Alberto Sughi: la maschera al cinema. - Olio su tela |
Incominciai
ad andare a cinema che abitavo ancora a Scanzano e avevo all’incirca dieci anni.
Il primo film che vidi o che ricordo di aver visto era “La cena delle beffe”.
Forse mi è rimasto in mente più vivo degli altri per quel “Chi non beve con me,
peste lo colga” che Amedeo Nazzari
pronunciava ad un certo momento della storia, con un tono di voce che
faceva un po’ sorridere nonostante la drammaticità del momento.
Il film era del 1941, diretto da Alessandro Blasetti
e tratto dall'omonimo dramma di Sem Benelli, ma all’epoca sapevo poco della
storia che raccontava, degli attori e della Clara Calamai, tanto ricordata per il seno che
esibiva nudo in una delle scene.
Era di domenica e la confusione tanta. Al botteghino c’era
più gente di quella che la sala poteva contenere e che nel momento in cui
riuscii ad entrarvi assieme era già satura in tutti i suoi ordini. Un posto in
piedi vicino ad una colonna che mi toglieva dal parapiglia fu il massimo.
All’uscita mi trovai tutto sudato e stanco, frastornato e
affamato. Il ritorno a casa fu un sollievo. Ritornai a cinema molto tempo dopo,
sempre di domenica e con le sale sempre affollate per la gente che arrivava
anche dai paesi vicini attratti dal mare e dagli svaghi che la cittadina
offriva.
All’epoca a Castellammare c’erano il Nazionale, il
Supercinema e il Cinema Corso, tenuti aperti tutto l’anno. Durante l’estate si
aggiungeva ad essi l’Arena Giardino o il Cral della marina militare che era uno
spazio a cielo aperto posto nel porto, dopo il Montil che arrivò più tardi con
le ultime proposte tecnologiche delle “3 dimensioni” che, ogni tanto, viene riesumato
per dare vigore alla cinematografia a corta di idee narrative.
Se all’epoca del mio racconto esisteva già la mansione di
maschera e a Castellammare veniva impiegata non lo ricordo fino a quando non
incominciai in età più adulta a frequentare le sale anche durante la settimana
per assistere a proiezioni di minore attrazione, ma di qualche pregio come
“Nella città l’inferno” di Renato Castellani a cui mi capitò di assistere nella
sala del Supercinema.
Dopo aver preso il biglietto e averlo presentato alla
persona addetta all’accesso in sala per il distacco della matrice che
recuperavano per fini fiscali, all’ingresso in sala mi trovai di fronte ad una
persona munita di torcia elettrica che mi volle accompagnare ad uno dei posti disponibili.
Rimasi imbarazzato, non sapevo cosa fare. Ringraziai e mi
accomodai nella quartultima fila. La sala era quasi vuota. Nell’intervallo
contai undici spettatori me compreso.
Nelle settimane successive quella persona diventò quasi un
amico e la sua presenza quando la sala era piena risultava veramente utile.
Poi la cosa finì come era iniziata e oggi con l’avvento
delle multisale dove ti assegnano la poltroncina che devi occupare non le ho più
viste, anzi non me ne ricordavo più fino a quando non ho pensato di scrivere
questa nota.
Era sicuramente pagata dal gestore della sala, ma
l’incaricato del servizio non disdegnava mai la mancia quando le veniva data.
Anzi più di una volta, nella poca luce che la proiezione in certi momenti
offriva, potevi scorgere la delusione per il mancato gesto o per la sua pochezza.
Chi ci faceva affidamento per arrotondare l’eventuale magro stipendio quasi
quasi te la chiedeva abbozzando un colpo di tosse o una frase ad effetto.
Qualcuno arrivava a ringraziarti per richiamarti alla realtà delle sua
aspettativa.
A proposito ho rintracciato uno stralcio di uno scritto che
utilizzerò solamente per quel tanto che necessità per far capire le situazioni
che la mansione creava nel rapporto col pubblico che frequentava le sale.
Il pezzo, già pubblicato su Internet, è tratto dal libro “Aldo Fabrizi, Ciavéte fatto
caso? Marco Giusti (a cura di), Milano, Mondadori, 2002” che fa risalire la
maschera a molti anni prima della seconda guerra mondiale.
La maschera der cinema
[…] Adesso ho
accompagnato al posto quel signore là; m'ha dato due soldi di mancia ma però
gli voglio bene lo stesso perché è tanto affezionato: viene alle tre e se nun è
mezzanotte nun va via. Qualche volte mi aiuta pure a chiude'. Prima del signore
ho anche accompagnato quel giovanotto laggiù: m'ha dato un bottone. Un ber bottone,
uno de quelli grossi. So' stato contento perché me mancava alla collezione.
S'intende, ognuno dà quel che può! Quello m'ha dato un ovo. Certo bisogna esse' preparati a tutto. Una
volta un signore me mise in mano un foglietto… io me credevo che erano dieci
lire invece quando lo guardai alla luce era un pezzo de carta e c'era scritto
TANTE GRAZIE. 'St'affare annò avanti pe' due o tre vorte… Un giorno me dette er
solito bijetto e io je ne diedi 'n antro.
