martedì 14 novembre 2017

L’assalto all’incrociatore




L’assalto all’incrociatore

I due turisti che l’altro ieri hanno rubato una gondola a Venezia per farsi un giro mi hanno ricordato un lontano episodio della mia vita goliardica. Anch’io “rubai” una barca, a Salerno. Era il 1971, ero Pontifex di Torino, ed ero lì per la festa delle matricole. Una noia.
Per movimentarla, radunai una trentina di goliardi e li convinsi a conquistare un incrociatore americano che, maestoso, era all’ancora in rada. Cercammo di servirci delle barche in secca sulla spiaggia, ma i pescatori ci videro. Nella confusione, una sola barca riuscì a prendere il largo: la mia.
Con altri due remammo per ore, e giungemmo sotto l’enorme nave. In feluca, pennacchi e mantelli salimmo la scaletta lungo la fiancata e, giunti a bordo, dicemmo in inglese “La goliardia italiana dichiara guerra agli Stati Uniti, questa nave è nostra, fuori le chiavi”. Gli yankees non capivano. Quando però mi diressi verso la sala comandi due enormi MP mi afferrarono.
“Mi arrendo – strillai – voglio essere trattato secondo la Convenzione di Ginevra”. Solo allora gliamericani capirono lo scherzo, e risero come matti. Ci riempirono di regali, liquori, sigarette, ci fecero visitare la nave e poi ci congedarono. Fummo ricondotti in porto dalla motovedetta della Polizia, che era uscita a cercarci. Il molo brulicava di goliardi e cittadini che ci credevano annegati.
Invece di tre cadaveri videro arrivare tre matti che cantavano e gettavano sigarette agli amici. Il padrone della barca ritirò la denuncia, e tutto finì a tarallucci e vino. Oggi una roba simile sarebbe impossibile. Gli yankees, se ti avvicini in barca a una loro nave, prima ti danno l’altolà, e poi ti sparano. Ma quelli, per fortuna, erano altri tempi.
collino@cronacaqui.it

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