Paolo Patrizi è il vincitore dei mille euro messi in palio dal concorso fotografico "Migration, Stories of a Journey” organizzato dall'Accademia Apulia di Londra, organizzazione no-profit che sostiene il dialogo interculturale fra comunità internazionali.
Il concorso annuale, patrocinato da Amnesty International, Consiglio Britannico, dalla Rappresentanza della Commissione Europea (UK), del Consolato Generale Italiano a Londra e della Regione Puglia, dove è iniziata l’avventura dell’associazione, e’ stato istituito nel 2008 per sostenere l’importanza delle diversità culturali nel mondo contemporaneo in rapido cambiamento e per riflettere sull’importanza del patrimonio culturale locale.
Il concorso annuale, patrocinato da Amnesty International, Consiglio Britannico, dalla Rappresentanza della Commissione Europea (UK), del Consolato Generale Italiano a Londra e della Regione Puglia, dove è iniziata l’avventura dell’associazione, e’ stato istituito nel 2008 per sostenere l’importanza delle diversità culturali nel mondo contemporaneo in rapido cambiamento e per riflettere sull’importanza del patrimonio culturale locale.
Le immagini scattate da Patrizi sono state premiate per il loro carattere profondamente sociale, nell'atto di evidenziare le difficoltà incontrate dai migranti alla ricerca di una vita migliore in Paesi che "adottano” i nuovi arrivati solo in senso metaforico.
Il mondo squallido e pericoloso della prostituzione nigeriana viene illustrato nel progetto di Patrizi senza mediazioni, puntando lo sguardo a quell’industria che recluta ogni anno centinaia di ragazze adescate spesso con l'inganno. Attualmente un'immagine della serie è esposta alla National Portrait Gallery.
Gli altri artisti che si sono contesi il primo premio sono Erhan Uçar, che ha realizzato un documento sulle tribù nomadi dell'Anatolia minacciate dalla pressione governativa che vuole istituire comunità fisse, e Alexandra Polina la quale con My house inside-out, ha arredato una strada del suo quartiere, in Uzbekistan, con mobili ed effetti personali, facendo poi posare la sua famiglia come se fossero in casa propria: una dimostrazione di come il mondo interiore e quello esteriore dei migranti siano spesso in conflitto.
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