Libro d'oro della nobiltà italiana
Il Libro d'oro della nobiltà italiana è un registro ufficiale dello Stato italiano contenente le famiglie che ebbero l'iscrizione con provvedimenti di grazia e giustizia. Ogni famiglia ha una o più pagine, nelle quali sono annotate: paese d'origine, dimora abituale della famiglia, titoli e attribuzioni nobiliari con indicazioni di provenienza e trasferibilità, provvedimenti regi e governativi, descrizione dello stemma e parte della genealogiadocumentata.
Il registro è conservato nell'Archivio Centrale dello Stato, a Roma[1][2], compilato dalla consulta araldica del Regno d'Italia, organo statale costituito nel 1869 presso il Ministero dell'interno[3].
Per l'annotazione dei nomi dei discendenti diretti era sufficiente la presentazione degli atti di stato civile; i collaterali, sempreché il collegamento al capostipite fosse avvenuto posteriormente alla nobilitazione della famiglia, dovevano presentare la necessaria documentazione di stato civile, ma era richiesto anche il consenso di colui (o dei suoi aventi causa, se defunto) che aveva ottenuto la prima iscrizione della famiglia. Altrimenti, ed era anche il caso più frequente per ragioni fiscali, si doveva chiedere ex novo il decreto di riconoscimento. Da ciò deriva che l'iscrizione al "Libro d'Oro" era un semplice atto amministrativo e contro i relativi provvedimenti era possibile ricorrere al Consiglio di Stato per motivi di legittimità[4].
Per ottenere l'iscrizione nel "Libro d'Oro", oltre alla presentazione della domanda, si doveva aver pagato le relative tasse amministrative, ottenendo la registrazione alla Corte dei conti, dopo di che veniva spedito il relativo decreto nei termini di legge. La semplice appartenenza ad una nobile famiglia non era il solo requisito necessario, ma si richiedevano anche i pareri positivi delle autorità prefettizie che avevano interpellato gli organi di polizia, e tante altre cose[5].
Il R.D. 7 settembre 1933, n. 1990 dettò norme sulla compilazione del Libro d'Oro e impose ai cittadini indicati nell'Elenco Ufficiale nobiliare di richiedere, previo riconoscimento specifico, l'iscrizione a detto Libro.
È strutturato in molti volumi manoscritti e rilegati, suddivisi in due serie e oggi conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato a Roma-EUR[6]:
- Libro d'oro della nobiltà italiana, vecchia serie in 11 volumi;
- Libro d'oro della nobiltà italiana, nuova serie, in 30 volumi.
Con la fine del regime monarchico e la conseguente soppressione della consulta araldica del Regno d'Italia, questo registro non è ovviamente più stato aggiornato (né potrebbe esserlo in quanto solo lo Stato Italiano ne avrebbe l'autorità).
Questo repertorio ufficiale non è da confondersi, come invece spesso avviene, con l'omonimo repertorio periodico, denominato anch'esso Libro d'oro della nobiltà italiana, che si stampa a Roma a cura del Collegio araldico - Istituto araldico romano.
Indice
[nascondi]Gli elenchi nobiliari ufficiali del Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]
Prima dell'unificazione italiana, elenchi ufficiali delle famiglie con titolo nobiliare esistevano in molti stati e città e spesso prendevano il nome di "libro d'oro"[7].
La consulta araldica venne istituita per evitare abusi ed usurpazioni nel mantenimento dei titoli nobiliari già esistenti negli Stati preunitari e fu incaricata di tenere un "registro di titoli gentilizi" nel quale era obbligatoria l'iscrizione per aver diritto di pubblica attribuzione del titolo. Nel 1889[8]fu istituito un elenco delle famiglie che avevano ottenuto decreti di concessione o riconoscimento di titoli nobiliari dopo l'unità d'Italia e contemporaneamente vennero redatti 14 elenchi regionali, nei quali vennero iscritte le famiglie già registrate negli elenchi ufficiali degli stati preunitari.
Nel 1896 venne istituito presso la consulta araldica il "Libro d'oro della nobiltà italiana"[9], nel quale furono iscritte le famiglie che avevano ottenuto decreti di concessione, conferma o rinnovazione di un titolo nobiliare da parte del re, ovvero decreti reali o ministeriali del riconoscimento del proprio titolo nobiliare.
