Ad un anno dall’inaugurazione,
continua il successo del ristorante solidale di Milano. Ecco cosa si mangia,
come sedersi a quelle tavole e come può funzionare – visto che il pranzo costa
solo 1 euro
Aveva aperto un anno fa il Ruben di Milano, ossia il ristorante dove
è possibile mangiare spendendo solo 1 euro. Una scommessa, uno
slogan, una filosofia. L’iniziativa è partita nel novembre del 2014 e
ora siamo ormai entrati nel secondo anno di attività. Tempo di bilanci:
esiste ancora? Ha funzionato? Può essere un modello?
Parlare oggi di gastronomia, in Italia sembra infatti sempre più difficile.
Si può parlare di chef, di ingredienti costosi, di serate al ristorante, di
critica gastronomica, quando una fetta crescente di popolazione non riesce a
permettersi nemmeno una pizza, o comunque un pasto caldo per sé e per la
propria famiglia?
Mentre esplode il boom della cucina, il problema sembra il cibo, inteso
come diritto, e i “nuovi poveri”, quegli italiani che fino a
qualche anno fa conducevano una vita dignitosa, e che improvvisamente si sono
visti franare il mondo addosso. La crisi, la perdita del lavoro, gli affetti
che se ne vanno, la solitudine. Sono 4 milioni i poveri in
Italia, e loro la risposta all’interrogativo la conoscono fin troppo bene.
Eppure l’Italia è anche quel Paese che, tra mille difficoltà, riesce a mettere
in campo iniziative anche per loro. Come quella della famiglia
di Ernesto Pellegrini (fondatore dell’azienda nonché ex
presidente dell’Inter), dedicato nel nome Ruben proprio ad un
clochard.
350 pasti e 2700
tesserati in un anno
Christian Uccellatore è il responsabile del ristorante e nelle
sue parole non ci sono dubbi: “L’idea sta funzionando. Prepariamo 350
pasti al giorno e abbiamo oltre 2700 tesserati. Più del 60% degli ospiti
è di nazionalità italiana, il che la dice lunga sull’entità delle
nuove povertà nel nostro Paese. E anche gli immigrati presenti
da noi sono persone con documenti, che sono da lungo tempo inserite nel nostro
Paese. Nell’80% dei casi si tratta di famiglie, nel
restante 20 di persone sole, pensionati ma anche padri
separati, che oltre al bisogno di nutrirsi hanno anche il desiderio di
cenare in compagnia”. Perché mangiare non vuol dire solo nutrirsi, è il rituale
sociale per eccellenza e noi Italiani lo sappiamo bene. “Vedere quelle allegre
tavolate di persone che vivono situazioni di difficoltà è il segno più evidente
del successo del Ruben”, dice Uccellatore.
Cosa si mangia:
menù italiano, veggie e vegan
L’aspetto del ristorante è quello di una mensa aziendale: self
service, tavoli ben ordinati, vassoi, posate confezionate. E menù di
tutto rispetto: “Pasta pasticciata con ragù di manzo, minestrone, spaghetti con
le vongole, gnocchi al ragù, filetto alla gallinella, braciola alla griglia,
kebab, patate al forno, verdure bollite”. Ogni sera – il ristorante è aperto
solo a cena – “proponiamo quattro primi, quattro secondi, quattro
contorni e quattro dolci più frutta e bevande a volontà, con possibilità di
bis. Seguiamo le regole utilizzate dalla Pellegrini per la normale
ristorazione: non ricorriamo né ad ‘avanzi’ né a scorte alimentari, ma i nostri
prodotti sono di qualità e sono gli stessi che utilizzano le
mense servite dal gruppo nonché quelle dei nostri manager. E poi niente
fritti e niente alcol. Pensi che abbiamo brindato al 2016 con uno spumante
analcolico”. I menù sono ispirati a quelli della tradizione gastronomica
italiana: cerchiamo di venire incontro alle esigenze di tutti: da noi anche un
musulmano, oppure un vegetariano o un vegano, può trovare il menù
completo che fa per lui”.
Come diventare un
ospite
L’idea del ristorante Ruben “è nata dall’esigenza di venire incontro ai
bisogni dei nuovi poveri. Persone che vivono un disagio, ma non
così grave come quello ad esempio dei senza fissa dimora che frequentano le mense
delle organizzazioni caritative, che con il loro lavoro straordinario
preparano qualcosa come 9mila pasti al giorno. Volevamo creare qualcosa di
diverso, in modo da far superare a queste persone ‘l’effetto-vergogna‘
che avrebbe comportato l’ingresso in una mensa.
Certo, non tutti possono entrare al Ruben. Prima di accedere, si passa da una sorta di preselezione, eseguita da un’associazione o un’ente “proponente”. In altre parole, “mettendo in rete 170 tra associazioni, parrocchie e Caritas, oltre ai servizi del Comune, riusciamo a selezionare le situazioni di reale disagio, importante ma non estremo, che costituiscono l’obiettivo del ristorante Ruben”.
Certo, non tutti possono entrare al Ruben. Prima di accedere, si passa da una sorta di preselezione, eseguita da un’associazione o un’ente “proponente”. In altre parole, “mettendo in rete 170 tra associazioni, parrocchie e Caritas, oltre ai servizi del Comune, riusciamo a selezionare le situazioni di reale disagio, importante ma non estremo, che costituiscono l’obiettivo del ristorante Ruben”.
Con 1 euro a pasto,
chi paga?
Più difficile invece fare un bilancio economico dell’iniziativa. “Chiediamo
un euro a persona, e i minori li facciamo mangiare gratis. Qui abbiamo come
operatori cuochi e inservienti professionisti, mentre i volontari fungono
più che altro da assistenti e animatori per i commensali ascoltandone le
difficoltà. Ovviamente l’euro non ha un significato economico, ricoprendo solo
una parte minima dei costi, ma intende dare dignità ai commensali che
‘acquistano’ la cena e non la ricevono in elemosina”. Le spese sono invece
coperte per intero dalla Fondazione Ernesto Pellegrini onlus, che
si fa carico dell’assorbimento di tutti i costi dell’iniziativa”. Un modello
replicabile anche altrove? “Sì – è la risposta di Uccellatore – anche se un
ristorante come il nostro, con un pranzo completo a un euro, non puoi
farlo con una logica economica. Nemmeno avendo alle spalle le forniture di
un gruppo come quello di Ernesto Pellegrini”. È un’iniziativa benefica, dunque.
Sperando che qualcun altro segua l’esempio perché i nuovi poveri, ormai, non
possono più aspettare. E poi, chissà: come insegna la storia della cucina
italiana – cos’era la pasta se non un piatto povero? – magari anche dalla loro
creatività potranno sorgere capolavori non solo umani, ma anche gastronomici.
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