domenica 1 luglio 2018

Giorgio Caproni -- Un ricordo


Ricordando Giorgio Caproni, ecco le poesie più belle



In occasione dell’anniversario della sua scomparsa, ecco una raccolta delle poesie più belle di Giorgio Caproni, il “poeta del sole, della luce e del mare”…
MILANO – Il 22 Gennaio 1990 veniva a mancare Giorgio Caproni, uno dei più grandi poeti italiani del Novecento. Carlo Bo, uno dei suoi primi critici, lo definì il “Poeta del sole, della luce e del mare”. I temi portanti della sua poetica sono: la madre, rievocata e ricordata in molte poesie; Genova, considerata la sua “città dell’anima”; il viaggio, un viaggio allegorico alla scoperta della vita. In occasione del suo anniversario della sua scomparsa, ecco una raccolta delle poesie più belle.

Sassate

Ho provato a parlare.
Forse, ignoro la lingua.
Tutte frasi sbagliate.
Le risposte: sassate.

Alba

Amore mio, nei vapori d’un bar
all’alba, amore mio che inverno
lungo e che brivido attenderti! Qua
dove il marmo nel sangue è gelo, e sa
di rinfresco anche l’occhio, ora nell’ermo
rumore oltre la brina io quale tram
odo, che apre e richiude in eterno
le deserte sue porte?… Amore, io ho fermo
il polso: e se il bicchiere entro il fragore
sottile ha un tremitìo tra i denti, è forse
di tali ruote un’eco. Ma tu, amore,
non dormi, ora che in vece la tua già il sole
sgorga, non dirmi che da quelle porte
qui, col tuo passo, già attendo la morte.

Perchè restare

Chi sia stato il primo, non
è certo. Lo seguì un secondo. Un terzo.
Poi, uno dopo l’altro, tutti han preso la stessa via.
Ora non c’è più nessuno.
La mia
casa è la sola
abitata.
Son vecchio
Che cosa mi trattengo a fare,
quassù, dove tra breve forse
nemmeno ci sarò più io
a farmi compagnia?
Meglio – lo so – è ch’io bada
prima che me ne vada anch’io.
Eppure, non mi risolvo. Resto.
Mi lega l’erba. Il bosco.
Il fiume. Anche se il fiume è appena
un rumore ed un fresco
dietro le foglie.
La sera
siedo su questo sasso, e aspetto.
Aspetto non so che cosa, ma aspetto.
Il sonno. La morte direi, se anch’essa
da un pezzo – già non se ne fosse andata
da questi luoghi.
Aspetto
e ascolto.
(L’acqua,
da quanti milioni d’anni, l’acqua,
ha questo suo stesso suono
sulle sue pietre?)
Mi sento
perso nel tempo.
Fuori
del tempo, forse.
Ma sono
con me stesso. Non voglio
lasciare me stesso uscire
da me stesso come,
dal sotterraneo
il grillotalpa in cerca
d’altro buio.
Il trifoglio
della città è troppo
fitto. Io son già cieco.
Ma qui vedo. Parlo.
Qui dialogo. Io
qui mi rispondo e ho il mio
interlocutore. Non voglio
murarlo nel silenzio sordo
d’un frastuono senz’ombra
d’anima. Di parole
senza più anima.

Foglie

Quanti se ne sono andati…
Quanti.
Che cosa resta.
Nemmeno
il soffio.
Nemmeno
il graffio di rancore o il morso
della presenza.
Tutti
se ne sono andati senza
lasciare traccia.
Come
non lascia traccia il vento
sul marmo dove passa.
Come
non lascia orma l’ombra
sul marciapiede.
Tutti
scomparsi in un polverio
confusi d’occhi.
Un brusio
di voci afone, quasi
di foglie controfiato
dietro i vetri.
Foglie
che solo il cuore vede
e cui la mente non crede.

L’occasione

L’occasione era bella.
Volli sperare anch’io.
Puntai in alto. Una stella
o l’occhio (il gelo) di Dio?

Biglietto lasciato prima di non andar via 

Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
È stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.

Saggia apostrofe a tutti i caccianti

Fermi! Tanto
non farete mai centro.
La Bestia che cercate voi,
voi ci siete dentro.

photocredits: Dino Ignani


Nessun commento:

Posta un commento