lunedì 29 febbraio 2016

In viaggio con Alberto


Abolizione ticket sanitario, il governo fa marcia indietro

Abolizione ticket sanitario, il governo fa marcia indietro

Si punta a reintrodurre il ticket sulle prestazioni da pagare di tasca propria


Il “Decreto Appropriatezza“, cioè la riforma che ha, di fatto, abolito il ticket per circa 203 

prestazioni sanitarie, sta provocando un vero e proprio caos ed una valanga di lamentele:

per questo motivo, il governo si appresta a rivedere il provvedimento (conosciuto anche 

come Dm Lorenzin) con il Dpcm sui nuovi livelli essenziali di assistenza. Il Decreto, infatti, 

pone delle condizioni molto stringenti per la prescrizione delle prestazioni fuori tutela: sareb-

bero addirittura 22 milioni le prestazioni mediche a rischio, la maggior parte delle quali

costituite da analisi.


Le prestazioni fuori tutela



Ad una prima lettura del decreto, vedendo l’elenco delle prestazioni da pagare di tasca

scritto in gergo tecnico, sembrerebbe trattarsi di esami e terapie poco utilizzati. Non è così, 

purtroppo.


Ad essere penalizzati sono in tanti: dalla signora cinquantenne che si sente rifiutare la 

ricetta rossa” per una risonanza magnetica alla schiena, al quarantenne che non può 

ripetere l’esame consueto del colesterolo. C’è la giovane donna cui viene negata una 

mammografia di controllo su ricettario rosso, con l’indicazione di rivolgersi a strutture 

private a pagamento. C’è il bambino che deve sottoporsi a test allergologici, che deve farsi 

fare la ricetta non solo dal pediatra, ma anche dallo specialista allergologo.


Non va meglio a chi riesce a farsi fare la tanto agognata prescrizione: ad esempio, la 

persona in grave sovrappeso che deve sottoporsi ad accertamenti, per quanto abbia diritto 

alla ricetta, d’ora in poi non pagherà più i soliti 20 euro di compartecipazione (16 analisi 

distribuite su due ricette, 10 euro a ricetta) ma dovrà sborsare 50 euro. L’importo 

corrisponde alle 5 ricette rosse su cui, secondo il decreto, vanno distribuite le analisi.


Caos sulle prescrizioni



Non va affatto meglio nemmeno sul fronte del personale sanitario: i dinieghi dei medici, 

difatti, terrorizzati dalle sanzioni che il Decreto irroga a chi fa prescrizioni inappropriate, 

stanno gettando nel caos gli ambulatori e gli ospedali.



Sono troppe, infatti, le incertezze sull’appropriatezza delle prescrizioni e sulle condizioni di 

erogabilità, anche se non sono le uniche ragioni per le quali i medici si rifiutano di dare le 

ricette. Le prescrizioni non vengono effettuate soprattutto perché manca l’aggiornamento 

dei software del personale sanitario, che non hanno le “note” necessarie per applicare la 

norma (per approfondimenti: come ottenere l’esenzione dal ticket). Mancano, poi, gli ade- 

guamenti per la ricetta elettronica e la possibilità di condividere in rete i dati tra medici, 

Asl e Ministero della sanità.


Niente sanzioni per i medici



In tutta questa confusione, una prima “vittoria” è stata comunque ottenuta, dopo 2 giorni di 

protesta dei sindacati, ed è la sospensione delle sanzioni per i medici, per le prescrizioni 

non appropriate (tra l’altro le multe non sono mai state definite).


I medici, pur essendo d’accordo riguardo alla necessità di ridurre gli sprechi e di evitare 

prescrizioni inutili, contestano i criteri di prescrivibilità e quelli di erogabilità delle presta 

-zioni, troppo severi e con iter eccessivamente articolati.


Ad esempio, per ottenere il rimborso degli esami di laboratorio (che col Dm Lorenzin vanno 

normalmente pagati di tasca), il privato (in condizioni di vulnerabilità sanitaria e sociale) 

deve presentare alla Regione una domanda di rimborso molto complessa in maniera 

ineccepibile e completa. Con l’entrata in vigore del Decreto non è possibile completare la 

richiesta, perché non possono essere inserite le note in ricetta, ora obbligatorie.


Revisione del decreto



Considerato il caos totale in cui si trovano medici e pazienti, al Governo non resta altro da 

fare che modificare la normativa: si parla già di una revisione completa, sia sui criteri di 

scelta degli esami “incriminati” fuori tutela, sia sui criteri di appropriatezza e sulle condizioni 

di erogabilità.



