mercoledì 29 aprile 2020

CORONAVIRUS IN RUSSIA: GUERRA AL CONTAGIO O ALL’INFORMAZIONE ?


CORONAVIRUS IN RUSSIA: GUERRA AL CONTAGIO O ALL’INFORMAZIONE ?
Eleonora Tafuro Ambrosetti – 20 marzo 2020
Un virus letale emerse all’improvviso in una regione, propagandosi rapidamente a livello globale. Mentre i medici si affannavano a cercarne le origini e, soprattutto, la cura, una teoria si faceva strada in tutto il mondo e si consolidava soprattutto in certi ambienti: il virus era in realtà il prodotto di una ricerca militare americana segreta volta a sviluppare una potente arma biologica.
Suona familiare? Questa teoria del complotto è alla base dell’operazione INFEKTION, campagna di disinformazione – probabilmente la più famosa – sull'HIV/AIDS orchestrata dal KGB, il servizio di intelligence sovietico all'inizio degli anni '80. Secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America e la task force East StratCom del Servizio europeo per l'azione esterna, ripresi da vari media italiani e internazionali, oggi ci troveremmo di fronte allo stesso sforzo mirato e sistematico della Russia di diffondere disinformazione, stavolta sul coronavirus. La Russia è infatti accusata di pubblicare in Europa notizie false sul coronavirus, con lo scopo di destabilizzare i paesi europei, seminare il panico e la sfiducia nei cittadini e rendere più difficile la gestione della pandemia. Anche stavolta l’origine del virus sarebbero i laboratori statunitensi o britannici. Una strategia apparentemente coerente con l'uso di teorie cospirativiste da parte di canali governativi russi quali RT come uno strumento politico nel contesto della rivalità tra Russia e Occidente.
Le fake news sul Covid-19 non provengono, però, solamente dalla Russia. Anche alcuni media iraniani legati al governo, come PressTV – un servizio di notizie in inglese e francese – stanno sostenendo la teoria che il coronavirus sia un'arma biologica prodotta dagli USA. In Turchia, Fatih Erbakan, un predicatore e politico islamista vicino al presidente Recep Tayyip Erdogan, ha affermato pubblicamente che il sionismo potrebbe giocare un ruolo nella diffusione del coronavirus. In Italia, le “bufale” nostrane più disparate sul coronavirus si diffondono su diversi canali, tra cui WhatsApp: dal complottismo che vede le case farmaceutiche produttrici di vaccini come responsabili del virus ai rimedi o regimi alimentari miracolosi che donano immunità, il panorama italiano è segnato dalle numerose notizie false sulla pandemia.
Sebbene sia semplice identificare notizie false o tendenziose emesse dai media tradizionali, ben più difficile è valutare l’origine delle fake news sui social.
Ad esempio, nel caso delle già menzionate accuse del Dipartimento di Stato USA alla Russia, alcune grandi aziende come Facebook e Twitter inizialmente hanno avuto difficoltà a ottenere copie dei rapporti del governo sulla questione. Le aziende ora dispongono di tali informazioni, ma Facebook ha chiesto al governo ulteriori prove a sostegno delle sue affermazioni. Nel frattempo, Twitter afferma di non aver trovato prove significative di sforzi coordinati per diffondere disinformazione relativa al coronavirus sul suo sito. Come sostiene Samuele Dominioni, dell’Osservatorio Cybersecurity dell’ISPI, quanto emerso fino ad ora fa pensare ad una operazione di (dis)informazione classica piuttosto che ad una campagna cibernetica come accaduto in altre occasioni.
Più che la destabilizatsiya (destabilizzazione) dell’Occidente, sembra sia la stabilità interna quella che interessa maggiormente al Cremlino al momento. Alcune notizie false sul virus appaiono principalmente destinate al consumo interno, al fine di suscitare sentimenti anti-occidentali e spostare la responsabilità sull'Occidente nel caso in cui le autorità russe dovessero dimostrarsi incapaci di fermare la diffusione dell'epidemia in patria.
Come afferma[1] Samantha Berkhead, news editor del Moscow Times, il governo russo sta in effetti proiettando un'immagine di stabilità e controllo per i propri cittadini: il presidente Vladimir Putin ha affermato che il virus è "sotto controllo" e ha sollecitato i russi a non farsi prendere dal panico e a continuare la propria vita di sempre. Allo stesso tempo, il governo sta attivamente scoraggiando le persone dall'ottenere informazioni sul virus da fonti che non siano quelle governative. Lo stesso Putin ha ripetutamente sottolineato i pericoli delle fake news sul coronavirus, contro cui Mosca starebbe combattendo anche attraverso l'Intelligenza Artificiale (AI). Secondo Berkhead, ci sarebbe dunque una sorta di “ciclo vizioso della sfiducia”: il governo non si fida dei cittadini e della loro capacità di cercare la verità da soli, mentre i cittadini non si fidano delle stime del governo.
D’altronde, come classificare il numero degli infetti e delle vittime del virus è oggetto di un acceso dibattito, e non solo in Russia: cambiamenti nella metodologia del rilevamento delle vittime del virus, attualmente non uniformi a livello globale, possono portare a numeri molto diversi e a accuse nemmeno tante velate di truccare le statistiche, come quelle avanzate da membri del partito di estrema destra Fratelli d’Italia alla Germania.
Il fenomeno della disinformazione nell’attuale contesto della pandemia non è dunque un fenomeno nuovo. Tuttavia, esso non riguarderebbe dunque solo la Russia, e neanche la destabilizzazione dell’Occidente sembra essere l’obiettivo primario delle fake news riconducibili a media governativi russi. Il comportamento del governo russo sembra piuttosto rispondere alla logica della ricerca di nemici esterni contro i quali la popolazione del paese e i suoi leader rafforzano il loro senso di identità di gruppo (la “dimensione esterna” del populismo). Una logica utile anche nel contesto del prossimo referendum sui cambiamenti costituzionali che, se approvati come pochi dubitano, manterrebbero Putin al potere fino al 2036.


[1] conversazione con l’autrice



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