Egitto, raid negli uffici degli avvocati di Regeni

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Le forze di sicurezza hanno fatto irruzione mercoledì sera nella sede della «Commissione egiziana per i diritti umani e le libertà» (Ecrf), organizzazione che sta offrendo consulenza legale alla famiglia del ricercatore Giulio Regeni, trovato morto al Cairo il 3 febbraio 2016. «Gli agenti della sicurezza di Stato sono entrati nell’ufficio accompagnati da una donna che ha dichiarato di appartenere al Ministero degli Investimenti — dice Ahmad Abdallah, presidente del consiglio di amministrazione di Ecrf — Hanno detto che avevano l’ordine di chiudere gli uffici, hanno tentato di apporre un sigillo di cera sulla porta, senza alcuna spiegazione. Fuori c’era un furgone pieno di agenti. Gli avvocati hanno obbiettato che questo è uno studio legale e il Ministero degli Investimenti non ha l’autorità di chiuderlo. Gli agenti hanno sottolineato che torneranno la prossima settimana». Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, e la loro legale Alessandra Ballerini hanno espresso «grave preoccupazione» in una dichiarazione congiunta con gli avvocati egiziani: «Ancora una volta sembra che la libertà e la sicurezza di chi ci aiuta a gettare luce sulla morte di Giulio sia a rischio». Il 5 settembre le autorità avevano già oscurato il sito Internet di Ecrf. Il 10 settembre hanno arrestato uno degli avvocati, il 53enne Ibrahim Metwally, all’aeroporto del Cairo dove doveva prendere un volo per Ginevra per partecipare ad un incontro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate. Scomparso per due giorni, senza accesso a familiari o avvocati, è riapparso in tribunale ed è stato rinchiuso in carcere con un ordine d’arresto di 15 giorni, appena esteso ad altre due settimane. Metwally ha detto ai colleghi di essere stato torturato con scosse elettriche nella sede della Sicurezza di Stato il giorno dell’arresto. È accusato di «gestire un gruppo creato contro la legge, diffondere notizie false e cooperare con organizzazioni straniere». Intanto, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, il presidente Al Sisi ha espresso al premier Gentiloni «la determinazione totale a portare alla luce la verità su questo caso». (Viviana Mazza – Corriere della Sera)