(A)cari fratelli…
Nata negli Usa, avanza anche in Europa la moda “unwashed”, lavarsi meno per un’igiene ecosostenibile. Si fa per risparmiare acqua, ma anche prima di questa moda molti dermatologi invitavano a non lavare troppo spesso la pelle. L’uso di massa dell’acqua per scopi igienici si è diffuso soltanto dal secondo dopoguerra: nel primo ‘900, per dire, era ancora uso comune lavarsi a fondo solo una volta l’anno, a Pasqua. Dopo i fasti termali di Roma antica, il fanatismo religioso medioevale aveva fatto precipitare l’igiene personale a livelli infimi anteponendo la cura dell’anima a quella del corpo, definita futile e vanesia. Il re di Francia Luigi XIII fece il suo primo bagno completo solo a sette anni, nel 1611. Adesso, invece, alé. Plurime docce quotidiane, deodoranti, detergenti, scrub… La pelle così perde le sue difese naturali, tra cui i batteri “buoni” che, mescolati al grasso cutaneo, combattono i batteri esterni “cattivi”. Il nostro sistema immunitario, impigrito dall’inattività e disorientato dai troppi aiuti chimici, lavora a singhiozzo, e ci vengono eczemi, dermatiti e allergie. Estendendo il principio dalla pelle agli organi interni, ecco il motivo delle crescenti intolleranze alimentari e allergie ambientali. Queste considerazioni, però, cozzano contro gli interessi delle case produttrici di cosmetici e alimenti, delle agenzie che ne curano le massicce campagne pubblicitarie e dei mass media che se le fanno pagare. Il principio cinico del moderno marketing è “se non trovi nei consumatori un bisogno insoddisfatto, crealo e soddisfalo”. E così continueremo a grattarci per gli acari e digerire male il glutine. Però puliti e profumati.
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