venerdì 16 novembre 2018

lacasadelrap.com: L’intervista di oggi è dedicata ad un nuovo progetto, quello che ha preso vita dall’incontro tra il leggendario produttore romano Ice One e la giovane artista Cal, riuniti sotto l’alias Cal-Ice.

TATTI
16 NOVEMBRE 2018
lacasadelrap.com





L’intervista di oggi è dedicata ad un nuovo progetto, quello che ha preso vita dall’incontro tra il leggendario produttore romano Ice One e la giovane artista Cal, riuniti sotto l’alias Cal-Ice.
Iniezione musicale è il titolo del primo album del duo Cal-Ice, disponibile dal 9 novembre per Mandibola/Irma Records in streaming, download digitale e in copia fisica.
Il processo artistico generato, ha dato forma ad un disco eclettico in grado di unire il sound classico a delle atmosfere futuristiche, in un turbinio di stili ed influenze che spaziano dal jazz al funk, passando per l’elettronica, pienamente in linea con l’approccio alle produzioni di Ice One, diventato ormai seminale e iconico. La giovane Cal, artista a trecentosessanta gradi, dà vita ad una narrazione articolata che tocca moltissimi argomenti senza limitarsi ad un unico filo conduttore.
Carlotta Cecchinato, questo il nome anagrafico di Cal, è poetessa, pittrice, musicista e compositrice con un background che fonde musica Jazz e Hip Hop. Durante il suo percorso artistico, dal 2014 in poi, incide diversi demo e tracce, con vari producer, tra cui ricordiamo conTributo prodotta da DJ Stamba e pubblicata nel 2017. Sempre in questo anno Cal partecipa su invito al premio Alberto Dubito al Cox di Milano e, alla luce della qualità della performance, nel 2018 viene invitata a suonare come guest, insieme ad Ice One, alla giornata in memoria di Alberto Dubito tenutasi al Django di Treviso.
Attraverso Iniezione musicale, Cal e Ice One sono riusciti a coniugare in maniera equilibrata l’Hip Hop, la Slam Poetry e la poesia classica, affrontando temi che vanno dall’introspezione personale e la ricerca di sé, alla presa di coscienza sociale, con ampie riflessioni su concetti fondamentali nella società odierna come il rispetto dei diritti umani fondamentali e il ruolo delle donne nella società stessa. L’album, anticipato dal singolo Attorno a me, è composto da 12 tracce ed è stato registrato presso il Casse Rotte Studio di DJ Ceffo e masterizzato dallo stesso Ice One al K-Pax Edit Block. L’artwork della cover è stato realizzato dalla stessa Cal.


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Benvenuta Carlotta su lacasadelrap.com. Come d’obbligo iniziamo dalle presentazioni: chi sei e come nasce la tua passione per la musica? Parlaci del tuo background personale ed artistico.
Cal: Ciao, grazie per lo spazio sulla vostra rubrica!
Mi chiamo Carlotta, in arte Cal, classe ’95, di origine trevigiana. La mia passione per la musica non ha una datazione precisa, fin da bambina ho sentito la necessità di avvicinarmi al canto e agli studi musicali; ho ascoltato e ascolto tutt’ora vari generi, dal reggae al jazz, dal funk all’Hip Hop, passando per l’elettronica.
Le mie esperienze musicali sono passate dal canto Jazz allo studio del violino e del sax, fino ad arrivare all’Hip Hop, come rapper. Da amante della sperimentazione, ho difficoltà a riconoscermi in un’unica sfaccettatura artistica, da piccola ballavo ora dipingo, stampo, suono a livello amatoriale diversi strumenti musicali, rappo e canto.
Mi sono avvicinata all’Hip Hop frequentando la realtà underground della mia città e soprattutto grazie a un gruppetto di amici del liceo che facevano graffiti e che mi hanno passato la “febbre dei muri”. Ho iniziato con il writing, per strada e ai vari live-painting in spazi occupati a Treviso e Bologna, e poi mi è esplosa dentro la necessità di esprimermi a parole, per poterle trasformare in musica.
Nell’Hip Hop, come genere, ho trovato la possibilità di mischiare il canto al rap, con metriche fuori dal comune e testi letteralmente viscerali (di cui non pensavo potesse importare a qualcuno il contenuto), insomma ho trovato il mio posto.
Dal 2016 ho iniziato a registrare le mie prime tracce grazie alle produzioni di Jacopo Trapani (Trap), e a suonare in giro, prevalentemente in Emilia Romagna, grazie ad Alfredo d’Alessandro (Alfred’) e Gianmarco Stambazzi (DJ Stamba), che ascoltando il mio Soundcloud, mi hanno invitata a entrare a far parte del collettivo Colpo di Stato Poetico.
Da allora ho girato nella penisola per partecipare a Slam Poetry e Contest Showcase, partecipando anche al Premio Dubito 2017 e classificandomi al terzo posto in finale.

