alcune affermazioni rese nel primo messaggio.
Per una più diffusa trattazione in ordine all’inquadramento normativo generale, si rinvia alla circolare ENPALS n. 1 del 15 gennaio 2004 (reperibile sul sito dell’Istituto, alla sezione ex ENPALS).
Sul piano tributario, il compenso per lo sfruttamento economico del diritto di autore, è assoggettato a diversa imposizione a seconda che risulti percepito:
dall’autore;
da aventi causa a titolo gratuito (es. eredi o legatari dell’autore);
da soggetti che abbiano acquisito a titolo oneroso l’utilizzazione economica del diritto medesimo.
Nel primo caso, la percezione, da parte dell’autore, del compenso per l’utilizzazione economica di opere tutelate configura, salvo che si tratti di proventi conseguiti nell’esercizio di impresa commerciale ovvero assimilabili ai redditi di lavoro dipendente, l’esercizio abituale di arti o professioni e comporta il trattamento del compenso medesimo alla stregua di reddito di lavoro autonomo. Per la determinazione del reddito imponibile, all’importo del compenso si applica una deduzione forfettaria delle spese di produzione pari al 25% (per contribuenti con età superiore a 35 anni) ovvero al 40% (per contribuenti con età pari o inferiore a 35 anni) della misura del compenso medesimo (cfr. art. 54, co. 8, primo periodo, TUIR). Nell’ambito del modello Unico PF, le informazioni sono riportate nel quadro RL (altri redditi), sez. III (altri redditi di lavoro autonomo): in particolare, nel rigo RL25, si rileva l’importo lordo del compenso e, nel rigo RL29, l’importo della deduzione forfettaria per spese.
Nel secondo caso, il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra nella categoria dei redditi diversi e costituisce reddito imponibile per l’intero importo. Nell’ambito del modello Unico PF, le informazioni sono riportate nel quadro RL (altri redditi), sez. II-A (redditi diversi): nel rigo RL13 si rileva l’importo del compenso.
Anche nel terzo caso, il compenso per l’utilizzazione economica del diritto di autore rientra nella categoria dei redditi diversi, ma all’importo lordo del compenso si applica una deduzione forfettaria delle spese di produzione in misura pari al 25% del suo importo (art. 71, TUIR). Nell’ambito del modello Unico PF, le informazioni sono riportate nel quadro RL (altri redditi), sez. II-A (redditi diversi): nel rigo RL13 si rileva l’importo del compenso al netto della deduzione forfettaria spettante.
Sotto il profilo previdenziale, INPS dichiara che il reddito per lo sfruttamento economico del diritto di autore risulta soggetto a imposizione esclusivamente laddove derivi – fatti salvi i rari casi in cui è assimilato al reddito di lavoro dipendente e, pertanto, soggetto a tassazione da parte del datore di lavoro – dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di arti e professioni, vale dire la fattispecie sopra inquadrata alla lettera a).
Ai fini dello svolgimento delle attività di accertamento di eventuali irregolarità contributive desumibili dall’incrocio delle informazioni fiscali e previdenziali, di norma, il soggetto titolare dei redditi in questione può rientrare in una delle seguenti fattispecie:
si tratta di un libero professionista iscritto ad una delle forme previdenziali previste dal D.Lgs. n. 509/1994 e dal D.Lgs. n. 103/1996 (Casse dei professionisti);
è un artista iscritto al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo ex ENPALS (di seguito, per brevità, “Fpls”);
si tratta di un lavoratore autonomo non iscritto ad una delle Casse dei professionisti e non rientrante nelle categorie degli artisti iscritti alla gestione di cui al punto 2.
Nel primo caso, l’obbligo contributivo sussiste nei limiti e sulla base delle regolamentazioni adottate dalle singole Casse.
Nel secondo caso, l’obbligo contributivo (e informativo), in deroga ai principi generali che regolano l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori autonomi, sussiste in capo al datore di lavoro, con diritto di rivalsa nei limiti della contribuzione posta a carico del lavoratore (aliquota vigente 9,19% incrementata al 10,19% per la parte di compenso che supera la misura prevista dall’art. 3-ter del D.L. n. 384/1992 convertito dalla L. n. 438/1992). Inoltre, si richiama l’attenzione sulla circostanza che, in base alle regole che regolano l’assicurazione IVS del Fpls, sono da assoggettare a contribuzione previdenziale tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo maturati nel periodo di riferimento in relazione al rapporto di lavoro (principio di competenza). Fanno eccezione al criterio della competenza unicamente le gratificazioni annuali e periodiche, i conguagli di retribuzione spettanti a seguito di norma di legge o di contratto aventi effetto retroattivo e i premi di produzione, che sono assoggettati a contribuzione nel mese di corresponsione (principio di cassa), vale a dire istituti retributivi tipici del lavoro subordinato e che, solo in particolari assetti, possono essere legittimamente concepiti nell’ambito di rapporti di lavoro autonomo. E’ questo, ad esempio, il caso delle cd. royalties, vale a dire quelle forme di remunerazione la cui misura (e sovente la stessa insorgenza) è legata al risultato commerciale della diffusione dell’opera (es. numero di supporti audiovisivi venduti).
