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Denise Pipitone, scatta la commissione d'inchiesta: l'intervista
L'intervista esclusiva a Carmelo Miceli, deputato Pd e autore della proposta di legge: Denise Pipitone, scatta la commissione d'inchiesta
Nonostante il tempo passato dalla tragica scomparsa di Denise Pipitone, i riflettori sulla vicenda di Mazara del Vallo non si sono certo spenti. I motivi sono tanti, ad esempio la strenua lotta della mamma di Denise, Piera Maggio, affinché la sparizione della piccola non smetta di destare clamore. Ma i giornali sono stati pieni anche dei colpi di scena e delle rivelazioni emerse nel corso di un processo che ha chiamato in causa persone afferenti alla cerchia familiare allargata di Maggio (qui tutta la storia dall’inizio). Non solo. Nel tempo si sono moltiplicati gli avvistamenti della bambina (che oggi sarebbe adulta) e gli ultimi puntano addirittura a Parigi.
Carmelo Miceli, deputato del Partito Democratico, intervistato in esclusiva da Virgilio Notizie, ha proposto, insieme alla collega di partito alla Camera Alessia Morani, una commissione d’inchiesta sul caso di Denise Pipitone. Pur sperando in una svolta nella ricerca della verità, l’onorevole spiega come la sua iniziativa si leghi a doppio filo con un ripensamento della giustizia in Italia. E, da membro della commissione Giustizia, l’avvocato agrigentino fa anche il punto sulla riforma promossa da Cartabia (qui tutto quello che c’è da sapere sulla riforma della giustizia).
Onorevole Miceli, perché è necessaria una commissione d’inchiesta sul caso di Denise Pipitone?
La proposizione di una commissione di inchiesta non è finalizzata alla ricerca di una diversa verità processuale, ma alla revisione di ciò che è stato fatto. Da un lato, l’obiettivo dell’organo parlamentare consiste nell’accertamento di eventuali anomalie senza sovrapporsi alla magistratura. Dall’altro, nel provare a comprendere se ci sia margine per interventi legislativi, in modo da impedire, in futuro, il verificarsi di episodi come quelli che si sono effettivamente verificati.
A cosa si riferisce di preciso?
Si è appreso, ad esempio, che prima del dibattimento si sono avvicendati ben 11 pubblici ministeri, che le indagini sono state svolte senza un adeguato coordinamento tra le forze della polizia giudiziaria. Altre anomalie, che andrebbero approfondite, riguardano il costo delle indagini e la qualità delle attività di captazione. Le intercettazioni infatti sono state incomprensibilmente attivate su alcuni ma non su altri soggetti indiziati, che avevano sostituito i cellulari. Si è scoperto, poi, che le intercettazioni su Piera Maggio non erano legittime. Se la polizia e i pm hanno risentito di condizionamenti e depistaggi, e questa è una cosa che non dico io, ma gli stessi pm del processo, allora è evidente che la vicenda di Denise Pipitone possa diventare uno spunto per la modifica della normativa e un momento di riflessione necessario a un impulso di miglioramento del sistema giudiziario italiano.
Quante possibilità ci sono, dopo tanti anni, di pervenire alla verità?
Non è la funzione della commissione dare una risposta al caso di Denise Pipitone, che, come è noto, riguarda la scomparsa di una bambina, una sparizione alla quale nessuno è riuscito, per il momento, a dare risposta. Non possiamo dire che sia compito della commissione fare le veci della magistratura. Rimarremo nell’alveo delle nostre funzioni, che consistono nel verificare eventuali anomalie per comprendere se sono di sistema. Detto questo, spero vivamente che dalla possibile audizione di nuovi soggetti e dall’acquisizione di ulteriori documenti da parte della commissione, possa arrivare un contributo anche all’indagine.
Nel caso specifico, quali vantaggi presenterebbe la commissione d’inchiesta rispetto al lavoro della magistratura?