La rubrica Ladies First è nata per presentare i tanti progetti che la scena urban femminile propone. Nell’ambiente del rap ancora oggi le donne sono spesso considerate non all’altezza dai colleghi uomini e questo è ancora il pensiero comune tra artisti, addetti ai lavori e appassionati del genere.
Approfittando del fatto che questo è un progetto misto, voi cosa ne pensate, qual è la vostra rispettiva chiave di lettura sulla questione?
Cal: Per quanto mi riguarda vivo ancora nell’illusione di stare nel mezzo, nello spazio riservato a chi si sente artista e non female o male rapper. E con il “sentirsi artisti” non intendo certo presunzione o arroganza, ma sincera necessità di trovare nutrimento solo attraverso l’espressione artistica, nel bene e nel male.
È parecchio evidente che lo stato attuale della realtà musicale, perlomeno nell’ambiente rap, favorisca il rapper maschio, eppure questo non impedisce a tante Ladies di avanzare nella produzione di creature che prendono il volo e arrivano dove devono arrivare, alle orecchie di chi sa riconoscerne il valore. Perciò spesso “colleghi”, addetti ai lavori e appassionati, si ritrovano tra le mani pezzi strepitosi e non hanno tempo di rimanerne stupiti, perché devono cercare di sotterrare l’imbarazzo o l’orgoglio calpestato. Dico spesso a me stessa che tutto ciò non mi riguarda, non sono qui per gareggiare con nessuno, sono qui per bruciare il tempo.
Sono stata abbastanza fortunata nell’incontrare, tra i vari rapper coetanei e non, “casi maschili” rispettosi della mia dimensione femminile, per lo meno in apparenza, o forse intimiditi dalla mia energia, dal mio entusiasmo e dalle mie capacità tanto da darmi la possibilità di condividere un palco, un microfono o un cerchio in freestyle. Chiaramente avere l’onore di lavorare con Ice può rendere chiunque parecchio odiabile, ma è un sentimento che posso comprendere e che purtroppo spesso porta a tagliarsi le gambe da soli più che ad ostacolare gli altri. Comunque sia, tutto ciò che riuscirò a trasmettere so che rappresenterà innanzitutto la mia dimensione interiore; in secondo luogo, spero sia un contributo alla scena femminile e maschile del rap-game italiano e che porti maggiore attenzione mediatica a chi cerca di esprimersi attraverso un “Hip Hop nutriente”.

Ice: La mia risposta non può che cominciare così, da “Roxanne’s Revenge” di Roxanne Shantè; sono sempre stato in fissa con l’universo rap ed Hip Hop e questa è cosa nota, e non ho mai fatto differenze tra uomini e donne, sia perché nella scena americana, a partire dalla sopracitata Roxanne Shantè, che in quella italiana, abbiamo avuto esempi e continuiamo ad averne di donne valide, che non necessitano di avere una categoria a parte.
In Italia abbiamo avuto tante donne che hanno impugnato il microfono ed hanno mostrato il loro stile sia come scrittrici che come Freestylers. Già dai primi anni ‘80 ci sono state M.C. come Carrie D, Julie P, Charly Jay, proseguendo per La Pina, Sab Sista, Marya, Vaitea, Malaisa, Alea etc. In alcune regioni di Italia addirittura c’è una concentrazione molto alta di donne brave e capaci, che sembra un assurdità che non escano o trovino sfogo.
Parliamoci chiaro: oggi come oggi non è più un discorso di chi rosica o è invidioso nel fare certi commenti, è sotto gli occhi di tutti e nelle orecchie di tutti che la roba che gira negli ambienti mainstream è a malapena decente. Ormai anche loro , gli artisti e i promoter e i chicchessià che stanno dietro a questa scena fake e plasticosa, ti sbattono in faccia che fanno “merda” perché il pubblico è ignorante e vuole la “merda”. Sono i primi ad insultare il loro pubblico in nome del marketing, ed è grazie al marketing che nascono i dissing o si sparano cazzate di ogni tipo. Prendi proprio l’esempio che una donna per essere credibile deve avere un passato da spogliarellista come Cardi B, ma credibile per cosa? Io penso che la credibilità vada misurata sui contenuti delle singole MC; fare un affermazione del genere e farla passare significa entrare a far parte di una catena di responsabilità, che passa anche attraverso il giornalista che l’ha fatta passare, senza controbattere. In America c’è stato lo stesso problema, eppure di MC bravissime ce ne sono ancora di più e stanno aumentando.


