Festival del Cinema/ Note a margine a seguito di "The Humbling" e "Manglehorn" |
pubblicato sabato 30 agosto 2014
Oggi è il giorno di Al Pacino: presente a Venezia come attore protagonista diThe Humbling, [L'umiliazione] – diretto da Barry Levinson – e Manglehorn, – diretto da Paul Logan – in concorso. Difficile fare altro che rimanere incantati dal potere affabulativo di ogni singola piega del suo volto. Difficile anche commentare senza banalità. I Cahiers gli dedicano un intero volume, file oceaniche che lo attendono, e lui un senso dell'umorismo e una semplicità incantevoli, sempre.
Non si presenta in modo autocelebrativo, quello che fa è proprio un manifesto per l'arte dell'attore.
The Humbling, tratto dal racconto omonimo di Philip Roth, racconta la storia di Simon Axler, un grande attore celebrato, che perde il desiderio e la volontà di interpretare il suo ruolo. In modo speculare e opposto all'autore pirandelliano, qui ad assediare la mente del protagonista non sono gli autori, ma sono i fantasmi delle vite reali degli altri, dato che per interpretare parti scritte da altri per altri, ha perso completamente la propria.
Fra confessioni via Skype con il suo psichiatra, allucinazioni che non gli permettono più di recitare, cerca appigli in queste vite a lui estranee di cui però non riesce a giudicare altro che la performatività. Non cosa gli dicono, ma solo il modo, se è appropriato al contenuto, senza che questo gli interessi. Il meccanismo della seduta riflette il modo di produzione del film e la relazione fra regista e attore per come si prodotta durante la lavorazione. Fra amori impossibili, vite parallele solo immaginate e parti dimenticate, infine diventa preda della sua stessa capacità di recitare al punto di incarnare il personaggio di King Lear, e mentire una bugia, la doppia negazione di una irrealtà, distrugge sia il velo dell'illusione che quello della vita. Un inno al desiderio e al bisogno di finzione.
In Manglehorn, il carattere del personaggio è esattamente opposto, non si tratta di un attore che dimentica la sua parte, ma di un uomo che vive la sua vita come se lo fosse per non affrontare i propri fantasmi. La caratterizzazione di un uomo che è costretto a decidere il significato delle sue azioni.
Ma più di ogni cosa è la capacità di interpretare e il potere di impersonare.
Una vera, autentica icona, che risuona ormai di milioni di fotogrammi e non smette di essere sorprendente. Tutti in piedi ad applaudire. (Irene Guida)
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sabato 30 agosto 2014
Al Pacino batte tutti.
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