Nel 1921 venne approvato l'"Elenco ufficiale delle famiglie nobili e titolate del Regno d'Italia"[10]: l'elenco comprendeva tutte le famiglie già iscritte nei registri regionali, ma un asterisco contrassegnava quelle che avendo ottenuto il decreto reale o ministeriale, erano state inserite nel Libro d'oro della nobiltà italiana.
Nel 1933 venne approvato un secondo '"Elenco ufficiale della nobiltà italiana"[11], a cui fu annesso anche un elenco dei predicati nobiliari.
Gli iscritti negli Elenchi ufficiali nobiliari italiani (1921-1933 e supl. 1934-36) se entro tre anni non presentavano la documentazione per l'iscrizione nel Libro d'Oro venivano cancellati dagli stessi: nell'Elenco del 1933 sparirono molte famiglie non estinte elencate in quello pubblicato nel 1921.[12]
La consulta araldica, pur non essendo mai stata emanata la legge che avrebbe dovuto regolamentarne la soppressione, nel 1948 cessò le sue funzioni, in seguito all'entrata in vigore della XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana, con la quale lo Stato repubblicano sancì il non riconoscimento legale dei titoli nobiliari. L'elenco ufficiale della consulta araldica, se ha perduto ogni efficacia legale per quanto riguarda i titoli nobiliari, rimane tuttavia prova dell'avvenuto riconoscimento del titolo nobiliare nel passato ordinamento, che costituisce premessa indispensabile per avere il diritto di inserirne il predicato nel cognome[13].
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Riconoscimenti di predicati italiani e di titoli nobiliari pontifici nella Repubblica Italiana / repertorio a cura di Walter Pagnotta, Ministero per i beni culturali e ambientali - Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, Roma : Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1997, serie: Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Sussidi ; 9 ISBN 88-7125-123-7.
- ^ Jocteau Gian Carlo: Nobili e nobiltà nell'Italia unita, Laterza (collana Quadrante Laterza) 1997.
- ^ Regio decreto n. 5318 del 10 ottobre 1869; il regolamento fu approvato con un secondo regio decreto dell'8 maggio 1870.
- ^ AA.VV. "Nobiltà" pubblicazione bimestrale Milano anno XVII Gennaio-Febbraio 2010 numero 94, pag. 61.
- ^ AA.VV. "Nobiltà" pubblicazione bimestrale Milano anno XVII Gennaio-Febbraio 2010 numero 94, pag. 78.
- ^ Guida ai fondi dell'Archivio Centrale dello Stato
- ^ Tra gli esempi il "Libro d'oro delle Isole Ionie", compilato dalle autorità veneziane, probabilmente come aiuto nella raccolta delle tasse piuttosto che come libro di promozione od ordinamento sociale, o il "Libro d'oro di Corfù", pubblicato la prima volta nel 1572.
- ^ Regio decreto del 15 giugno 1889.
- ^ Regi decreti n.313 del 2 luglio e n.314 del 5 luglio 1896. Furono istituiti contemporaneamente anche il "Libro araldico dei titolati stranieri" (famiglie straniere in possesso di titoli nobiliari italiani), il "Libro araldico della cittadinanza" (famiglie non nobili con stemma) e il "Libro araldico degli enti morali" (stemmi e altri simboli per enti pubblici o associazioni).
- ^ Regio decreto n.972 del 3 luglio 1921.
- ^ Regio decreto n. 1990 del 7 settembre 1933, con supplemento relativo al 1934-1936 approvato con regio decreto n.173 del 1º febbraio 1937.
- ^ AA.VV. "Nobiltà" pubblicazione bimestrale Milano anno XVII Gennaio-Febbraio 2010 numero 94 pag. 77-78.
- ^ Sentenza della Corte costituzionale n.101 del 1967.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Gian Carlo Jocteau, Nobili e nobiltà nell'Italia unita, Laterza (collana Quadrante Laterza) 1997.
- Elenco storico della nobiltà italiana (compilato in conformità dei decreti e delle lettere patenti originali e sugli atti ufficiali di archivio della Consulta araldica dello Stato italiano), Sovrano militare ordine di Malta, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1960.
- Walter Pagnotta, Riconoscimenti di predicati italiani e di titoli nobiliari pontifici nella Repubblica Italiana (repertorio), Ministero per i beni culturali e ambientali - Ufficio centrale per i beni archivistici, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1997 (serie: Pubblicazioni degli archivi di stato. Sussidi, 9) ISBN 88-7125-123-7.
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