Recanati - veduta panoramica |
Dialetto
Il dialetto recanatese (fa parte di un piccolo gruppo di transizione tra i dialetti
della zona anconetana e quelli della zona maceratese-fermano-camerte,
comprendente anche i vernacoli di Filottrano e Montefano,
in quanto ospita influssi provenienti in egual misura da entrambe le aree.
Tra gli elementi di chiara
derivazione anconetana, che avvicinano il recanatese
non tanto al dialetto del capoluogo marchigiano ma piuttosto a quello dei
comuni limitrofi quali Loreto, Castelfidardo ed Osimo, vi sono:
· Mancanza totale
della metafonesi da –o e da –i finale, per le vocali toniche “e” ed “o” sia
chiuse sia aperte, tipica invece del maceratese e di un po’ tutto il
centro-sud italiano: per cui a Recanati si ha furbétto e non furbittu come a Macerata, macèllo e non macéllu, rótto e non rutto, pòrto e non pórtu, ecc; tuttavia tale
fenomeno, che attualmente si arresta al di sotto del fiume Potenza, doveva
essere un tempo presente pure a Recanati, come dimostrato da documenti dei
secoli XIV -XV (terrino, quillo, quisto), e uno degli ultimi relitti
metafonetici riscontrabili è stato un quilli in un testo ottocentesco; infine
attualmente vi sono solo forme sporadiche come puji per “polli”, e inoltre è da segnalare
come la seconda persona del verbo “essere”, pur coincidendo con l’italiano
“sèi”, nelle forme interrogative ausiliarie diventa sì (Ci si jito?);
· Non c'è distinzione
tra ô (<-o, -ō del latino) e ö (<ū latina), per cui anche a Recanati,
come in tutta l'area perimeridiana e in Toscana, le -u latine si sono aperte in
-o (lupo < lat. LUPUM);
è inoltre da segnalare che a Recanati, ma anche a Jesi, Potenza Picena e
Civitanova Marche, non è neppure avvenuto il fenomeno contrario, per il quale
tutte le -o finali dell'italiano sono divenute -u (iu magnu < io mangio, lu stòmmigu < lo stomaco), come si verifica
invece nel triangolo Ancona-Osimo-Porto Recanati;
· La lenizione
intervocalica (o “rilassamento”), avvertibile però in maniera più sporadica e
meno sistematica che nell’area anconetana, perché è vitale di fatto solo
per -c-, che diventa molto spesso -g-, ad es. nello stesso nome della
città, che viene reso come Reganati,
bagià per “baciare”, brugià per “bruciare”, vesciga per “vescica”, fògo per “fuoco”, siguro per “sicuro”, gambià per “cambiare”, mentre per il passaggio da -t-
a -d- si riscontrano solo pochissimi casi, come fadigà, che contiene la
lenizione di entrambe, e aiudo/aiudà per “aiuto/aiutare”;
· Mancanza del
passaggio da b iniziale e intervocalica a v, presente invece a Macerata (babbo e non vavvu, bé e non vé per “bere”, bardascio e non vardasciu);
· Sdoppiamento
della -rr-, (tèra, guèra), assente a Macerata città, ma presente
in alcune aree della provincia, come Matelica e San Severino Marche;
· La pronuncia con “è”
aperta di molti vocaboli che invece nel maceratese suonano con “é” chiusa, ad
es. viène, bicchièro per “bicchiere”, nonché i suffissi in
-mento e in -mente, ad es. ‘bbijamènto per "abbigliaménto”, capamènto per “scelta” ;
· L’uso dei pronomi
personali lù e lia per “lui” e “lei”, tipici delle Marche
e dell’Umbria centrosettentrionali, in antitesi alle forme centromeridionali issu/issa;
· Uso del pronome
interrogativo cò? nel
senso di “che cosa?”, tipico dell’anconetano-osimano ma non dello jesino che
usa invece que?, ne' del
maceratese, che usa la forma italiana "che?";
· Uso del pronome
personale ed interrogativo te,
in luogo della forma maceratese (ed italiana)
"tu";
· Eliminazione di e intervocalico nella particella
"per" (pr'i viculi "per
i vicoli");
· Uso della particella
latina *intus con la variante locale ntru/ntri (da int+ru/ri),
"in/nei" equivalente all'anconetano ntel/nti (ntru core "nel cuore", ntri cori "nei cuori").
Invece tra gli aspetti che
avvicinano il recanatese alla famiglia maceratese-fermano-camerte,
vanno annoverati:
· L’uso della parte
finale e non di quella iniziale del latino “illud” per la costruzione dell’articolo
determinativo maschile singolare “il”: infatti mentre nelle finitime località
di Loreto e Porto Recanati è in uso la forma anconetana el, a Recanati è presente ‘u , da un più antico ru, forma quest’ultima ancora
presente a Filottrano; da qui derivano ‘a
(da ra) per “la”, 'i (da ri)
e l’ per “i, gli”, ‘e (da re)
per “le”; tra Recanati e le aree immediatamente più a nord passa perciò una
cesura molto importante a livello linguistico nazionale, in quanto segna il
passaggio dalle forme dialettali perimeridiane, disposte lungo la linea
Roma-Perugia-Ancona, che appunto usano la parte iniziale di “illud”, a quelle mediane in
senso stretto, nonché a quelle meridionali, che invece ne usano la parte
finale;
· Il passaggio da
"g" iniziale ed intervocalica a "j" (joco/jocà per “gioco/giocare” da latino “iocus”, fujì/fujato per “fuggire/fuggito”);
· Il passaggio da
doppia "-ll-" intervocalica a -j- (bujito per “bollito”, curaji per “coralli”, puji per “polli”, mujche per “molliche”);
· Mantenimento di “t”
latina in matre/patre;
· Apocope anche dei
suffissi in "-ro" (da -io), seppur non estesa e
generalizzata come nel maceratese, ad es. pajà per “pagliaio”, pegurà per “pecoraio”, maferraro, sartore;
· L’assimilazione
progressiva ND > NN (il mondo> u
monno, quando> quanno,
passando> passanno),
presente comunque pure nella provincia di Ancona, tranne che nel capoluogo.
