Cassazione civile , sez. II, sentenza 28.05.2012 n° 8490
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 28 maggio 2012, n. 8490
1. -
Con atto di citazione notificato il 26 aprile 1993 A .M.P., premesso che il
13 ottobre 1982 era deceduto R.P., fratello dell'attrice e di L.P., premorta,
la quale aveva lasciato eredi i figli G. e D.B., e che il de cuius era
coniugato con M.D.O. non aveva figli, per cui l'eredità si era devoluta per due
terzi al coniuge e per il rimanente terzo ai fratelli e sorelle del defunto,
assumeva che la M.D.O. avesse intestato a se stessa un'azienda di vendita di
casalinghi ricompresa nell'asse ereditario e che la medesima fosse in possesso
di buona parte dei beni ereditari. Pertanto, la A.M.P. convenne in giudizio
innanzi al Tribunale di Massa la M.D.O., G. e D.B. chiedendo dichiararsi la
propria qualità di coerede del defunto R.P. e, conseguentemente, condannarsi la
M.D.O. all'immediata reintegrazione dell'attrice nel compossesso dei beni
ereditari.
Si costituì in giudizio la sola, chiedendo il rigetto della domanda sulla base del rilievo di essere l'unica erede del coniuge defunto per successione testamentaria. Dedusse al riguardo che R.P. aveva lasciato un testamento olografo redatto il 27 settembre 1993 con il quale aveva nominato la moglie sua unica erede.
Si costituì in giudizio la sola, chiedendo il rigetto della domanda sulla base del rilievo di essere l'unica erede del coniuge defunto per successione testamentaria. Dedusse al riguardo che R.P. aveva lasciato un testamento olografo redatto il 27 settembre 1993 con il quale aveva nominato la moglie sua unica erede.
Il
Tribunale di Massa, con sentenza n. 266 del 2004, dichiarò che la scrittura del
27 settembre 1987 non era idonea a configurare un testamento, in quanto non
recava l'espressione della volontà di disporre per il tempo in cui R.P. avrebbe
cessato dì vivere, ma solo una dichiarazione di riconoscimento che tutti ì beni
erano esclusivamente di proprietà della moglie. Inoltre il documento non
risultava piegato e quindi non poteva essere contenuto nella busta prodotta, la
quale recava la scritta "testamento per M.D.O.". Conseguentemente, il
Tribunale dichiarò aperta la successione legittima di R.P. e dichiarò eredi,
per le quote indicate in motivazione, A.P., G. e D.B.; condannò inoltre la
M.D.O. a reintegrare le altre parti nel compossesso dei beni a lei pervenuti a
seguito della morte del coniuge, e condannò la A.P. ed i G. e D.B. a rimborsare
alla convenuta, ognuno per la propria quota, le imposte successorie e gli
accessori oltre agli interessi legali dal giorno del pagamento.
2. - Proposto gravame da parte della M.D.O., cui resistevano la A.P. e G. e D.B., la Corte d'appello di Genova, con sentenza del 17 settembre
3. -
Per la cassazione di tale sentenza ricorre A.P. sulla base di tre motivi,
illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso la M.D.O.,
che ha anche proposto ricorso incidentale e depositato memoria.
Motivi della decisione
1. -
Con il primo motivo del ricorso principale, la A.P., deducendo violazione e
falsa applicazione dell'art. 587 cod. civ., censura la sentenza impugnata
perché, dopo aver erroneamente premesso che in materia testamentaria vige il
principio della libertà dì forma - essendo vero l'esatto contrario - avrebbe
indotto la questione relativa alla esistenza o meno di una valida
manifestazione di volontà testamentaria ad un semplice problema di interpretazione,
trascurando così di considerare che il punto decisivo della controversia era
costituito dall'accertare se la volontà del de cuius, pur dando per scontata
l'intenzione dell'autore del documento, fosse stata espressa in modo valido.
Aggiunge la ricorrente che la espressione "Tutti i miei beni ...sono
esclusivamente di proprietà mia signora" , contenuta nel preteso
testamento olografo, non equivaleva alla locuzione "istituisco erede in
tutti i miei beni mia mogiie".
