Scarso rendimento, no al licenziamento se non vi è superamento del comporto
Redazione 14 giugno 2018
La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 15523 del 2018, ha reso il seguente principio di
diritto: “no al recesso del
datore per scarso rendimento se le assenze per malattia a macchia di leopardo
non hanno complessivamente superato il
comporto” (Dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore).
Vediamo insieme i
fatti di causa di cui alla sentenza 15523/2018.
La Corte di Appello
di Milano, con sentenza del 18.2.2016, respingeva il reclamo avverso la
sentenza del locale Tribunale che, in riforma dell’ordinanza opposta, aveva
dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a …. Il 28.10.2014,
condannando la società … s.p.a. alla reintegra del predetto ed a
corrispondergli, ex art. 18, 7° e 4° comma dello Statuto dei lavoratori,
un’indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto di
euro 1543,96 lordi alla data del licenziamento all’effettiva reintegrazione,
oltre accessori di legge e relativa contribuzione.
Rilevava la Corte che
il contratto collettivo applicabile prevedeva espressamente l’ipotesi del
comporto per sommatoria anche in ipotesi di frazionamento delle assenze ove
contenute entro il limite temporale previsto e che, collegando la regola
contrattuale a quella legale dell’art. 2110 c.c., norma speciale, anche alla
luce del disposto della l. 92/2012, il cui articolo 1, comma 42, teneva
distinta la fattispecie del giustificato motivo oggettivo da quella del
comporto (riveniente la sua ratio nella tutela della salute di rango
costituzionale ex art. 32 Cost.), era pacifico il diritto alla permanenza nel
posto di lavoro che escludeva la legittimità del recesso ove intimato, come
nella specie, nell’ambito del comporto (richiamate Cass. 14310/205 e
16582/2015).
Sotto altro profilo,
il giudice del gravame osservava come non era stata provata la
disorganizzazione che sarebbe derivata dalle assenze dello …, alla luce della
consolidata interpretazione e qualificazione giurisprudenziale del giustificato
motivo oggettivo come extrema ratio quale conseguenza dello scarso rendimento,
nell’ottica seguita dal reclamante. Al riguardo veniva evidenziato come la
società avesse più di 1900 dipendenti addetti alla vigilanza e che nulla era
stato allegato sull’impostazione della sua organizzazione per far fronte alle
assenze del personale e come avesse inciso in concreto su di essa la
reiterazione delle assenze per malattia del lavoratore, le quali, per
definizione, non potevano che essere comunicate al datore di lavoro quando la
malattia si fosse verificata.
Si precisava, poi,
che al licenziamento intimato in violazione del comporto per malattia doveva
conseguire la tutela reale, nei termini in cui era stata riconosciuta dal
Tribunale.
Avverso tale sentenza
proponeva ricorso per cassazione la società datrice di lavoro che veniva
rigettato dalla Corte Suprema.
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