L'Italia è fatta disse uno di quelli che la voleva unita, ma quando si accorse che bisognava fare anche gli italiani, sicuramente, gli caddero le braccia.
Avanzando verso il nord, dopo lo sbarco in Sicilia l'inebriatezza che lo aveva preso, nonostante i morti e i feriti che lo circondavano da ambo i lati, non gli fece prendere coscienza che i briganti quando gli davano una mano lo facevano soltanto per dadicarsi meglio al territorio guadagnandosi le garanzie di una futura incolumità, che se i nobili si schieravano al suo fianco lo facevano anch'essi per limitare i danni di una riforma agraria che già si sentiva nell'aria per calmare l'appetito delle classi meno abienti e di quelle più povere.
Si accorse, però, da subito che l'unità piaceva soltanto quando c'era da prendere, che si rischiava di stare meglio quando si stava peggio perchè i più forti, i prepotenti di prima della guerra di unità, facevano di tutto per restare ai loro posti guadagnosi delle benemerenze che soltanto ai meno sprovveduti potevano sembrare dei tradimenti.
Ancora oggi se ne parla come se la storia non fosse sempre la stessa con i suoi corsi e ricorsi. Oggi si è rivoluzionari, domani si diventa eroi, oggi si è traditori e domani salvatori della causa solamente se si ha l'opportunità di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto.
Le altre considerazioni lasciamole a chi è in ritardo sui tempi, agli storici, agli stolti e a quant'altri hanno voglia di discutere per sistemare meglio la verità che gli fa comodo.
Anche oggi ci sono quelli che si aggregano, si distaccano, si pentono e fanno pubblicamente ammenda dei continui passaggi di fronte producendo, lo sanno bene, profitto solamente per quelli che sono già ben provvisti come se si trattasse di giocare a Monopoli.
I soldi aiutano a soffrire meglio se ci sarà da soffrire. Solamente qualcuno come Gioacchino Murat fu ammazzato per effetto di una legge che lui stesso aveva emanato. Oggi le leggi ad personam si fanno per tirarsi fuori dagli impicci non per stabilire concetti come quelli di cui Murat fu vittima.
Se si sbaglia a dire qualcosa si fa in fretta a dire che non si è stati capiti. Che si è vittima di persecuzioni solamente perchè si è fraintesi.
Onestamente è un aberrazione, ma lo è diventato anche dire onestamente perchè chi ti ascolta ti guarda con sospetto in questo margine di tempo in cui la corruzione è così evidente. L'inappetenza viene soltanto ai non praticanti, ai meno abbienti, ai "santi viventi" come definiva Vincenzo D'Angelo (artista esimio di Castellammare di Stabia) i propri compaesani pensionati in attesa di trapasso, con la voglia di sopravvivere, ma con la noia nelle braccia.
Se dovessi dire che italiano sono diventato nel tempo che ho vissuto non saprei se dirmi schifato o altro per non aver dato al mio paese quel contributo che sentivo di dover dare, ma che ho dato solo in parte senza diventare determinante per le sorti mie e di tanti altri che condividono il mio stesso pensiero.
Forse abbiamo fatto come quello della barzelletta che si candidò a furor di popolo, acclamato prima di vincere, ma dopo l'aperura dell'urna profondamente deluso in quanto da essa non uscì neppure il suo voto. Disse che si era sbagliato dando il voto al suo avversario visto che la sua vittoria era stata annunciata come schiacciante.
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