Tornando alla tua presentazione Cal: quali sono le ambizioni, oltre alla passione, che alimentano la tua voglia di fare musica e quali obiettivi hai per il prossimo futuro?
Cal: La mia crescita è inevitabilmente legata alla mia volontà di evolvere, innanzitutto come persona e poi come artista. Sto camminando per la mia strada interiore per permettermi di avanzare altri cento passi nella vita. La mia voglia di fare musica è strettamente legata al bisogno di condividere alcune parti della mia esistenza, quando suono mi sembra di vivere una sorta di rigenerazione cellulare e l’elettricità che si crea mi fa sentire viva. Sono parecchio introversa sotto molti punti di vista, ma sento anche la necessità di vivermi il sociale, soprattutto a livello artistico, incontrare altre persone con un percorso simile al mio, con le stesse battaglie quotidiane. I miei obiettivi per il prossimo futuro sono continuare ad esprimermi il più liberamente possibile, restare viva e campare della mia arte. Perciò credo che tireremo presto fuori un altro disco.

Guarda il video di Attorno a me su YouTube

Veniamo al progetto Cal-Ice. Da quali presupposti è nato il vostro sodalizio artistico e come si è solidificato nell’album Iniezione musicale?
Cal: Ice ed io ci siamo incontrati a una data fiorentina di Latte & Sangue organizzata da MoFire Movement al CPA nel 2016. Ero andata per comprare il vinile del disco e passare una notte fuori da Bologna, e mi sono ritrovata a parlare con un rapper della Mofire, Asso. Quando Ice si è avvicinato gli ho chiesto di taggarmi il disco, e ci siamo messi a parlare. Parlando è venuto fuori che avevo un po’ di testi rap scritti, ma non avevo mai registrato, quando mi ha chiesto di cantargli qualcosa, così su due piedi, ho abbozzato un pezzo jazz e, alla fine, lui ha allungato la mano dicendomi “ti produco un disco”; non riuscivo a crederci, addirittura gli ho risposto “sei sicuro?”. Eppure eccoci qui.
La produzione del disco è stata un’esperienza incredibile, c’era tanta carne al fuoco e dovevo trovare un disegno nel quale entrassero tutti i punti che volevo toccare con i miei testi, quasi una costellazione. La scelta del sound è stata più semplice, da parte mia, mi sono sentita subito molto vicina ai gusti di Ice, e il risultato mi fa impazzire.

Ice: Come ha detto Cal, ci siamo incontrati ad una data di Latte & Sangue al CPA di Firenze, ed è andata esattamente come lei ha descritto. Sono pochissime le persone a cui ho chiesto io di collaborare, in generale è sempre successo il contrario, con lei invece ho sentito subito una grande vicinanza, a livello di identità musicale. Il suo stile molto particolare di scrivere e di rimare mi ha stimolato da subito a cercare direzioni musicali che con altri artisti avevo appena sfiorato, e cioè tutto quel soul jazz che ho sempre amato, e che ha sempre costituito il lato più solare delle mie produzioni. Il sodalizio è cresciuto pian piano, ed è passato ad un livello più concreto dopo una serie di nuovi incontri a serate e Jam, nelle quali ho visto Cal anche all’ opera sul palco, in contest ed in showcase; ogni volta è stata una riconferma.

11 tracce, più una bonus, per un progetto dal sapore rap classico per attitudine, flow e metriche. In questa scena così schizofrenica ho trovato il lavoro estemporaneo. Tu come lo contestualizzi all’interno del panorama musicale attuale?
Cal: Io lo definirei una Bomba, esploderà dove ce n’è più bisogno, a partire da dove proviene e dove deve stare, aka dappertutto.
Noi stessi siamo incuriositi da quella che sarà la “risposta” al disco, che per noi è stato caro da realizzare, soprattutto per la mole di lavoro da selezionare e direzionare, tra un centinaio di testi scritti appositamente e altrettanti beat selezionati e creati da Ice. Iniezione musicale è un vero e proprio delirio controllato, meriterebbe di arrivare al vertice delle sue possibilità.

