Biografia
Eugenio Viti (Napoli, 1881 – 1952) si forma all’
Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di
Vincenzo Volpe (1855-1929). Il maestro lo introduce alla tradizione pittorica partenopea del secondo Ottocento. I principali autori cui si accosta negli anni di studio sono
Antonio Mancini (1852-1930) e
Michele Cammarano (1835-1920).
Nel 1907 termina gli studi accademici. È tra gli organizzatori della Mostra Nazionale Giovanile del 1909 e poco dopo si unisce al gruppo della Secessione dei 23. L’intento degli artisti è quello di svecchiare la pittura partenopea, rendendola partecipe dei più recenti sviluppi delle avanguardie europee.
Insieme a Gennaro Villani (1885-1948) e ad Edgardo Curcio (1881-1923), Eugenio Viti intende allontanarsi dalla pittura accademica ufficiale per avvicinarsi al post impressionismo e alle secessioni europee.
Lo slancio proviene dall’Esposizione romana del 1911, dove Eugenio Viti può ammirare le opere di Gustav Klimt e Franz von Stuck e studiare tutta la loro rivoluzionaria modernità.
È uno dei principali rappresentanti del rinnovamento artistico napoletano all’inizio del Novecento, senza però mai allontanarsi definitivamente dalla tradizione. Importante, anche l’influenza dei pittori del Seicento partenopeo, da cui eredita i potenti giochi di luce ed ombra.
Partecipa a diverse edizioni della Biennale veneziana (1924,1930,1932), alla Prima Quadriennale di Roma nel 1931, a numerose mostre del sindacato Fascista di Belle Arti. Muore a Napoli nel 1952.
Eugenio Viti. La Secessione dei 23
Anche se allievo del pittore di genere Vincenzo Volpe e legato fortemente alla tradizione verista di Cammarano, sente di doversi avvicinare alle novità europee. Si afferma pubblicamente all’Esposizione Internazionale di Bruxelles del 1910, dove presenta Suonatrice di violino. Il dipinto viene talmente apprezzato per la sua modernità che viene acquistato dal Comitato Centrale dell’Esposizione.
Il successo raggiunto a Bruxelles lo porta a partecipare alle mostre napoletane del 1912 e del 1913 con Villanella, Nel parco e Danzatrice. Dipinti che rendono ormai forte la sua affermazione nel campo della nuova pittura partenopea. A Roma, nel 1911, aveva avuto modo di confrontarsi con i capolavori della Secessione di Monaco del 1892 e di quella di Vienna del 1897.
Da queste suggestioni così sperimentali, insieme ad altri artisti, dà vita alla cosiddetta Secessione dei 23, la riposta napoletana alle Secessioni artistiche di fine Ottocento.
I dipinti di questo periodo sono caratterizzati da unioni cromatiche contrastanti, da una pennellata graffiante e soprattutto da tematiche che sfiorano il simbolismo.
Ne abbiamo diversi esempi in Romanticismo, Alla sorgente, Maggio esposti a Napoli nel 1920, ma anche Caterina sul parapetto, esposto alla Biennale veneziana del 1924.
In questi anni sperimenta anche la punta secca e l’acquaforte in opere come Donna bionda e Monte Echia, esposti alla I mostra del Sindacato Fascista napoletano.
Sempre sulla stessa linea stilistica, alla Biennale di Venezia del 1930, presenterà Siesta e Sibilla, mentre alla Prima Quadriennale romana Lucilla.
Il contatto con i maestri del Seicento napoletano
Anche nel corso delle sue più moderne sperimentazioni, Eugenio Viti non abbandona mai la lezione cromatica e chiaroscurale dei maestri del Seicento.
Non dimentichiamo che il suo maestro in Accademia Vincenzo Volpe aveva sviluppato le sue scene di genere sui contrasti chiaroscurali delle bambocciate seicentesche.
Il controluce diventa essenziale in alcune sue opere del periodo più tardo. Nei ritratti femminili e nei paesaggi degli anni Trenta e Quaranta ritroviamo queste caratteristiche formali, ma anche una pennellata densa e corposa.
Ne sono esempio Nudo, Paesaggio sorrentino e Contadinella presentati alla VII mostra del Sindacato Fascista di Belle Arti a Napoli.
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