Frequente è pure l'assimilazione di LD > LL (caldo > callo), mentre è un po' più
rara l'assimilazione di MB > MM (pijà gammo’ “prendere il sopravvento”);
· Sonorizzazione di
“c” dopo nasale (mancare > mangà,
bianco > biango),
tipica anche di Jesi, mentre il fenomeno analogo per “t” a Recanati è presente
solo sporadicamente, perciò pare essere regredito: sopravvive ad es. la forma déndro per “dentro”;
· Con i sostantivi che
indicano grado di parentela l'aggettivo possessivo può essere espresso con una
particella proclitica (ad es. tu'
madre, tu' padre), o con una enclitica (màmmeta, bàbbeto),
esattamente come a Jesi;
· La pronuncia con “é”
chiusa di molti vocaboli che invece nei comuni limitrofi della provincia di
Ancona e a Porto Recanati suonano con “è” aperta, ad es. trénta, pénso,
sénza, vérde, férmo, vénne;
· Uso della particella
latina *in medio (ad): mecquì,
mellà (=qui, là), presente
anche a Camerino, Matelica, Cingoli, Treia, ma che si riscontra
pure nelle Marche centro-settentrionali, a San Marino,
nell'Umbria e nel Lazio settentrionale; lo stesso dicasi per
la preposizione dativa ma per "a": ma mé per "a me", e di conseguenza mù (ma+'u) per “al/allo” (mù
patre “al padre”), mà (ma+'a) per “alla”, mì (ma+'i)per “ai” e mé (ma+'e) per “alle";
· Uso di 'llo, 'lla, 'lli, 'lle per "quello, quella, quelli,
quelle" come nelle Marche centromeridionali, a differenza dell'anconetano
che ha qul/qula e dei dialetti della sua provincia
dove suona come in italiano.
Infine sono da ritenere forme
tipiche esclusivamente di Recanati nuà/vuà per “noi/voi”, sopre per “sopra” e sotta per “sotto”, questi ultimi due
fenomeni guizzanti anche altrove.
Il lessico locale recanatese
attinge anch’esso tanto dall’area anconetana quanto da quella maceratese.
Eccone alcuni esempi: armango=almeno, bardascio=bambino, ciuétta=civetta, derèto=dietro, fugaraccio=falò, ' gna=bisogna, igno’= in giù, jòppa=zolla, lala=ala, minga=mica, négne=nevicare, pertegara=aratro, ' rsumijo=fotografia, sbrégo=strappo, torcolétto=rametto, vèspera=vespa, zécchere=zecche.
Analogamente ciò vale a
proposito dei modi di dire:
ciacca
l’ajo=ben ti sta,
de riffe
o de raffe=in qualche maniera,
è
como jì a curre c’u lebbre=è una gara impari,
jì a gatto mino’=camminare
carponi,
mango pe’ mele=nemmeno
per sogno,
e me’ cojoni=però,
ci vorrebbe pure,
pijà gammo’=prendere
il sopravvento,
sartà u fosso=fare
il salto di qualità,
secco
rrabbito=magrissimo,
voja
de fadigà sarteme addosso=detto di persona sfaticata.
Ancora, sono di seguito
riportati alcuni proverbi tipici:
‘A
cerqua nun fa’ i melaranci = ogni albero dà il proprio frutto, ogni uomo dà
solo quel che ha,
Mejo puzzà
de vì che d’ojo santo = meglio ubriachi che in fin di vita,
Carta canta e villan dorme = lo
scritto si fa sentire (cioè fa prova), mentre il contadino dorme (nel senso che
non può farsi sentire, cioè non ha voce in capitolo perché non sa scrivere),
perciò è sempre indispensabile avere prove scritte perché le parole volano e
non restano,
Quanno u gallo
canta da gajina, a casa va in ruìna = quando l’uomo fa la parte della donna
(si lascia comandare), le cose in famiglia non vanno mai bene,
Sant’Antò d’a barba bianga, se nun
negne nun se magna = se a Sant’Antonio abbate (17 gennaio) non nevica non si
ha cibo,
Anno bisesto, anno
funesto=l’anno bisestile è pieno di contrarietà,
D’istate u monte, d’inverno a fonte=per
regolarsi sul tempo che farà, l’estate si guarda la montagna, d’inverno il
mare,
Scirocco, oggi tiro e
dumà scrocco=Oggi soffio e domani porto acqua.
Uno dei cittadini
storicamente più illustri di Recanati, Giacomo Leopardi,
in una lettera allo scrittore piacentino Pietro Giordani del 30 maggio 1817, ebbe modo di
segnalare i pregi della favella recanatese, soffermandosi in particolare sulla
pronuncia: “Ella non può
figurarsi quanto sia bella. È così piana e naturale e lontana da ogni ombra di
affettazione, e non tiene punto né della leziosaggine toscana né della superbia
romana, mentre basta uscir due passi dal suo territorio per accorgersi di una
notabile differenza, la quale in più luoghi pochissimo distanti, non che
notabile è somma”.
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