lunedì 26 ottobre 2020

DA NAUSICA A FEDERICA PELLEGRINI. - "LE DONNE E LO SPORT”

 

Cenni storici


"LE DONNE E LO SPORT” DA NAUSICA A FEDERICA PELLEGRINI.



I simboli premiali dell'atletismo agonistico femminile

nei mosaici della Villa del Casale a Piazza Armerina

ai tempi della tarda antichità romana.


La parola sport” viene usata a livello internazionale e sta ad indicare l'insieme delle gare e degli esercizi compiuti individualmente o in gruppi, in forma amatoriale o professionale, non solo per sviluppare la forza e l'agilità del corpo, ma anche lo spirito di sacrificio, la resistenza alla fatica, il rispetto delle regole, la lealtà e la capacità d'impegnare all'unisono le energie fisiche e mentali. Infatti i più moderni coaches affermano che anche nello sport è la testa il muscolo più forte.

Una breve ricerca storica sul binomio “Le donne e lo sport” mi sembra la premessa più giusta per iniziare una seria ed accurata riflessione sui motivi palesi o profondi per i quali le donne non abbiano ancora raggiunto le pari opportunità neppure in questo settore, tanto è vero che l'Assessorato alla Cultura, Spettacolo e Sport della Regione Lazio nel 2008 e nel 2009 ha promosso “Donne e Sport Day”, la giornata regionale dedicata alla conoscenza dello sport femminile, dando rilievo alle condizioni in cui le atlete devono vivere e alle difficoltà che devono affrontare per risolvere le problematiche quotidiane d'intersezione tra vita familiare, allenamenti e trasferte. In alcuni stati orientali di religione mussulmana, la donna che vuole praticare lo sport non solo è obbligata a portare un burqa o un chador che le copre i capelli ed il corpo, ma le si vieta anche di partecipare alle competizioni sportive miste, tranne in quei rari casi in cui le atlete ed il pubblico sono solamente donne. Alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992 Hassiba Boulmerka, mezzofondista algerina e musulmana, pur conoscendo i rischi di infrangere tabù secolari, ha avuto il coraggio di correre a volto scoperto e a gambe nude vincendo una medaglia d’oro nei 1500 metri e divenendo così la prima donna africana a conquistare un titolo olimpionico di atletica, ma minacciata e condannata a morte dai gruppi di integralisti islamici è stata costretta a trasferirsi in Europa. Al suo coraggio e al suo indomito esempio di emancipazione la cantante italiana Andrea Mirò ha dedicato una canzone. Malgrado recenti ed apparenti aperture la ghettizzazione delle donne musulmane nello sport continua ed in Afganistan esse possono entrare nel grande Stadio di Kabul solo per essere giustiziate con una fucilata alla nuca per non aver rispettato i precetti islamici.

Anche negli Stati Uniti, dove le donne hanno lottato per raggiungere la parità in quasi tutti i settori e le professioni , Jim Roym, il presentatore più famoso e popolare il cui radio-show di sport si trasmette in più di 200 stazioni differenti ed arriva perfino in Canada, ha un atteggiamento irriverente e sarcastico con una grande influenza sull'opinione pubblica, verso le donne atlete in genere, anche se hanno vinto le medaglie d'oro olimpiche come campionesse mondiali di calcio o di basket.

Non si può affermare con certezza quando sia iniziata l'avventura della donna nelle competizioni sportive anche se sappiamo che le amazzoni, figure di donne guerriere in bilico tra storia e leggenda, si addestravano e cavalcavano a pelo con l'arco da combattimento già nel 1500 a. C., ma nel libro VI dell'Odissea, vv.169 e successivi, Omero, intorno al IX secolo a. C. descrive forse il primo esempio di gioco di squadra al femminile e narra di Nausicaa, figlia di Alcinoo, re dei Feaci che, consigliata da Atena, gioca a palla presso la riva di un fiume con le proprie ancelle: “Nausicaa in man tolse la palla, e ad una / delle compagne la scagliò: la palla/ deviassi dal segno cui valeva, / e nel profondo vortice cadè....” D'un tratto un naufrago nudo esce da un cespuglio: è Ulisse. Mentre le ancelle fuggono impaurite, Nausicaa accoglie con eleganza e cortesia lo sconosciuto che invoca la sua misericordia. Gli regala delle vesti e gli suggerisce la via per la dimora del padre Alcinoo.

