Tra le domande poste alla rivista OGGI questa settimana c’è: - Basta uno spot per far pagare le tasse ?
Piuttosto direi: - per invogliare gli evasori a pagare le tasse ?
Direi proprio di no, anche per il modo con cui lo spot affronta l’argomento definendo l’evasore un parassita della società, termine che incarognisce chi per natura è portato a non farlo.
Vi ricordate di Mani pulite ? Sembrava che fosse arrivata l’apocalisse, che avrebbe spazzato via tutti i disonesti dall’Italia. E invece ? Prima le forze politiche e poi quelle sociali si levarono in difesa di un sistema che continua ancora oggi a esistere e a persistere solamente perché qualcuno di quelli indagati cedettero psicologicamente togliendosi la vita.
Nel mio ufficio qualcuno si mise in malattia per alcuni mesi, altri smisero con i soprusi, ma continuarono a tenere le pratiche autorizzative ben chiuse negli armadi come un bene da custodire contro eventuali sottrazioni mentre si accumulavano ritardi improduttivi sulle autorizzazioni all’esercizio.
E quale risultato hanno prodotto le norme che hanno cercato di sottrarre alle lungaggini delle prassi autorizzative le aperture di attività commerciali, ricreative, ristorative, ecc. ?
Con la scusa dei vincoli normativi esistenti ed inderogabili si sono create da parte delle amministrazioni comunali altre pastoie, altre forche, altri sotterranei pedaggi da pagare a fronte di una liberalizzazione che doveva sgravarle di tutte quelle esistenti.
Da quanti anni esistono i notai, la Guardia di finanza, il catasto, i comuni, le province, le regioni, le ASL e tanti altri enti chiamati ad amministrare qualche aspetto della nostra esistenza, la certezza delle nostre capacità contributive ? Alcune dalla nascita dello Stato sabaudo, altre dalla nascita dello stato italiano, altre dalla Repubblica ed altre per le rivoluzioni esemplificative che hanno soltanto mischiate le carte generando altri ritardi.
Che cosa hanno prodotto fino ad oggi ? Quasi niente.
Se prendiamo la legge che istituì la Riforma sanitaria ( L. 883 del 1978) all’art. 20, comma d) prevede “ la formulazione di mappe di rischio con l'obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche ed i possibili effetti sull'uomo e sull'ambiente; pensate che queste mappe siano state approntate e vengano aggiornate periodicamente ?
Non credo, nonostante qualche inizio ci sia stato, nonostante i PC acquistati, i modelli operativi presi in affitto. Nonostante la buona volontà di qualche subalterno si sono riempiti armadi di carte che non sono mai state trasferite sui supporti informatici e per questo motivo non sono mai diventati contributi fattivi per la mappatura richiesta.
Con l’entrata in vigore del DLgs. n. 626 del 1994 ci fu un’altra occasione di mappatura delle attività lavorative tenuto conto che ogni datore di lavoro aveva l’obbligo di comunicare l’avvenuta nomina del Responsabile del Servizio di Prevenzione Protezione. Anche in quell’occasione si è riempito un armadio e si è creato un accenno di Archivio informatico che serviva a dare un primo riscontro all’assolvimento dell’obbligo che non era possibile attraverso il Registro di protocollo del Servizio. Il mio pensionamento mise fine a quest’archivio. Gli unici rimasti in piedi sono quelli delle contravvenzioni e quindi dell’attività ispettiva che hanno prodotto provvedimenti sanzionatori, quello delle indagini comandate sugli infortuni avvenuti sul territorio e quello relativo alle indagini sulle sospette malattie professionali fine a se stesse.
Questo è quanto ha prodotto in una ASL della capitale la riforma sanitaria. Qualcuno si giustifica dicendo: E ti sembra poco con le forze a disposizione ? Quelli che invece ci lucrano sopra da professionisti o da personale ispettivo pensate che hanno interesse ad eliminare le storture che invece contribuiscono a mantenere vivo il malaffare e ad incrementare la propria ricchezza che sfugge anch’essa alle tasse ?
La tracciabilità delle operazioni economiche è un passaggio indispensabile ma bisogna portarla al limite delle pensioni di sopravvivenza se si vogliono rilevare i percorsi viziosi dell’evasione.
Ricorrere alla mappatura del territorio per avere la fotografia esatta delle particelle catastali che lo compongono e l’attribuzione certa dei titolari per riempire le caselle ancora vuote.
Le anagrafi dei residenti e dei loro cespiti di guadagno, lasciando da parte tutte quelle carte che ogni mese arrivano a chi consuma energia elettrica e gas metano, produce monnezza sotto il regime dell’ente che la ritira, dei consorzi che dovrebbero produrre servizi e invece creano disservizi e controversie per controlli approssimativi, ma prima di tutto rimettiamo in corso la legge sulla trasparenza all’interno degli uffici pubblici responsabilizzando i dipendenti a quali in virtù di una loro professionalità vengono affidati dei compiti da svolgere in quanto non è possibile essere sottoposti annualmente, da ben cinque anni, a controlli da parte dell’Agenzia delle entrate territoriale da tre impiegati diversi sempre per lo stesso motivo.
Prima di parlare di lotta all’evasione bisognerebbe avere il coraggio di tassare tutte quelle attività che ancora sfuggono alla tassazione (vedi prostituzione, transazioni in forma privatistica, malaffare, ecc.). Lasciamo a chi ha voglia di farlo di continuare a lavorare togliendogli dal guadagno solamente una voce di tassazione (Iva) che è la più facile da verificare.
In ultimo potremmo fare un patto sociale per il presente, per il futuro e per il passato in modo da permettere agli evasori di tirar fuori la testa in attesa della messa punto da parte dello stato, anche sull’esempio dei nostri vicini, dei mezzi per poterli prendere al laccio, assicurando loro la sopravvivenza civile ove il dovuto dovesse superare quello di un vitalizio per consentigli di sopravvivere da uomo comune affidato ai servizi sociali.
A mio giudizio in Italia si deve far strada l’idea che la giustizia propugna che siamo tutti uguali di fronte alla legge con l’estromissione dai luoghi di potere di quelli che portano con se l’odore della colpevolezza.
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