MA COS'È QUESTO MES?
Grazie a Simona Tinagli.
Che cosa è il MES?
In estrema sintesi: il Meccanismo Europeo di Stabilità
(MES) è stato creato nel 2012 con un Trattato Intergovernativo (ovvero un
accordo tra Stati, non con un atto di legislazione Europea) come strumento per
aiutare i Paesi dell’eurozona in difficoltà, attraverso la creazione di un
Fondo (Il Fondo Salvastati) a cui contribuiscono tutti i 19 paesi che
aderiscono all’Euro. L’utilizzo di questo Fondo da parte di chi è in difficoltà
prevede ovviamente (sin dal 2012), una serie di condizioni sia per accedervi, sia
una volta che si sono ricevuti gli aiuti. Il MES non è, com’è stato
erroneamente affermato da Salvini (ex vice primo ministro di uno Stato aderente
al MES!), un “ente privato”, ma un Fondo creato dagli Stati Membri della zona
Euro nel cui organo decisionale siedono i Ministri delle Finanze (su chi decide
che cosa torneremo dopo).
Come funziona il MES prima e dopo la riforma?
IL MES PRIMA DELLA RIFORMA
Il MES può erogare un prestito a uno Stato in
difficoltà sotto forma di due linee di credito, cosiddette PCCL (Precautionary
Conditioned Credit Line) ed ECCL (Enhanced Conditioned Credit Line). Le
condizioni per avere accesso a una linea di credito piuttosto che all’altra non
sono inserite nel trattato attuale (che menziona solo la necessità di avere un
debito pubblico sostenibile), ma si trovano nelle linee guida elaborate dal MES
sempre nel 2012. In ogni caso, spetta al Board of Governors del MES, in base
alla richiesta del paese e alle valutazioni della Commissione, della BCE e del
Fondo Monetario Internazionale, decidere sotto che forma concedere il prestito.
Ma la cosa più rilevante è che oggi, per entrambe le linee di credito, è
previsto l’obbligo di sottoscrivere un contratto con la Commissione, la BCE e
il Fondo Monetario Internazionale: la cosiddetta Troika.
IL MES DOPO LA RIFORMA
Dopo la riforma il MES funziona esattamente con gli
stessi strumenti di prima (PCCL e ECCL), tuttavia nel nuovo testo si cancella
l’obbligo di firmare un contratto con la Troika in caso di PCCL. In cambio di
questo significativo alleggerimento delle condizioni si iscrivono nel trattato
– non più nelle linee guida - dei criteri oggettivi leggermente più stringenti
per averne diritto Si tratta di criteri presenti in un nuovo allegato al
trattato, l’allegato III, che includono, per esempio, l’avere nei due anni
precedenti un deficit sotto al 3% e il non essere in procedura di infrazione.
Parametri che l’Italia attualmente rispetta, ad eccezione della regola di
rientro sul debito previsto dal Fiscal Compact (una condizione che però è
inclusa anche nelle attuali linee guida, quindi l'Itali già oggi non potrebbe
accedere ad una PCCL): Le nuove regole di accesso/utilizzo della PCCL
stabiliscono, come unico vincolo contrattuale, il continuo rispetto di questi
parametri. Questo permette, da un lato, di fare chiarezza su chi ha diritto ad
accedere a una PCCL e chi no e di evitare comportamenti opportunistici
(ragionamenti del tipo: “sforo alla grande per qualche anno, entro in procedura
di infrazione ma poi chiedo aiuto tramite richiesta di PCCL senza neppure avere
la Troika in casa”) e dall’altro lato di lasciare l’indipendenza e la sovranità
ai Paesi più solidi in temporanea difficoltà che non hanno necessità/urgenza di
ricorrere all’ECCL.
Oltre a questa modifica sull’accesso/utilizzo del
Fondo Salvastati, la Riforma aggiunge una parte (articolo 18A) in cui si
prevede che il Fondo Salvastati possa servire come “Backstop” – diciamo come
ulteriore garanzia - per il Fondo di Risoluzione Bancaria (SRF: Single
Resolution Fund), che è il fondo che serve per aiutare le banche in crisi
quando queste rischiano di innescare crisi sistemiche in Europa. E’ una misura
molto utile, che non serve, come dicono alcuni, “a salvare le banche tedesche”,
ma serve per dare un ulteriore strumento di stabilità per il sistema economico
europeo. Tutti sapevano che, in caso di crisi veramente grossa, il Fondo di
Risoluzione da solo non sarebbe bastato: aggiungere un terzo soggetto per
garantire la gestione ordinata delle crisi bancarie è quindi molto importante.
Ma, soprattutto, è una misura che non c’entra niente con l’altra funzione del
Fondo, che non riguarda le banche ma gli Stati e il loro debito pubblico. Non è
affatto vero, quindi, che le banche italiane non potranno avere accesso a
questo meccanismo di salvaguardia perché lo Stato non rispetta i parametri per
avere accesso a una PCCL. Anche questa è una falsità.