Le OLIMPIADI sono nate nella città di Olimpia nell'antica Grecia nel 776 a.C. e i Giochi, che venivano celebrati ogni quattro anni e ai quali partecipavano cittadini di tutti gli stati greci, erano riservati solamente all'aristocrazia maschile ed istituiti in onore di alcune divinità come Giove, Apollo e Nettuno o in omaggio ad una persona morta per consentirgli un sereno ed agile passaggio nell'aldilà, poiché si credeva che il sangue ed il sudore versati in occasione di questi giochi fossero fonte di energia per il defunto. Il premio per questi giochi era solo simbolico ed era costituito da un ramoscello intrecciato come una corona con la quale si cingeva il capo del vincitore che, tornato a casa, era trattato da eroe e poteva rivestire importanti cariche nella vita sociale. All'interno delle Olimpiadi c’erano anche “I Giochi Minori” chiamati EREI (dedicati ad ERA, la moglie di Zeus) che erano giochi femminili e rituali, dedicati alle giovani che, con essi, dimostravano di essere mature e pronte al matrimonio correndo su una distanza di 145/160 metri.

Nel V secolo ad Atene solo le donne danzatrici o musiciste avevano una buona influenza nella vita sociale, mentre le altre erano molto sorvegliate e non sceglievano neppure il marito. A Sparta, una città-stato dominata da una aristocrazia guerriera, l'educazione della donna era subordinata allo scopo di farne essenzialmente una madre prolifica di figli vigorosi, togliendole tutte le qualità tipicamente femminili. Di qui lo sviluppo dello sport femminile e delle esercitazioni militari per poter difendere la propria città quando gli uomini erano lontani per lavoro o impegnati in guerra. Un fenomeno unico nel mondo classico, anche perché spesso le donne spartane riuscivano a vincere le gare olimpiche. A loro si deve la pratica della nudità, tanto criticata dalle altre popolazioni del tempo, ritenuta da loro utile per essere più agili nel partecipare alle competizioni atletiche.

I simboli premiali dei mosaici della Villa imperiale del Casale di Piazza Armerina, una zona di grande interesse archeologico in provincia di Enna in Sicilia, eseguiti con grande perizia tecnica ed aderenza alla realtà intorno al IV secolo dopo Cristo, sottolineano l'aspetto agonistico dell'atletismo femminile diffuso nella tarda romanità. Questi mosaici ci forniscono nella loro totalità un'importante testimonianza della vita in epoca romana ed evidenziano i rituali dello sport maschile violento, sanguinario, spettacolare con combattimenti tra gladiatori o tra uomini e belve e di quello femminile più aderente al ruolo della donna nella cultura dell'epoca. Come si può osservare dai simboli premiali dell'atletismo femminile gli sport più praticati erano la danza, la corsa, il gioco della palla, il lancio del peso ed altri.

Le testimonianze storiche sembrano fermarsi con i Giochi Olimpici che si succedettero regolarmente ogni quattro anni fino al 200 a.c., successivamente si svolsero in maniera meno rigorosa fino alla loro definitiva sospensione nel 393 d.c. con un editto dell’allora imperatore Teodosio, sotto l’influenza di S. Ambrogio, vescovo di Milano, poiché le Olimpiadi erano legate ai riti e agli dei pagani, quindi in contrasto con la religione cattolica. Nel Medioevo, nel Rinascimento e fino al Romanticismo mentre gli uomini partecipavano alle esercitazioni militari, ai tornei che erano competizioni che ricordavano le gare di combattimento dei gladiatori romani, sebbene la donna godesse di stima e considerazione nella vita sociale, tuttavia le rimaneva l' etichetta di essere debole per natura, bisognosa di protezione e relativamente priva di diritti. Nel suo ruolo subordinato la donna doveva dedicarsi ai lavori domestici, alla procreazione e alla cura dei figli.. La distinzione tra i sessi era ritenuta un fatto naturale ed un irrinunciabile condizionamento sociale e culturale.