2. -
Con il secondo motivo la ricorrente principale, denunciando violazione e falsa
applicazione degli artt. 587 e 1367 cod. civ., censura la sentenza impugnata
per aver interpretato l'espressione "i miei beni sono i tuoi",
rivolta dal R.P. alla moglie - esclusa la possibilità di interpretarla come
dichiarazione di essere un mero intestatario fiduciario della M.D.O. -, come
manifestazione di volontà testamentaria in favore di quest'ultima.
La
ricorrente sostiene, da un lato, che l'applicazione dell'art. 1367 cod. civ.
all'interpretazione del testamento non potrebbe comportare l'attribuzione di
valore negoziale ad un atto che tale portata non abbia, e che comunque
,
anche ritenendo l'operativita delia suddetta disposizione in materia
testamentaria, il giudice di appello avrebbe ignorato la problematica relativa
alla distinzione tra testamento olografo e donazione nulla per difetto di
forma.
3. -
Con il terzo motivo la ricorrente principale, deducendo insufficiente
motivazione su di un punto decisivo della controversia, censura la sentenza di
secondo grado per aver valorizzato, ai fini della interpretazione della
scrittura del 27 settembre 1987, soltanto l'espressione "in piene facoltà
mentali", ritenuta usuale negli atti dì ultima volontà, senza quindi porsi
il problema della irrilevanza di tale espressione in sé considerata, e comunque
della compatibilità della stessa con l'intenzione del R.P. di consegnare alla
moglie un documento che avesse solo la parvenza di un testamento al fine di
tranquillizzarla, data l'insistenza della stessa, alla vigilia di un grave
intervento chirurgico al quale egli doveva essere sottoposto.
4.1.
- I tre motivi, che, stante la evidente connessione che li avvince, tesi come
sono tutti alla esclusione della possibilità di attribuire natura di testamento
alla scrittura del 27 settembre 1987, sono fondati nei sensi e nei limiti di
seguito indicati.
4.2.
- Va, anzitutto, sgombrato il campo dall'equivoco concettuale che sì annida
nell'adozione da parte della Corte di merito della espressione «con riferimento
al testamento vige il principio della liberta di forma». Risulta, infatti,
evidente che il giudice di appello non ha inteso porre in discussione il rigore
formale che deve caratterizzare il testamento, la cui solennità trova
fondamento nella importanza sociale dell'atto, alla quale il testatore deve
essere richiamato, e nella esigenza di garantirne la spontaneità e la serietà.
Il richiamo operato nella sentenza impugnata al principio della libertà di
forma ha avuto, piuttosto, nella economia della decisione, il significato di
una sottolineatura della non necessità, perché un atto possa qualificarsi come
testamento, dell'uso di formule sacramentali per manifestare l'intenzione
dell'autore che esso costituisca l'atto con il quale egli dispone delle proprie
sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere, essendo, invece,
sufficiente che risulti in modo univoco dal suo contenuto che si tratti di atto
di ultima volontà.
4.3.
- Ciò posto, deve rilevarsi come problema distinto da quello della necessità di
formule sacramentali quale requisito di validità del testamento sia quello
della esigenza della riscontrabilità nell'atto dì una volontà testamentaria
validamente espressa in un atto il quale abbia i requisiti formali di un
testamento olografo. A tale quesito deve darsi risposta affermativa, poiché,
proprio in considerazione della serietà dell'atto e delle sue conseguenze
giuridiche, vanno individuati i requisiti minimi di riconoscibilità oggettiva
nell'atto di cui si tratta di un negozio mortis causa, che valgano, ad esempio,
a distinguerlo da una donazione, o da un riconoscimento dì debito etc. Si
versa, qui, in un campo che rappresenta un prius logico rispetto alla stessa
interpretazione della volontà testamentaria. E, dunque, non v'è luogo a
discettare sull'applicabilità o meno dell'art. 1367 cod. civ., peraltro
generalmente riconosciuta. Infatti, il problema della configurabilità oggettiva
di una volontà testamentaria nelle espressioni adottate nella scrittura da
esaminare prescinde anche dall'effettivo intento dell'autore della scrittura.
Si intende, in altri termini, affermare che una volontà che non sia sostenuta
da una espressione oggettivamente idonea, sulla base di sia pure minimali
frecce semantiche, a rappresentare l'intento attuale di disporre del proprio
patrimonio per il tempo in cui si sarà cessato di vivere, e non già un mero
progetto, non può assumere rilevanza giuridica.