E’ vero che per “salvare le banche tedesche si
prenderanno i soldi dai BOT della signora Maria?
Questa è un’altra bugia raccontata peraltro in TV (ho sentito
dirlo da Lucia Borgonzoni a Piazza Pulita). Chi dice questo sta mischiando mele
con arance. Come detto prima, l’utilizzo del Fondo come “backstop” per le crisi
bancarie, è una cosa totalmente diversa dall’uso del Fondo come aiuto agli
Stati, e quindi non c’entra niente né con i criteri di accesso al Fondo
Salvastati in caso di crisi del debito pubblico, né con i titoli di Stato della
Signora Maria.
E’ vero che con la revisione dei criteri di accesso
alle linee di credito del Fondo Salvastati l’Italia non potrà più accedere a
questi fondi?
Tutti i Paesi della UE che aderiscono al MES possono
accedere a una delle due linee di credito. Quello che cambia, con i nuovi
criteri, è solo l’accesso alla prima delle due linee, la PCCL, i cui criteri di
accesso vengono rafforzati in cambio dell’eliminazione della Troika.
Attualmente l’Italia rispetta tutte le regole previste
per accedere alla PCCL tranne la regola di riduzione del debito pubblico, cosa
che, già oggi, non gliene dà diritto. Molti cercano di far credere che questo
significhi che sia di conseguenza tagliata fuori dal MES. Il ché è ovviamente
falso, poiché rimane la possibilità di richiedere un’ECCL. Le condizioni di
accesso per la ECCL restano legate, come in passato, ad una valutazione sulla
“sostenibilità del debito” del Paese richiedente, condizione che l’Italia
certamente rispetta. (Da ricordare che tale valutazione sulla sostenibilità del
debito, secondo l’art.13 del trattato va fatta con criteri trasparenti ma anche
con un “sufficiente margine di giudizio”. Per fare un esempio: quando ci fu la
crisi Greca, il debito greco venne considerato sostenibile e la Grecia venne
ammessa agli aiuti.)
E’ vero quindi che l’Italia viene molto penalizzata
dalla riforma?
No, perché, anche se il trattato restasse com’è
adesso, l’Italia comunque non rispetta “gli impegni del Patto di Stabilità e
Crescita” (in particolare la regola di riduzione del debito), che, com’è
sancito dalle attuali linee guida, è una condizione necessaria per avere
diritto a una PCCL. Inoltre, anche se con un margine di discrezionalità le
venisse concesso l’accesso a questa forma di credito, con il Trattato 2012
sarebbe in ogni caso costretta a sottoscrivere un contratto con la Troika, così
come è previsto per l’attivazione di una linea di credito ECCL. Quindi, con o
senza riforma, le conseguenze di un eventuale accesso al Fondo da parte
dell’Italia restano identiche.
È vero che la Germania può mettere un veto sul
concedere o meno una linea di credito?
Vero. E può farlo anche l’Italia, così come la
Francia. In condizioni normali, tutti hanno questo potere, poiché la decisione
di concedere un prestito richiede l’unanimità. Se la BCE e la Commissione
Europea valutano però che esiste un rischio per stabilità della zona euro in
caso di ritardo nelle decisioni, dall’unanimità si passa a una maggioranza
qualificata dell’85%, dove ogni paese ha tanti voti quant’è la sua percentuale
di capitale nel MES. Questo significa che i paesi con un cosiddetto Capital
Keysuperiore al 15% hanno, anche in questo caso, un diritto de facto di veto.
Rientrano in questa categoria la Germania (26,95%), la Francia (20,24%) e
l’Italia (17,78%).
È vero che non si sa chi c’è a prendere le decisioni
nel MES?
Falso. L’organo decisionale principale (il Board of
Governors) è costituito dall’insieme dei Ministri delle finanze della zona
euro. Il secondo organo decisionale, che prende per lo più decisioni accessorie
alle decisioni prese dal BoG, è il Board of Directors, costituito da un membro
per paese, nominati dai ministri delle finanze della zona euro.
E’ vero che la riforma del Trattato introduce
l’immunità per il Board of Governors del MES?
No: l’immunità E’ SEMPRE STATA PREVISTA DALL’ART.35
del Trattato (quindi sta lì dal 2012: certi politici, che pure all’epoca erano
al Parlamento Europeo, devono aver dormito proprio tanto per accorgersene solo
adesso…). E’ una norma che può far storcere il naso, ma provate ad immaginare
la funzionalità del Fondo Salvastati se ogni volta che i Ministri decidono di
attivare il Fondo per salvare uno Stato in difficoltà questi rischiassero di
essere indagati, chenneso’, dalla procura di Trani o di Dusseldorf o di Bruges…
10 h ·
MA COS'È QUESTO MES?
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