Nel 1790 Gaetano Filangeri, insigne giurista napoletano e consigliere legislativo, ispirandosi al pensiero di Rousseau, affermò che lo sviluppo psicofisico del fanciullo doveva avvenire tramite buon vestiario, buona igiene del corpo, sana alimentazione e attività fisica. Venne così riscoperta l'educazione fisica e si susseguirono progressivamente nelle leggi e nelle circolari ministeriali provvedimenti che riguardavano l'obbligatorietà della ginnastica nelle scuole, eliminando la ginnastica militare utilizzata a scopi pedagogici. Ultima soglia da superare era ora l’aspetto femminile dell’attività. Nel 1867 Oberman parla per la prima volta di educazione fisica al femminile e pubblica un volume dal titolo “La ginnastica al femminile” e nello stesso anno la Società Ginnastica di Torino svolge un corso magistrale femminile per l’insegnamento dell’educazione fisica.

La ripresa dei giochi fu merito del barone Pierre de Coubertin, grande appassionato di sport che con la sua perseveranza ed investendo buona parte dei suoi capitali, riuscì nell'impresa di far risorgere il mito delle Olimpiadi nel 1892, affidando alle donne solamente il compito di incoronare i vincitori e dichiarando apertamente di essere contrario al loro ingresso nell'Olimpiade. Nel 1921 Alice Milliat, una gagliarda donna bretone, fonda la Federazione Sportiva Femminile Internazionale, divulgando lo sport femminile ed organizzando rivolte antimaschi. Fu lei a creare, nel 1922, i primi Giochi Olimpici Femminili, che si svolsero a Parigi ed ebbero un clamoroso successo di partecipazione e di pubblico. I Giochi Olimpici cominciarono ad arricchirsi di nuovi sport, ad essere disputati regolarmente ogni quattro anni, tranne nei periodi bellici, ma in città di diverse nazioni: Roma, Barcellona, Pechino, ecc.

Trebisonda Valla, detta Ondina, nata a Bologna nel 1916 fu la prima donna italiana a vincere nelle Olimpiadi di Berlino del 1936 una medaglia d'oro olimpica per la corsa degli 80 metri ad ostacoli. Era un'atleta versatile, che otteneva eccellenti risultati nelle gare di velocità, sugli ostacoli e nei salti. Divenne presto una delle beniamine del pubblico italiano. Man mano le donne sono state ammesse ad un numero sempre crescente di prove vincendo premi nazionali ed internazionali come Lea Pericoli, la più celebre tennista italiana di tutti i tempi, nota per essere stata dieci volte campionessa nazionale di singolare: vinse il primo titolo nel 1958 a 23 anni. Se l'inserimento della donna nelle competizioni sportive è stato lento e travagliato, ancora più lento e travagliato è stato il percorso per il riconoscimento dei suoi diritti civili, cioè la parità tra uomo e donna nel diritto privato ed il riconoscimento delle sue capacità giuridiche, che è avvenuto solo nel 1919 ed il riconoscimento dei suoi diritti politici che è avvenuto nel 1945 quando venne riconosciuto alle donne il diritto di voto.

Anno dopo anno le donne hanno conquistato sempre più credibilità in ambito sportivo, hanno vinto tante medaglie e si sono ritagliate un loro spazio nella storia fino a questo 2009 che è stato un anno prodigioso e magico per lo sport femminile: ai Campionati Europei di scherma a Plovdiv in Bulgaria, le fiorettiste Valentina Vezzali ed Elisa Di Francisca hanno vinto la medaglia d'oro a squadre, la tennista Flavia Pennetta 27enne di Brindisi ha scalato la classifica mondiale del tennis femminile vincendo con straordinaria grinta il torneo Wta, Women Tennis Association di Los Angeles (Stati Uniti) battendo l'australiana Samantha Stosur, Jessica Rossi, 17enne di Crevalcore in provincia di Bologna, ha conquistato l'oro nei Campionati del mondo di tiro al volo, disputati in Slovenia, ma in particolare sono gl'incredibili risultati e i successi agonistici conseguiti dalle nostre atlete durante il XIII Campionato del Mondo di nuoto, pallanuoto, nuoto sincronizzato, nuoto in acque libere e tuffi dal 17 luglio al 2 agosto che ci riempiono di orgoglio. Tania Cagnotto, 24enne di Bolzano ha fatto da apripista conquistando il 21 luglio la prima medaglia di bronzo tuffandosi da un trampolino di tre metri ed il 24 luglio una medaglia d’argento per i cinque perfetti tuffi sincronizzati con Francesca Dallapé, 23enne di Trento. Il medagliere azzurro (o rosa?) si arricchisce delle medaglie di bronzo conquistate da Martina Grimaldi, 21enne di Bologna, il 22 luglio per i 10 Km nuoto di gran fondo, da Beatrice Adelizzi, 21enne di Monza, il 23 luglio per il nuoto libero, da Federica Vitale, 26enne di Roma, il 25 luglio per la gara di fondo disputata sui 25 chilometri in sei ore lottando contro le acque libere del mare aperto di Ostia e contro le invasioni delle meduse, da Alessia Filippi, 22enne di Roma, il 1° agosto per gli 800 metri stile libero. Quest’ultima atleta il 28 luglio conquista una medaglia d’oro per i 1500 metri stile libero con il tempo di 15’44’’93, una medaglia d’oro contro ogni previsione perché la sua preparazione era stata disturbata da una bronchite che ne limitava le prestazioni.