Sulla base dell’art. 43, co. 3, della legge 289/2002, i compensi percepiti dall’autore, per l’utilizzazione economica del diritto di autore rimangono esclusi dalla base contributiva e pensionabile fino al limite del 40% dell’importo complessivo dei compensi percepiti dal lavoratore per la medesima attività lavorativa, da intendersi comprensivo della remunerazione per la prestazione lavorativa effettuata e del corrispettivo connesso alla cessione dello sfruttamento economico dei citati diritti (cfr. circ. ENPALS n. 1/2004).
Sotto il profilo operativo, al fine di definire il trattamento contributivo del compenso per la cessione del diritto di autore rilevato dalla dichiarazione dei redditi, è necessario:
– accertare che l’erogazione del compenso si collochi nell’ambito di un rapporto di lavoro, ancorché di natura autonoma, ovvero sia comunque ad esso riconducibile. Al riguardo, sovente, l’erogazione del compenso per la cessione dello sfruttamento economico del diritto di autore viene effettuata, generalmente sulla base di circostanziate clausole contrattuali, in epoca successiva (talora in periodi di imposta successivi) rispetto allo svolgimento della prestazione lavorativa;
– inquadrare tutti i compensi erogati dal medesimo datore di lavoro nel corso del tempo, anche avvalendosi delle dichiarazioni contributive;
– sommare l’importo totale dei compensi percepiti per la prestazione lavorativa e per la cessione dello sfruttamento del diritto di autore;
– calcolare la contribuzione esentando dall’assoggettamento a contribuzione l’importo del compenso per la cessione dello sfruttamento economico del diritto di autore entro la misura del 40% dell’importo dei compensi complessivamente percepiti in relazione a quello specifico rapporto di lavoro.
Le categorie artistiche titolari del diritto di autore iscritte al Fpls sono individuate, sulla base della l.d.a., nelle seguenti:
– sceneggiatore teatrale, cinematografico o di audiovisivi (cod. 043);
– regista teatrale, cinematografico o di audiovisivi (cod. 041);
– dialoghista adattatore cinetelevisivo o di audiovisivi (cod. 044);
– soggettista (cod. 046);
– compositore/arrangiatore (cod. 075);
– coreografo (cod. 091);
– architetto (cod. 131);
– costumista(cod. 132);
– scenografo (cod. 133);
– bozzettista (cod. 134);
– creatore di fumetti, illustrazioni e disegni (cod. 136).
Pertanto, eventuali compensi per lo sfruttamento del diritto di autore a favore di qualifiche professionali diverse da quelle sopra indicate non godono del beneficio di esenzione contributiva introdotto dalla richiamata L. 289/2002.
Nel terzo caso (lavoratore autonomo non iscritto al Fpls né iscritto ad una Cassa professionale), trattandosi di redditi qualificati alla stregua di redditi di lavoro autonomo (quadro RL, sez. III, Unico PF), l’INPS ha prima ipotizzato l’iscrizione alla Gestione separata e il conseguente assoggettamento a contribuzione obbligatoria, per poi fare un passo indietro in quanto la norma istitutiva della predetta Gestione separata contempla, tra i soggetti obbligati al versamento, oltre a coloro che producono reddito da lavoro autonomo (ex art. 49, comma 1, oggi art. 53, comma 1 del TUIR), anche coloro che producono i redditi di cui all’art. 49, comma 2, lett. a) – oggi art. 50, comma 1, lett. c)-bis – del TUIR, mentre il reddito sul diritto d’autore è regolato dalla lettera b) dell’art. 53, comma 2 del TUIR.
Pertanto, il compenso percepito per lo sfruttamento economico del diritto di autore da parte lavoratore autonomo non iscritto al Fpls né ad una Cassa Professionale è escluso da qualsiasi obbligo contributivo, anche nei confronti della Gestione separata ex art. 2, comma 26, L. n. 335/1995.

Compensi relativi allo sfruttamento economico del diritto di immagine. Trattamento fiscale e contributivo
Il diritto di immagine è il diritto che il codice civile e la Lda riconoscono alla persone affinché la propria immagine non venga diffusa o pubblicata senza l’autorizzazione della persona medesima.