Il Ministro Lorenzin ha già annunciato l’inizio dei lavori per l’emanazione di una circolare 

applicativa, che dovrebbe servire a rimediare alle difficoltà tecniche nella prescrizione delle 

ricette.



Per cambiare il Decreto, però, la circolare non è sufficiente, ma dovrà essere emanato un 

altro atto avente forza di legge: molto probabilmente la nuova normativa si troverà nel 

Dpcm 

sui nuovi Livelli essenziali di assistenza (Dpcm Lea). Certo il Dpcm non sarà adottato 

dall’oggi al domani, ed i disagi, per i cittadini, non termineranno a breve.


Addio ricetta medica: cosa cambia dal 1° marzo


Arriva quella elettronica: i malati dovranno utilizzare il cellulare o il tablet


Tutto è pronto: dal prossimo martedì esce definitivamente di scena la ricetta medica  cartacea, quella con i tradizionali colori rosso e panna, per essere sostituita da tablet e computerLa nuova normativa sulla circolarità nazionale della ricetta dematerializzata, approvata lo scorso novembre e pubblicata in Gazzetta Ufficiale a dicembre, diventa efficace a partire dal 1° marzo 2016: le farmacie dovrebbero essere, per quella data, già nelle condizione di calcolare ticket ed eventuali esenzioni nella Regione di provenienza del malato. Lo ricorda una nota della Fimmg, la Federazione dei medici di famiglia.
COSA CAMBIA – Il medico di famiglia, nel momento in cui dovrà prescrivere un farmaco al malato, si collegherà dal proprio computer a un portale dedicato e lì indicherà gli estremi del paziente e del medicinale prescritto. In particolare, nel sistema informatico verrà compilata una ricetta “telematica”, identica a quella cartacea tradizionale, un Nre (numero ricetta elettronica) cui sarà associato il codice fiscale del paziente. Verranno poi aggiunte, in automatico, anche eventuali esenzioni. 
Il medico dovrà stampare un piccolo promemoria (della dimensione di un foglio A5) e consegnarlo al paziente. Quest’ultimo, munito di tale documento, si recherà in farmacia e lo consegnerà al farmacista il quale, a sua volta, attraverso i codici a barre stampati sul promemoria, recupererà la prescrizione collegandosi al sistema informatico online. Verrà così consegnata la medicina al malato. Quando il sistema andrà completamente a regime, sparirà anche il promemoria e tutto avverrà telematicamente, attraverso al trasmissione di dati al sistema informatico centralizzato.
Tale procedimento verrà esteso gradualmente anche per laprescrizioni di esami e visite specialistiche, visto che la ricetta elettronica sarà accettata anche da cliniche, ambulatori e ospedali.
Ci vorrà ancora tempo perché sparisca anche la vecchia “fustella” da attaccare nei riquadri rossi, poiché anche se i codici della confezione sono inseriti direttamente sul computer ancora non è stato possibile determinare un meccanismo che annulli il valore della fustella rispetto alla necessità di identificare e distinguere i farmaci erogati a carico del Ssn da quelli che anche se erogabili vengono invece pagati direttamente dal cittadino.

sabato 27 febbraio 2016

‘O tozzabancone



Chi s’arricorde tene ll’età mia.
O ire piccerillo o nu stucchione.
Si mamma pazziava o era avero
l’aggio capito, a essere sincero,
quanno pur’io aggi’ avuto ‘e figlie.

Quannon nun ‘e vulevo mmiez’’e piere
l’accumpagnavo d’'a vicina ‘e casa
o d’’a zi’ Rosa cu na bbona scusa
ch’era una ‘e chelle assaje speciosa
ca se mmiscava mmiezo ‘e ccose ‘e llate.

Addò mò ve ne jate ? Sì è p’’a spesa,
vurria na buttigliella ‘e acqua ‘e rosa,
ca me fa suspirà quanno m’’o mette.
Pigliame, oj ni, pure ddoje fette ‘e carne
ca stanno sola nun ne faccio tanto uso.

‘A scusa mia addeventava  ‘a soja.
Si nun dicive niente te chiedeva
si almeno ‘a spesa overo l’ive fatta.
‘E  vote l’accatavo doije buatte
‘e frutta sceruppata, le piaceva.

S’ammuccava ‘o fatto comme ‘e criature
ca si e faje fa chello ca vonno
te fanno fa a te chello ca vuò.
Ereno sempe allero da zi Rosa
ca me diceva de purtà cchiù spisso,

ma me raccumannava ‘o piripisso
pe starme attiente a qualche raffredore,
ch’’e vvote ammore te fa brutte scherze
e te n’accuorge sule quanno è perzo
e s’accummencia tutto punto e a capo.