Dice: "Cos'è?"
"Er resto, signore!"
Lui sorridendo l'aprì… io ciavévo scritto MA VA A MORI' AMMAZZATO! […].
Dice: "Cos'è?"
"Er resto, signore!"
Lui sorridendo l'aprì… io ciavévo scritto MA VA A MORI' AMMAZZATO! […].
[…] C'è un impresario
delle pompe funebri che quando viè me fa: "Niente, iente, faccio da
me".
Tira fori 'na candela, l'accenne e se cerca er posto da sé.
Ce n'è 'n antro, tutto pelato, co' 'na testa lucida lucida… appena entra se leva er cappello, abbassa la testa in direzione delle poltrone e nun solo trava posto pe' lui ma lo trova pe' tutti quelli che je vengheno appresso!
Tira fori 'na candela, l'accenne e se cerca er posto da sé.
Ce n'è 'n antro, tutto pelato, co' 'na testa lucida lucida… appena entra se leva er cappello, abbassa la testa in direzione delle poltrone e nun solo trava posto pe' lui ma lo trova pe' tutti quelli che je vengheno appresso!
Le storielle potrebbero continuare, ma la maschera Aldo Fabrizi,
biascicando in romanesco, regala ancora parole e riceve l'applauso.
[…] Scusate tanto delle
chiacchiere e quanno venite a teatro che noi ve venimo incontro co' la
lampadina, nun ce guardate co' quell'espressione de odio che ciavéte sempre pe'
noialtri povere maschere […].
Nota Bene
Credevo che la maschera fosse un mestiere scomparso, ma debbo
ricredermi. Nel cercare una definizione della mansione mi sono trovato invece
di fronte a questa nota che pubblico per la curiosità di qualcuno in cerca di
quisquiglie o, in questi nuovi tempi di magra, di un mestiere per arrotondare.
Descrizione Figura Professionale
Cinema » MascheraCHI E’
La maschera è l’operatore dei servizi di sala con mansioni di assistenza e controllo.
COSA FA
La maschera viene impiegata nell’ingresso, per agevolare l’entrata del pubblico, o all’interno della sala teatrale.
La maschera prima dell’inizio dello spettacolo si occupa di controllare le condizioni del teatro, la pulizia e l’integrità della sala e che le porte dei palchi siano aperte. Verifica le condizioni basilari di sicurezza, controllando l’accesso e l’apertura delle porte. Controlla i biglietti all’ingresso, individua la tipologia del biglietto e il numero di posto in modo da poter orientare lo spettatore. Gestisce eventuali problemi relativi a emissioni irregolari dei biglietti. Si occupa dei biglietti speciali e dei posti riservati, ad es. per figure istituzionali o rappresentanti dei media. Può distribuire materiale informativo ad es. il foglio di sala od occuparsi della vendita del merchandising.
Si occupa della chiusura e della riapertura delle porte dei palchi all’inizio, negli intervalli e alla fine dello spettacolo. Deve controllare durante lo spettacolo il mantenimento del silenzio nei locali di servizio. Durante gli intervalli deve verificare che il pubblico rispetti il divieto di fumare.
QUALI CONOSCENZE
Non è richiesta una formazione scolastica specifica, le competenze necessarie a questa professione possono essere acquisite con la pratica in un periodo di tirocinio presso il teatro.
E’ consigliabile avere interesse per lo spettacolo ed essere disposti ad informarsi sulle proposte culturali offerte nella sala in cui si lavora.
QUALI COMPETENZE
· Possedere conoscenze operative dell’edificio teatrale, gli spazi, la disposizione dei posti;
· possedere conoscenze operative del sistema dei biglietti e degli abbonamenti in modo da saper individuare la tipologia del biglietto e il numero di posto corrispondente;
· saper gestire eventuali problemi relativi a emissioni irregolari dei biglietti;
· saper indicare agli spettatori il posto corrispondente al loro biglietto;
· saper fornire agli spettatori informazioni di varia natura (sullo spettacolo, sui servizi ecc.);
· saper intervenire in casi di emergenza e imprevisti collaborando all’evacuazione della sala in sinergia con i responsabili della sicurezza;
· possedere ottime attitudini comunicative e capacità relazionali;
· saper lavorare in gruppo.
Compiti specifici del capo maschera (Il capo maschera organizza il lavoro del gruppo di operatori di sala, è alle dirette dipendenze del direttore di sala)
· saper coordinare il lavoro delle maschere;
· saper organizzare e coordinare il lavoro del personale ausiliario;
· saper contribuire alla formazione del personale di supporto.
ACCESSO ALLA PROFESSIONE
La maschera è un operatore di sala che può essere dipendente o collaboratore (contratto di collaborazione esterna) di imprese dello spettacolo.
Spesso è una professione affidata a giovani e a studenti che la svolgono come lavoro part-time in ogni caso non vanno sottovalutate le competenze necessarie per svolgere questo incarico.
Oltre alla sala teatrale la maschera è anche presente nella sala cinematografica, inoltre una figura professionale del tutto analoga può essere impiegata in impianti sportivi (questo ambito sembra poter offrire interessanti possibilità occupazionali).
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