Va, in proposito, ricordato che in dottrina il c.d. formalismo testamentario è stato giustificato in base alla considerazione che il testamento costituisce atto di particolare gravità, perché destinato a valere post mortem e in quanto contiene precetti rivolti a persone diverse dal suo autore, non essendo più in vita il disponente nel momento in cui le regole da lui dettate avranno esecuzione: sì deve, perciò, essere certi che esse corrispondano al suo obiettivo volere, poiché soltanto sul presupposto di tale garanzia il legislatore e disposto a riconoscerne il carattere vincolante post mortem. Nella giurisprudenza di questa Corte si e affermato che ciò significa che per decidere se un documento abbia i requisiti intrinseci dì un testamento olografo, occorre accertare se l'estensore abbia avuto la volontà dì creare quel documento che si qualifica come testamento: è, eroe, necessario che emerga una volontà attuale (Cass., sent. 12 ottobre 1957, n. 3785). Con riferimento ad una ipotesi per certi versi simile - ricordata anche dalla ricorrente - , e cioè al problema del cd. testamento epistolare, sì è affermato che l'accertamento della intenzione dell'autore va compiuto sulla base di rigorose indagini, il cui risultato si presenti univoco, nel senso che risulti con certezza che con esso si sia inteso porre in essere una disposizione di ultima volontà (Cass., sent. 21 gennaio 1964). Nello stesso ordine di idee in dottrina si è ritenuto che non sia sufficiente la manifestazione di una intenzione o di un desiderio. Ne consegue che come il dire "istituirò mio erede" non equivale a "istituisco mio erede", così come dedotto dalla ricorrente, con riferimento alla attuale controversia il fatto che R.P. abbia scritto "Tutti i miei beni seno esclusivamente di proprietà mia signora" non equivale a "istituisco erede in tutti i miei beni mia moglie".
Va, in proposito, ricordato che in dottrina il c.d. formalismo testamentario è stato giustificato in base alla considerazione che il testamento costituisce atto di particolare gravità, perché destinato a valere post mortem e in quanto contiene precetti rivolti a persone diverse dal suo autore, non essendo più in vita il disponente nel momento in cui le regole da lui dettate avranno esecuzione: sì deve, perciò, essere certi che esse corrispondano al suo obiettivo volere, poiché soltanto sul presupposto di tale garanzia il legislatore e disposto a riconoscerne il carattere vincolante post mortem. Nella giurisprudenza di questa Corte si e affermato che ciò significa che per decidere se un documento abbia i requisiti intrinseci dì un testamento olografo, occorre accertare se l'estensore abbia avuto la volontà dì creare quel documento che si qualifica come testamento: è, eroe, necessario che emerga una volontà attuale (Cass., sent. 12 ottobre 1957, n. 3785). Con riferimento ad una ipotesi per certi versi simile - ricordata anche dalla ricorrente - , e cioè al problema del cd. testamento epistolare, sì è affermato che l'accertamento della intenzione dell'autore va compiuto sulla base di rigorose indagini, il cui risultato si presenti univoco, nel senso che risulti con certezza che con esso si sia inteso porre in essere una disposizione di ultima volontà (Cass., sent. 21 gennaio 1964). Nello stesso ordine di idee in dottrina si è ritenuto che non sia sufficiente la manifestazione di una intenzione o di un desiderio. Ne consegue che come il dire "istituirò mio erede" non equivale a "istituisco mio erede", così come dedotto dalla ricorrente, con riferimento alla attuale controversia il fatto che R.P. abbia scritto "Tutti i miei beni seno esclusivamente di proprietà mia signora" non equivale a "istituisco erede in tutti i miei beni mia moglie".
4.4.
- Nella specie, non emerge dall'ordito dei la sentenza impugnata la
consapevolezza di una tale problematica, non rinvenendosi alcuno spunto in tal
senso. A prescindere dall'erroneo rilievo attribuito alla espressione «in piene
facoltà mentali», contenuta nella scrittura del R.P. 27 settembre 1987 e
riferita a se stesso - espressione che, se, come sostenuto dalla Corte ligure,
nella cultura popolare viene generalmente associata alla redazione delle ultime
volontà, non può però avere valore dirimente - , la sentenza impugnata si
limita alla constatazione che il documento in questione contiene tutti i
requisiti di un testamento olografo ai sensi di cui all'art. 602 cod. civ., ed
alla considerazione che la locuzione «tutti i miei beni... sono esclusivamente
di proprietà dì mia signora» non potrebbe avere senso se non in quanto rivolta
al futuro, perché, in caso contrario, essa equivarrebbe al riconoscimento da
parte del R.P. di essere un mero intestatario fiduciario: ciò che, secondo la
Corte di merito, non sarebbe plausibile, tant'è che non era stato neanche
ipotizzato dalla controparte. Ma nessuna seria considerazione contrappone il
giudice di secondo grado alla oggettiva constatazione della mancanza nella
scrittura de qua di alcuna disposizione in ordine alla sorte futura dei suoi
beni.
