lunedì 25 marzo 2013

Welcome to Iraq.

Ecco cosa si vedrà nella seconda partecipazione del Paese Mediorientale, alla prossima Biennale di Venezia
pubblicato domenica 24 marzo 2013

Una vignetta di Abdul Raheem Yassir. Photo: Ruya Foundation

Saranno undici in totale, gli artisti chiamati a rappresentare l'Iraq alla prossima Biennale di Venezia. 
Al secondo anno di partecipazione in laguna, commissionato dalla Fondazione per la cultura contemporanea di Ruya, "Benvenuti in Iraq”, questo il titolo del Padiglione, per la prima volta metterà in scena un gruppetto di artisti viventi che lavorano nel Paese, contrariamente al progetto del Padiglione 2011, dove il lavoro era di artisti che avevano lasciato l'Iraq negli anni Settanta, prima dello scoppio della guerra con l'Iran.
La nuova mostra è curata da Jonathan Watkins, direttore della Ikon Gallery di Birmingham, che viaggiato in tutto il Paese in un carro armato, scortato da soldati, in uno studio visit per quasi 100 artisti tra Baghdad, Bassora, Babylon e Arbil.
«Gli artisti in Iraq sono isolati dal mondo dell'arte. La maggior parte di loro non sapeva dove era Venezia. Il pubblico locale è inesistente, perché le persone sono solo interessate sopravvivere. Molti di loro hanno riferito che era la prima volta che qualcuno chiedeva di vedere il loro lavoro» ha dichiarato Watkins ad Art Dubai, al Guardian. 
Tra gli altri, a Venezia approderanno le emblematiche vignette di Abdul Raheem Yassir, che l'artista usa quotidianamente per affrontare il caos sociale e politico e la corruzione nel paese. 
Jamal Penjweny, arriva invece da Sulaymaniyah, e presenterà una serie di foto intitolate a Saddam Hussein e all'impatto costante, e ancora evidente, del suo regime brutale, mentre altri artisti come Akeel Khreef si concentrano sulla denuncia di una devastazione totale, anche urbana, del Paese. 
Il padiglione sarà a Cà Dandolo sul Canal Grande, e il pavimento sarà coperto con i tradizionali tappeti curdi, mentre ai visitatori saranno offerti tè e biscotti iracheni. 
Tamara Chalabi, presidente e fondatore della Fondazione Ruya, ha dichiarato: «La società civile sta lottando in Iraq, ma sentiamo che sostenendo l'arte e la cultura si può tentare di colmare il divario con il mondo esterno».

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