LA PITTURA E L'EMBLEMA
Complesso del Vittoriano
Sala Zanardelli
Ragazza col cerchio - 1954/59 - Olio su tela - cm 60/120 |
Complesso del Vittoriano
Sala Zanardelli
ROMA - 2 feb 2011 / 25 feb 2011 (
"Nelle lodi del corpo e dell'abbigliamento femminile, la galleria si allarga a personaggi e interpeti del gran teatro della mondanità da De Chirico a Fellini, da De Gaulle a Mao Tse Tung, fino a Ungaretti e Marina Ripa Di Meana ."
" I paesaggi mediterranei, le periferie, le ville, i giardini, le visite al museo, le fiere, i pagliacci, i popolani derelitti, vengono fissati del pittore come se stesse allestendo una commedia umana "più vera del vero".
Spiritualmente vitale e capace di profonde meditazioni, Mario Russo è sempre partito dalla cronaca e dalla illustrazione della vita quotidiana per esaltarne l'aspetto di favola e di leggenda. "
"Nasce a Napoli nel 1925. Nel 1948 si diploma all'Istituto d'Arte di Napoli. Nel 1950 si trasferisce a Roma nel quartiere Trastevere. In questi anni inizia la partecipazione a mostre italiane e all'estero. Tra il 1973 ed il 1974 effettua vari viaggi per l'Italia. Nel 1977 soggiorna in Canada e nel 1984 realizza alcune tele che riguardano il teatro cinese e giapponese. Nel 1985 si dedica agli studi e alla realizzazione di grandi opere ispirate al mondo del cinema e ai personaggi Felliniani. Nel 1992 realizza un'antologica a Palazzo Braschi. Muore a Roma il 7 marzo del 2000."
"In una sintesi sorprendente di realtà e fantasia, secondo la migliore tradizione artistica e culturale italiana, Mario Russo assimila diverse esperienze della civiltà delle immagini (dal cinema, al teatro, alla pubblicità, alla moda) e allestisce così uno spettacolo dipinto che diventa metafora del nostro tempo.
Nel momento in cui la nobile arte della pittura sembra quasi dimenticata o messa da parte dagli idoli vigenti nella "società dello spettacolo", è merito del generoso immaginario di un artista italiano come Russo di rilanciarne il valore attuale come bandiera estetica e impulso morale per fissare gli "emblemi" di tutta una cultura, un modo di vivere e di pensare."
"Nata a commento della contemporaneità, concepita ed elaborata come cronistoria, la sequenza di immagini riversate sulla tela fa l'effetto del caleidoscopio che miscela eventi disparati, o del "collage" di prelievi visivi ricavati in diretta da un tempo pieno di fragori e rumori quale è il nostro. E tuttavia Mario Russo non ha mai avuto l'animo freddo e oggettivante del cronista, di chi predilige il documento, e tantomeno del fotografo puro e semplice. La sua anima di pittore, per entusiasmo, lo ha sempre portato ad indagare la "forma" delle situazioni e ciò che essa nasconde, piuttosto che limitarsi a descrivere quanto all'occhio risulta in superficie. Egli ha sempre cercato di scoprire o perlomeno di rendere intuibile (se non proprio visibile) la inquietante presenza di ciò che Giorgio De Chirico chiamava "l'occhio in ogni cosa"." (D. Trombadori).
Fonte: Beni Culturali
Mario Russo visto dalla storica dell’arte Anna Iozzino.
Ricordo molto bene la prima volta che mi sono recata con mio marito, il poeta Gioacchino Ruocco, nello studio di Mario Russo all’ultimo piano di un antico palazzo del Granicolo. Era un giorno di ottobre del 1980 e da una finestra spalancata si vedeva il cielo striato di quel rosso luminoso ed intenso di un tramonto tipicamente romano.
Non so per quale segreta analogia mi tornò alla mente quella confessione di Jean Cocteau nel “Jurnal d’un inconnu” che ogni artista nella sua creazione riceve gli ordini da una notte che i secoli accumulano nella sua persona. Forse perché ebbi l’immediata percezione che nelle vene di Mario Russo serpeggiasse la violenza ed il calore delle eruzioni, mentre il suo corpo monumentale aveva la calma apparente e le stesse linee morbide e dolci che disegnavano i contorni del Vesuvio. Sul suo viso sornione ed ironico fioriva un sorriso rassicurante e solare che sapeva di ginestre e di mare.
Intorno a quest’asse metaforica della nostra comune origine partenopea, prese l’abbrivio la nostra prima conversazione mentre passavamo da una stanza all’ala del suo studio il cui spazio era scandito, con diverse potenzialità semantiche ed espressive, ora da disegni, ora da grandi tele già completate o in via di definizione che si ricollegavano per accordi e richiami alle grandi pitture parietali delle antiche città sepolte.
Infatti nell’impianto delle sue grandi composizioni le parti figurate, quelle ornamentali, le sculture e le architetture dipinte, filtrate da una fantasia tutta barocca, acquistavano ciascuna la loro preordinata funzione. I simboli della vita e della morte, dell’uomo e delle sue maschere nel tormentoso tentativo di apparire migliore, di una corporeità esaltata come sostanza imprescindibile di ogni essere, della forma plastica come requisito supremo di ogni vera arte evidenziavano le linee operative della poetica di quest’artista che sapeva porsi con un forte sentimento dell’antico dinanzi a domande e passioni atemporali.
Ottobre 1980 - Anna Iozzino
Nello studio - 1985 Olio su tela cm 100/120 |
Le immagini e il virgolettato sono state riprese da Internet.
Il pezzo della storica dell'arte è stato fornito direttamente dall'interessata.
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