Con il già citato art. 43, co. 3, della legge 289/2002, il carattere patrimoniale dei diritto di immagine, già ammesso dalla dottrina e dalla giurisprudenza, viene riconosciuto a livello normativo: “…i compensi corrisposti alla categorie di cui all’articolo 3, primo comma, numeri da 1 a 14, del D.Lgs. C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, e successive modificazioni, a titolo della cessione dello sfruttamento economico del diritto…di immagine…, non possono eccedere il 40 per cento dell’importo complessivo percepito per prestazioni riconducibili alla medesima attività. Tale quota rimane esclusa dalla base contributiva e pensionabile…”.
Sul piano tributario, il compenso per l’utilizzazione del diritto di immagine rientra nei redditi di lavoro autonomo derivanti dalla “cessione… di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale” (art. 54, co. 1-quater, TUIR) ovvero nei redditi diversi rivenienti “dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere” (art. 67, co. 1, lett. l)). Il trattamento fiscale si differenzia a seconda che i proventi per l’utilizzazione del diritto siano percepiti da:
– il titolare originario del diritto nell’esercizio della sua attività professionale;
– il titolare originario del diritto al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale nonché un soggetto diverso dal titolare originario del diritto avente causa al suo sfruttamento economico a titolo gratuito ovvero oneroso.
Nel primo caso il compenso rientra, per effetto dell’art. 54, co. 1-quater, del TUIR, fra i redditi di lavoro autonomo ed è assoggettato ad imposizione, nel periodo di imposta di percezione, per l’intero ammontare.
Nell’ambito del modello Unico PF, ove il compenso per lo sfruttamento del diritto di immagine sia riscosso interamente nel periodo di imposta al quale si riferisce la dichiarazione dei redditi, il contribuente può scegliere di assoggettare detto compenso a tassazione separata ai sensi dell’art.17, co.1, lett. g-ter), TUIR. In tal caso, al quadro RM (redditi soggetti a tassazione separata…), ai righi da RM3 a RM7, sono rilevabili le informazioni afferenti il compenso e, in particolare:
– colonna 1: codice “h”, che contraddistingue i redditi derivanti dall’assunzione di obblighi fare, non fare o permettere;
– colonna 2: anno di insorgenza del diritto alla percezione dei compensi;
– colonna 3: importo lordo del compenso;
– colonna 4: ritenute di imposta già operate nel corso del periodo di imposta;
– colonna 5: casella da barrare nel caso di opzione per la tassazione ordinaria in luogo di quella separata.
Laddove, invece, il contribuente opti per la tassazione ordinaria, l’importo del compenso è riportato nel quadro RE (redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni), al rigo RE3.
Nel secondo caso, vale a dire quando il reddito da utilizzazione del diritto di immagine è percepito dal titolare originario del diritto al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale ovvero da soggetto diverso dal titolare originario del diritto avente causa al suo sfruttamento economico a titolo gratuito ovvero oneroso, ferma la tassazione dell’intero importo nel periodo di imposta in cui risulta percepito, il reddito è indicato nel quadro RL (altri redditi), sez. II-A (redditi diversi), al rigo RL16 che riporta specificamente i redditi derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.
Sotto il profilo previdenziale delle somme eventualmente accertate a seguito dell’incrocio dei dati fiscali ed assicurativi ascrivibili ai compensi per la cessione dello sfruttamento del diritto di immagine, sul piano operativo, in linea di massima, possiamo riscontrare una delle seguenti fattispecie:
– si tratta di un libero professionista iscritto ad una delle Casse professionali;
– è un artista iscritto al Fpls;
– si tratta di un lavoratore autonomo non rientrante nel novero degli artisti di cui al punto precedente e non iscritto ad una Cassa professionale.
Nel primo caso, l’obbligo contributivo sussiste nei limiti e sulla base delle regolamentazioni adottate dalle singole Casse. Peraltro, si rileva come detta fattispecie appare non verosimile nella realtà, dal momento che lo sfruttamento economico del diritto di immagine è necessariamente connesso alla notorietà del titolare originario del diritto medesimo (al riguardo, v. oltre), situazione che, in linea generale, risulta difficile riscontrare con riguardo a soggetti iscritti alle Casse professionali.
Nel secondo caso, valgono interamente le considerazioni già svolte, sul piano normativo e sotto il profilo operativo, con riguardo agli artisti titolari del diritto di autore, alle quali si rinvia, con l’avvertenza che le categorie artistiche titolari del diritto di immagine sono più ampie di quelle titolari del diritto di autore, essendo, in linea di massima, coincidenti con tutte quelle indicate dalla legge (art. 3, co. 1, numeri da 1 a 14, D.Lgs. C.P.S. 708/1947).