È il tuo primo lavoro, probabilmente ancora acerbo, ma la cosa che si percepisce subito è la meticolosa attenzione nella costruzione dei testi. Tante riflessioni si alternano a molteplici dettagli, in un periodo in cui la semplificazione la fa da padrona. Come ti approcci alla scrittura e cosa ricerchi?
Cal: Essendo il mio primo lavoro, ho cercato di semplificare il più possibile ma, allo stesso tempo, di metterci dentro tutte le parole che premevano per uscire allo scoperto. Il mio approccio alla scrittura è istintivo. Quando ho iniziato a scrivere in rima, ogni parola tracciata sulla carta seguiva la precedente, senza sforzo, in un flusso libero che da allora non è più finito. La musica facilita e “ingrassa” la corrente di questo fiume di significati, che scorre finché non smette di essere nutrito. Inizialmente i miei testi erano privi di ritornelli, alcune parole chiave subivano ripetizioni ma erano frutto di incastri imprevedibili e non calcolati. Ho iniziato a scrivere ritornelli mano a mano che aumentava la mia esperienza live, su consiglio di Ice e notando il fatto che i testi complessi assorbono l’attenzione di molti, ma i ritornelli sono break mentali e musicali che possono aumentare la condivisione del momento, oltre che la potenza del pezzo. Attraverso la scrittura cerco me stessa e la trama si infittisce in quanto la ricerca è posta al centro di un contesto spazio-temporale parecchio complesso, ma non indecifrabile. Credo che la mia ricerca sia più chiara nei testi, riassunto semplificativo delle mie direzioni mentali, vivo l’ eterno conflitto interiore di preferire le parole che non si dicono ma di dover portare ordine agli impulsi sensoriali che il mio cervello necessita di decifrare. “Scioglimi la voce quando parlo troppo veloce, perché ci provo a riscoprire verbalmente la luce” insomma…


Per valorizzare un testo corposo servono delle produzioni dinamiche: strumenti e un’anima Jazzy/Funk. Su quali elementi portanti è stato delineato il sound del progetto?
Ice: Come dicevo prima, le basi musicali di questo progetto sono state quelle del soul jazz, ma anche del funk, con qualche influenza elettronica. Le ispirazioni musicali sono state quelle di Quincy Jones, Roy Ayers, Ramsey Lewis, Herbie Hancock, Gil Scott Heron, Lou Donaldson; per quanto riguarda invece le produzioni Hip Hop che sono state per me il riferimento sonoro per questo viaggio ci sono gli intramontabili A Tribe Called Quest, Digable Planets, Brand Nubian, Drema Warriors, Blu & ExHile, Dag Savage, Jazzmatazz di Guru, Gang Starr, Diamond D, Large Professor. Non abbiamo snobbato nemmeno input dalla musica pop, riportandoli però all’Hip Hop, senza cedere al richiamo del momento di sminuire e banalizzare il proprio lavoro e le proprie ispirazioni attraverso pattern stereotipati e giri ossessivi di tre note che dureranno solo una stagione.

Sono curioso di capire com’è avvenuto il confronto, anche generazionale, in studio. Quali compromessi e punti di rottura avete raggiunto per arrivate alla formula definitiva di questa Iniezione musicale?
Ice: Quando lavori con una persona che vuol diventare pro e non l’eterno dilettante, magari anche bravissimo, che si barcamena tra due vite e non riesce a viverle pienamente, ogni confronto generazionale si abbatte. Innanzitutto io non ho età, perché vivo nel futuro, e ho come buona abitudine di non pesare le altre persone attraverso l’età anagrafica; la creatività è una forma di follia organizzata, per cui cerco chi la possiede e la mette in pratica.
Gli altri sono solo seguaci, che rifanno bene le cose di altri, magari anche con grande successo, ma restano solo cloni e in Italia ne abbiamo avuti tanti. E probabilmente ne avremo ancora.
Con Cal c’è stato subito un accordo silenzioso nello spartirci le responsabilità; il primo “test” pubblico lo abbiamo fatto producendo un remix per i Banana Spliff. Avevo infatti bisogno di campionamenti di sax, in stile sample anni ‘90, e lei ha imbracciato il sax alto ed ha iniziato a sparare riff; pensa che per dargli un suono più vintage li abbiamo registrati con il microfono del telefonino, e il risultato lo potete ascoltare su YouTube.

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