La vera stella di questi Campionati Mondiali 2009 è stata Federica Pellegrini, bella e richiesta dai media e dagli sponsor, 21enne veneta che, dopo aver vinto l'ansia della vigilia, è tornata più forte che mai. E' una delle poche donne ad aver infranto il record del mondo in più di una specialità scendendo il 26 luglio sotto i 4 minuti nei 400 metri stile libero con il tempo di 3'59"15. Nella stessa competizione il 29 luglio vince la finale dei 200 metri stile libero fermando il cronometro a 1'52"98, battendo il suo stesso record di 1'53"67, stabilito il giorno prima in batteria di qualificazione. In meno di un anno, la Pellegrini ha abbassato il record del mondo di quasi 2 secondi. Il nuoto rosa sale così ai massimi livelli facendo registrare per l’Italia un bilancio positivo, poiché su un medagliere di dieci medaglie olimpiche 9 sono state vinte dalle donne ed una sola da un uomo, Valerio Cleri nei 25 chilometri nuoto di fondo.

Ora si attendono nuovi percorsi e valide proposte per promuovere e costruire una cultura della parità tra uomini e donne che praticano attività agonistica. Anche curare questo opuscolo sul tema “LE DONNE E LO SPORT” è un tentativo per divulgare e promuovere nelle scuole ed in altri ambiti interessati i seguenti obiettivi: a) trasferire i valori etici dallo sport alla vita ed utilizzare lo sport quale veicolo per promuovere le pari opportunità anche in altri ambiti: dalle relazioni personali alla vita sociale e al mondo del lavoro; b) approfondire le dinamiche di genere all'interno delle varie discipline sportive; c) valorizzare lo sport come strumento educativo e di integrazione sociale.

Anche il Libro Bianco sullo sport della Commissione Europea chiede agli Stati Membri di facilitare l'accesso delle donne anche nelle posizioni decisionali e negli organismi direttivi. La relazione “Donne e Sport” della Commissione per i diritti della donna e le pari opportunità del Parlamento Europeo delinea alcune problematiche ancora persistenti quali la grande disparità di accesso alle pratiche sportive tra uomini e donne. Infatti, malgrado la revoca dei divieti legali in materia di accesso delle donne alle pratiche sportive, queste continuano a restare sottorappresentate nella gestione dello sport e negli ambiti decisionali, le atlete di alto livello non fruiscono della parità di trattamento rispetto ai loro colleghi maschi per quanto riguarda il reddito, le risorse finanziarie (borse di studio, sovvenzioni, sponsor), il reinserimento professionale. Lo sport rosa offre alle atlete percorsi personali più precari, meno remunerativi e soddisfacenti rispetto a quelli dei colleghi maschi. Le pari opportunità, per quanto garantite dalla normativa, sono lontane da un effettivo raggiungimento. Sono necessari interventi concreti e correttivi significativi per ridurre le distanze tra donne e uomini e migliorare la qualità dello sport.


Mi fa piacere concludere con le significative parole di Anita De Frantz, americana ed ex olimpionica di canottaggio, oggi presidente del gruppo di lavoro del CIO che vuole promuovere la partecipazione delle donne nell'atletismo: “Lo sport è un diritto che si acquisisce dalla nascita. Appartiene a tutti gli esseri umani. Noi dobbiamo lavorare tutti insieme per mettere lo sport al servizio di tutti. La lezione appresa dal 20° secolo è che le donne atlete hanno arricchito il Movimento Olimpico. La lezione del 21° secolo deve essere che le donne dirigano l’arricchimento ancora di più.”

                                                                                                   Anna IOZZINO

















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