Nel caso della piccola Denise Pipitone, la scomparsa, sia per il luogo in cui è avvenuta, sia per il contesto familiare, risulta un allontanamento non volontario, quindi, evidentemente, un sequestro di cui è doveroso comprendere l’esito. Qui sta il compito della magistratura: ricercare prove e responsabilità.
E il compito della commissione?
Il nostro compito è invece comprendere se, attraverso lo studio del caso, qualcosa, nella nostra legislazione, non abbia funzionato, e capire se questa consapevolezza possa portare a un miglioramento del sistema. Forse un compito indiretto della commissione potrebbe essere quello di spronare le forze dell’ordine a dare il massimo. Non so se sia stato un caso, ma ho appreso con piacere che, in concomitanza alla proposta di una commissione sul caso di Denise, la riapertura delle indagini da parte della magistratura inquirente accendeva una nuova speranza.
A che punto sono i lavori per la creazione della commissione?
Abbiamo scelto la strada di una commissione monocamerale. Il testo della proposta di legge è stato ultimato e inoltrato all’ufficio parlamentare che si sta occupando di verificarne la correttezza tecnico-redazionale. Con l’ufficio abbiamo appuntamento telefonico lunedì. L’arrivo in commissione Giustizia è quindi previsto a breve, a quel punto l’organo parlamentare deciderà se seguire l’iter di approvazione ordinario, che comporterebbe una discussione in Aula, oppure se optare per un iter di approvazione abbreviato, legiferando direttamente in commissione (e non in Parlamento). In questo secondo caso, però, serve l’unanimità della commissione Giustizia e al momento non tutti i gruppi rappresentati nella massima Assise hanno sottoscritto il testo. Tra le due possibilità, intercorre un intervallo al massimo di 60 giorni. Nel primo caso, la commissione potrebbe quindi essere operativa a fine ottobre. Nel secondo potrebbe iniziare i lavori già a settembre.
Come è stata accolta l’idea di una commissione d’inchiesta in Parlamento? Lei dice che non tutti i gruppi parlamentari hanno firmato la proposta di legge. Gli altri partiti concordano sull’opportunità della creazione di un organo specificatamente dedicato ai fatti di Mazara del Vallo?
Naturalmente non stigmatizzo la mancanza delle firme degli altri gruppi, ma prima di tirare le somme vorrei chiarire che ho avuto un confronto con tanti parlamentari, provenienti da tutti gli schieramenti, e ho riscontrato un’ampia disponibilità e un condiviso apprezzamento della proposta. Insomma, per dirlo chiaramente, non ritengo che la mancanza della firma sia una scelta politica di contestazione. Potrebbe ad esempio dipendere dalla celerità con la quale abbiamo proceduto. Abbiamo preso in carico la vicenda soltanto un mese e mezzo fa. Sono convinto che, nei fatti, ci sarà condivisione.
Da membro della commissione giustizia, quali sono, secondo lei i nodi da sciogliere per una riforma? Condivide l’impostazione della ministra Cartabia?
Quella della giustizia è una riforma necessaria e trasversale, parte necessaria e integrante del Pnrr. Il presupposto di una ripresa economica forte è la creazione di un sistema giustizia che faccia apparire il nostro Paese un paese affidabile, con tempi certi nei processi civili e penali. Per incoraggiare gli investimenti dall’estero bisognerà agire su tempi della giustizia penale e civile, avere la certezza della pena ma anche tenere ben presenti i principi fondamentali che fanno della pena l’estrema ratio e che tutelano l’immagine e la dignità dell’indagato secondo un principio granitico di non colpevolezza. Anche nel caso di un avviso di garanzia, bisogna fare in modo che i riceventi siano considerati non colpevoli fino a prova contraria.
A proposito della questione della riforma della giustizia, ho presentato un emendamento che tenta di accelerare la fase delle indagini, fermo restando il mantenimento di un sistema di garanzie. In particolare, al mancato verificarsi esercizio dell’azione penale, la proposta prevede che sia in capo allo stesso indagato la possibilità di chiedere al pm di definire il processo, obbligando quest’ultimo all’archiviazione o all’esercizio dell’azione penale.
VirgilioNotizie | 11-06-2021 16:48
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