da "Miseria e nobiltà"
Spaghetti alla barzanella
Non ho mai pensato in questo blog di presentare delle ricette perché non ho mai fatto un corso per fare il cuoco, imparare di cucina come hanno sicuramente fatto quelli che ne scrivono, come la carissima Cinzia che manda avanti il blog “Il gusto dei ricordi” che vi segnalo, che ha reso più piacevole il mio rapporto con il PC che invece stavo incominciando ad odiare per le esperienze negative nelle quali ero incappato con altri.
Non risolve la solitudine dell’uomo, ma l’allevia ingenerando però atteggiamenti alla solitudine, alla riservatezza, alla bugia, o alla magnoeloquenza, alla superficialità, all’onnipotenza, alla sedentarietà, e cosi via.
Dicevo che non ho mai pensato di fare quello che non so fare, ma di raccontare le mie esperienze nessuno me lo potrà impedire e questo è un altro male del Pc che se non siamo protagonisti di qualcosa provoca a farlo per imitazione o per presenzione.
Ho incominciato a cucinare sotto la guida di mia madre quando tornavo dalla scuola affamato come non mai, da non riuscire ad aspettare il rientro di mio padre a casa per la cena. Era il 1956. La prima pietanza furono gli spaghetti alla “barzanella” che richiede un minimo di attenzione per arrivare al risultato sbalorditivo di mangiare in un battibaleno la porzione di spaghetti messi in pentola e desiderarne ancora altri.
Basta mettere sul fuoco la pentola con dentro l’acqua di cottura nella proporzione di 1 a 7 e cioè per ogni chilo di pasta da cuocere occorrono 7 litri d’acqua, quindi per 100 grammi di pasta occorrone 700 grammi d’acqua o anche un litro perché l’acqua fa male e non fa ingrassare. In una padella, se di rame è meglio, mettere per cento grammi di pasta, uno o due cucchiai d’olio o anche tre nel quale appena si è riscaldato calerete uno spicchio d’aglio e una decina di pomodori freschi ai quali avete tolto i semi che è sempre meglio eliminare.
Da questo momento la vostra presenza ai fornelli è indispensabile per seguire la cottura del pomodoro e poi quella della pasta che calerete nell’acqua appena questa incomincia a bollire.
Il pomodoro deve cuocersi pian piano, ma va seguito per non farlo bruciare data l’esiguità dell’olio. Con una forchetta lo smuoverete permettendogli di rilasciare l’acqua e di farsi sopravanzare dall’olio diventando in esso la reliquia di quello che era all’inizio. Prima della fine salatelo facendo attenzione a non esagerare.
Appena possibile assaggiatelo per sincerarvi sul grado di dolcezza raggiunto con la salatura, se l’acidità si è trasformata in zucchero siete sulla strada buona però senza farlo bruciare anche se il fuoco è tenuto basso.
Lo stesso fate con la pasta. Salatela quando incomincia a perdere la sua durezza. Sarete diventati dei bravi cucinieri quando toccandola ne avvertirete il gradi di durezza.
Quando riterrete che è cotta, meglio al dente, scolatela e mettetela nella padella col sugo rimestandola per farle assorbire il pomodoro o la sua ombra ed il suo sapore.
Il sugo che vi ho insegnato può costituire la base per altri sughi in quanto ad esso nella metà cottura potrete aggiungere dalle olive ai capperi, dalle acciughe al tonno, vogole e tutto quello che la vostra fantasia vi suggerisce di provare.
Per adesso buon appetito.
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