pubblicato martedì 30 maggio 2017
Ieri mattina ascoltavo la rassegna stampa di Radiotre, si parlava di Lutero e poi di Calvino, citando eminenti filosofi che sottolineavano la trasformazione radicale della società realizzata da questi riformatori e che non si possono capire i popoli del nord Europa se non si parte da lì. Discorsi molto belli, alti. Ad un certo punto è arrivato l'sms di un’ascoltatrice che diceva: "Camurri (il conduttore n.d.r.), lascia perdere Lutero. Parlaci di Totti!”. Caspita, pure a Radiotre, la "radio degli intellettuali”! Era da domenica sera che non si parlava d’altro, che le immagini dell’addio del Capitano rimbalzavano da una tv a un social, toccando tutti non solo per simpatia - perché il Pupone fa simpatia - ma perché tra lui e noi c’è dell’altro, oltre una semplice simpatia. E pure io, insieme a centinaia di migliaia di persone, sì, pure io, commossa a ripercorrere con una moviola mentale e a vedere Francesco con gli occhi lucidi, che saluta il suo stadio per la sua ultima partita.
Tutti commossi in un delirio collettivo, per un amore facile? Facile farsi prendere da amori che non ti chiedono niente, e allora tutti trasversalmente a commuoverci di questo addio e non invece per l’ennesima notizia tragica dello sbarco di ieri a Pozzallo, senza morti ma con i migranti che sui loro corpi raccontano di torture e ingiustizie, profondissime ingiustizie in un mondo profondamente ingiusto?
Non è un delirio collettivo, anche se il mood tribale dello stadio è fortissimo, come quello di un concerto rock. Irresistibile, perché la commozione di massa è virale e si automoltiplica senza soluzione di continuità. E la fine - l’idea, la secca ineluttabilità della fine - è sempre qualcosa che cattura oltre ogni limite e aspettativa. Ma nel tuo caso, allo stadio Olimpico come in tv e sul computer, è amore e basta. Solo per noi tifosi della Maggica? Forse. È soprattutto un grazie sentito per un calciatore finalmente diverso. Umano, vero, caro, carissimo. Uno dei pochissimi, peraltro, ad aver abbracciato cause civili, facendomi quindi anche sentire un po’ meno in colpa per le mie emozioni che ieri sono andate verso di lui, anziché ai migranti.
Il Capitano è stato – in questo caso penso veramente l’unico – a permettere di fare un libro sulle "barzellette di Totti”, a prendersi in giro e a non prendersi sul serio. Ad accettarsi e a farsi accettare per quello che è: una persona vera, autentica, di sentimenti e senza infingimenti. Uno che, come lui, ce ne vorrebbero mille, centomila e oltre. Soprattutto oggi nella post società dello spettacolo, dove i calciatori sono entrati con prepotenza, con la complicità dei media ancora prima che del pubblico, in una sfera di divismo beceramente autoreferenziale, ma anche facile modello per tanti ragazzi che sbavano e sbandano tra calciatori, fidanzate modelle, cosiddetti paparazzi con altre modelle ex fidanzate, in un frullato collettivo di scemenze collettive. Ma la scena sembra essere loro e chi non vi appartiene è fuori (per fortuna, mi viene da dire con un certo, sano stavolta, snobismo).
Francesco Totti è un’altra cosa. Ce l’ha detto chiaramente con quelle lacrime di domenica allo stadio, con quell’abbraccio tenerissimo e fortissimo con i figli, con quelle parole con cui lui, campione superpremiato, si è congedato, confessando la paura, che viene da un baratro che ti si spalanca sotto i piedi. Cambiamento di vita, non solo perché non più sotto i riflettori e non più in campo, ma perché, per Francesco come per tutti, cambiare dopo 24 anni può essere tostissimo, tanto da far paura, specie se non lo vorresti mai.
Ma ammetterlo è da grandi. Far vedere ai giovani che si può essere campioni, vincenti, adorati dal pubblico, ricchi, belli, con migliaia di persone che ti donano il proprio amore con le lacrime agli occhi, eppure fragili, è veramente roba da campioni.
Che bella lezione, Capitano! La tua leggenda continua, ma entra nel vero, e questo è il salto di qualità, la vittoria più bella. Continui una narrazione potente - la tua storia - continuando ad essere vero, specie nel momento più difficile. Entri nei sentimenti di noi tutti, impossessandoti con poche e semplici parole di quella verità e di quella differenza oggi così rare, eppure capaci di toccare nel vivo le persone.
Ho visto su youtube il montaggio parallelo della tua carriera, quando entri per la prima volta pischello nello stadio il 28 marzo 1993 fino a domenica scorsa. Le vittorie che costellano la tua carriera da un lato e quello che succede nel mondo dall’altro. In 24 anni il mondo è cambiato, è arrivato l’Iphone e già prima Steve Jobs ci aveva stupito e catturato con il Mac e l’Ipod, mentre i dvd rubano la scena ma vanno presto in soffitta. C’era Clinton, poi la grande speranza di Obama e ora Trump. È arrivato facebook, che bello tutti connessi! E poi le fake news. Ci sono stati grandi film, grande musica, guerre, la geografia cambiata, il Mediterraneo che diventa una fossa comune sott’acqua, la Brexit. 24 anni di storia densissima, tragica per lo più, con rovesciamenti epocali, e tu sempre lì, alla Roma. Caso unico di coerenza, di fedeltà – parola oggi di lusso - e di amore. Anche questa, gran bella lezione.
A me ascoltatrice di Radiotre, e per questo "intellettuale” per definizione, mi vengono in mente quelle narrazioni dove il calcio diventa oggetto di sofisticate e riuscite sperimentazioni artistiche: La paura del portiere prima del calcio di rigore, romanzo aspro di Peter Handke, e il bel film di Paolo Sorrentino L’uomo in più. Scrittori e registi, e chissà quanti altri che non conosco, hanno raccontato il mondo del calcio e le sue debolezze, la paura e il declino. Tu, invece, senza ricorrere alla finzione, ce lo hai mostrato (non il declino, per carità! Il Capitano non può declinare). L’hai svelato nel tuo stile: con semplicità. E per questo ci hai conquistato. Chissà, mi viene da dire in un’impennata di buonismo, se il mondo del calcio, spesso più marcio di altri ma alla fine assolto più di altri – più di altri meno colpevoli come quello dell’arte contemporanea, ma questa, a differenza del calcio, sta sulle palle a molti – possa imparare, trasversalmente, qualcosa da te.
Grazie Capitano!
Adriana Polveroni
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venerdì 2 giugno 2017
CARISSIMO FRANCESCO
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