5. -
Resta assorbito dall'accoglimento del ricorso principale l'esame del secondo
motivo del ricorso incidentale, con il quale si deduce violazione degli artt.
91-92 cod. proc. civ., censurandosi la sentenza di appello per aver compensato
integralmente le spese di giudizio avuto riguardo all'esito dello stesso ed ai
rapporti tra le partì, laddove tale esito era stato totalmente sfavorevole alla
R.P.
6. -
Passando all'esame del primo motivo del ricorso incidentale, con esso si deduce
violazione degli artt. 587-588 e 1367 cod. civ. nonché 115 cod. proc. civ.,
assumendosi che ogni dubbio sulla natura di testamento del documento sopra
menzionato sarebbe superato dall'esame della busta che lo conteneva, sulla
quale il Pretini aveva scritto la parola "testamento".
7.1.
- La censura è infondata.
7.2.
- La rilevanza della frase apposta sulla busta consegnata al notaio che faceva
riferimento ad un «testamento per M.D.O.» è stata invero del tutto esclusa
dalla Corte di merito, la quale ha fondato il proprio convincimento in ordine
alla configurabilità nella scrittura del
27 settembre 1987 di un testamento su altre argomentazioni (peraltro non convincenti per le considerazioni dianzi svolte), astenendosi dal sottoporre a revisione critica il rilievo del giudice di primo grado secondo il quale il documento olografo non risultava piegato in modo tale da poter essere contenuto in una busta delle dimensioni di quella consegnata al notaio e recante la richiamata dicitura. Ne è nella presente sede ipotizzabile una rivaluta zione delle risultanze, non smentite dal giudice di appello, della indagine di merito del Tribunale, fondata, tra l'altro, anche sulle dichiarazioni del notaio che ricevette il documento, e non solo sulla rilevata mancanza di piegatura del foglio contenente la scrittura del R.P.
27 settembre 1987 di un testamento su altre argomentazioni (peraltro non convincenti per le considerazioni dianzi svolte), astenendosi dal sottoporre a revisione critica il rilievo del giudice di primo grado secondo il quale il documento olografo non risultava piegato in modo tale da poter essere contenuto in una busta delle dimensioni di quella consegnata al notaio e recante la richiamata dicitura. Ne è nella presente sede ipotizzabile una rivaluta zione delle risultanze, non smentite dal giudice di appello, della indagine di merito del Tribunale, fondata, tra l'altro, anche sulle dichiarazioni del notaio che ricevette il documento, e non solo sulla rilevata mancanza di piegatura del foglio contenente la scrittura del R.P.
8. -
Conclusivamente, deve accogliersi il ricorso principale, e rigettarsi il primo
motivo di quello incidentale, assorbito il secondo. La sentenza impugnata deve,
pertanto, essere cassata, e la causa rinviata ad un diverso giudice - che sì
individua in altra sezione della Corte d'appello di Genova, cui e demandato
anche il regolamento delle spese del presente giudizio - che riesaminerà la
controversia facendo applicazione del seguente principio di diritto: «Ai fini
della configurabilità di una scrittura privata come testamento olografo, non e
sufficiente il riscontro della sussistenza dei requisiti di forma individuati
dall'art. 602 cod. civ., occorrendo altresì l'accertamento della oggettiva
riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere
un atto dì disposizione del proprio patrimonio per iì tempo successivo al suo
decesso. Tale accertamento, che costituisce un prius loaico rispetto alla
stessa interpretazione della volontà testamentaria, è rimesso al giudice del
merito e, se congruamente e logicamente motivato, è incensurabile in sede di
legittimità».
P.Q.M.
La
Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il primo motivo del ricorso
incidentale, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese del presente giudizio, ad altra seziono della Corte d'appello di
Genova.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 29 febbraio 2012.
Nessun commento:
Posta un commento