Nel merito, appare opportuno richiamare l’attenzione sulla circostanza che, la limitazione alla configurazione del compenso alla stregua di reddito per lo sfruttamento del diritto di immagine risieda, come confermato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, (NOTA 4) “nell’effettivo e riconosciuto valore, sul mercato, della persona, in relazione alla sua notorietà”. In sostanza, la cessione a titolo economico dello sfruttamento del diritto di immagine trova la sua ragione giuridica laddove riconducibile a persona di oggettiva notorietà, trattandosi diversamente di abusivo utilizzo dei benefici contributivi previsti dalla norma.
Si richiama, inoltre, l’attenzione sulla circostanza che, ai fini della configurabilità dell’obbligo contributivo, non risulta necessario che l’erogazione dei compensi (per prestazione lavorativa e per cessione dello sfruttamento economico del diritto di immagine) sia effettuata dal medesimo soggetto, essendo sufficiente l’accertamento che il compenso per il diritto di immagine sia riconducibile all’attività lavorativa. E’ questo il caso – che si registra sovente con riguardo alla prestazioni rese da testimonial nell’ambito di spot pubblicitari – in cui l’attore è remunerato, dalla società che produce lo spot, per la prestazione lavorativa, e dalla impresa che produce/commercializza il prodotto pubblicizzato, per la cessione dello sfruttamento economico del diritto di immagine. In tal caso, ferma l’imposizione delle somme a remunerazione del prestazione, il soggetto che eroga il compenso per lo sfruttamento del diritto di immagine si farà carico dell’onere contributivo, applicando la franchigia nei limiti del 40% delle somme complessivamente erogate, avendo cura di acquisire, dalla società produttrice dello spot, le informazioni necessarie ai fini del corretto calcolo della contribuzione dovuta e dell’assolvimento degli obblighi informativi (dichiarazione contributiva). Al riguardo, si richiama la sentenza della Cassazione n. 9630/2004.
Si segnala, peraltro, che, anche alla luce degli sviluppi recentemente registrati in materia di nuove forme contrattuali volte a regolare l’assetto dei compensi di artisti di indubbia notorietà, possono ricontrarsi situazioni in cui l’accertamento della riconduzione dei compensi per il diritto di immagine alla specifica prestazione lavorativa è reso oggettivamente complesso dalla circostanza che i predetti compensi vengono percepiti, dall’artista, a titolo diverso. E’ questo il caso in cui l’artista costituisca (talora con una partecipazione minoritaria di altri soggetti) una società che si occupa dello sfruttamento economico della propria immagine ed alla quale cede, a titolo gratuito, i relativi diritti. In particolare, detta società acquisisce a titolo di ricavi le somme afferenti alla cessione dei diritti immagine relativi alle singole prestazioni lavorative dell’artista e, una volta conseguito il reddito di impresa, corrisponde a quest’ultimo somme immediatamente qualificate come utili di impresa. In questa prospettiva, l’accertamento degli obblighi contributivi in capo alla predetta società, da effettuarsi generalmente avvalendosi dello strumento ispettivo, presuppone la sussistenza degli elementi idonei a dimostrare il fine elusivo sotteso alla strutturazione di siffatto assetto societario e contrattuale.
Nel terzo caso (lavoratore autonomo non rientrante nel novero degli artisti di cui al caso precedente e non iscritto ad una Cassa professionale), il compenso percepito per lo sfruttamento economico del diritto di autore è escluso da qualsiasi obbligo contributivo, anche nei confronti della Gestione separata ex art. 2, comma 26, L. n. 335/1995.
La posizione INPS è stata fortemente criticata sul Sole 24 Ore dal dott. Giovanni Scoz, esperto della materia, il quale sottolinea come “appare evidente che esistono migliaia di regole, promulgate da vari istituti, ognuno per sé, che ogni anno vengono riviste e modificate senza armonizzar­si tra loro, con una visione molto miope e concentrata solo su un problema specifico. Così facendo, si è creato un indistricabile groviglio di norme tale da rendere molto difficile, se non impossibile, operare in maniera consapevole. Sarebbe anche utile, per lavo­rare nel pieno rispetto della normativa, che i messag­gi e le circolari emanate dai vari Enti siano chiarifica­trici di un problema e non aggiungano ulteriori incer­tezze procedurali“.
Riferimenti bibliografici:
Giovanni Scoz, Diritto d’immagine: chiarimenti Inps sul regime fiscale e contributivo, Il Sole 24 Ore Guida al Lavoro n. 2 del 2014
Giovanni Scoz, Diritto d’autore: chiarimenti Inps sul regime fiscale e contributivo, Il Sole 24 Ore, Guida al Lavoro n. 39 del 2013

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