Gioacchino Ruocco

Ostia Lido 27.02.016





giovedì 25 febbraio 2016

Accolto in parte il ricorso al Tribunale di Messina

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Italicum alla Consulta.

Su 13 motivi di incostituzionalità proposti,6 sono stati
recepiti. Tra questi, premio di maggioranza e mancanza di soglia minima per il ballottaggio. Grossi: "Tempi brevi di definizione". Alfano: "Nuova legge elettorale impugnata? In Italia è normale..."
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ROMA - Il Tribunale di Messina ha rinviato alla Corte Costituzionale la nuova legge elettorale, l'Italicum, facendo propri 6 dei 13 motivi di incostituzionalità proposti dai ricorrenti. I ricorsi erano stati presentati in più tribunali italiani.

L'Italicum è stato approvato dal parlamento il 4 maggio scorso e la sua entrata in vigore è prevista per luglio 2016. Il ricorso presentato a Messina è uno dei 18 depositati presso diversi tribunali italiani. Un'iniziativa nata nell' ambito del Coordinamento democrazia costituzionale, in cui si è costituito un gruppo di avvocati anti-Italicum coordinati dall' avvocato Felice Besostri, già protagonista della battaglia contro il Porcellum, poi dichiarato incostituzionale dalla Consulta. A curare il ricorso presentato a Messina, l'avvocato e vice-coordinatore del pool, Enzo Palumbo.

Su 13 motivi di incostituzionalità proposti, sei sono stati fatti propri dal giudice nell'ordinanza di rimessione, e tra questi - spiega Besostri - anche quelli relativi al premio di maggioranza e alla mancanza di soglia minima per il ballottaggio.

Nell'ordine, i dubbi di costituzionalità riguardano: il "vulnus al principio di rappresentanza territoriale"; il "vulnus al principio di rappresentanza democratico", punto connesso col premio maggioranza; la "mancanza di soglia minima per accedere al ballottaggio"; la "impossibilità di scegliere direttamente e liberamente i deputati", questione legata ai capilista; le "irragionevoli soglie di accesso al Senato residuate dal Porcellum"; la "irragionevole applicazione della nuova normativa limitata solo alla Camera dei deputati, a Costituzione invariata", e non al Senato.

Proprio di Italicum ha parlato oggi Paolo Grossi, nuovo presidente della Consulta, durante l'incontro con la stampa: "Prevedo un tempo ragionevolmente breve per arrivare a qualcosa di definito" ha detto a proposito dei tempi con i quali la Corte costituzionale affronterà la questione di legittimità sulla legge sollevata dal Tribunale di Messina. "Alla Corte - ha aggiunto - non si hanno lunghe attese, oggi non c'è se non un arretrato minimo di un mese un mese e mezzo". Grossi è poi intervenuto, rispondendo ai cronisti, anche sul controllo preventivo sulle leggi elettorali previsto dalla riforma Costituzionale, su cui il suo predecessore, Alessandro Criscuolo, aveva manifestato perplessità: "Quando si parla di istituzioni parlamentari - ha detto - occorre la massima cautela ma mi sento di condividere quello che ha espresso Criscuolo".

Tra i primi a commentare l'accoglimento, il ministro dell'Interno, Angelino Alfano che a Corriere Live risponde a una domanda sul rinvio: "Siamo in Italia, è abbastanza normale che una legge prima ancora di essere applicata viene impugnata alla Consulta. Ho un approccio sempre molto tranquillo e laico sulle leggi elettorali, servono a contare i voti, ma i voti li devi prendere".

Intanto, sul fronte nuovo Senato il governo non esclude che il referendum confermativo sulle riforme costituzionali possa tenersi prima di ottobre. E' il senso della risposta che il ministero dell'Interno ha fornti a un'interpellanza presentata in commissione Affari costituzionali della Camera da Stefano Quaranta, capogruppo di Sel-Sinistra italiana.

Sel chiedeva se il governo intendesse anticipare il referendum facendolo coincidere con le amministrative di giugno. La riposta del Viminale spiega che in occasione delle precedenti consultazioni, per "i referendum confermativi del 2001 e del 2006", l'articolo 3 della legge 352 del 1970 ('qualora l'approvazione sia avvenuta con maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna camera... Entro tre mesi, un quinto dei membri di una camera, o cinquecentomila elettori, o cinque consigli regionali possono domandare che si proceda al referendum popolarè) "è stato interpretato nel senso che per procedere alla consultazione è necessario attendere il decorso termine di tre mesi". Se dunque ci si orientasse come nei due casi precedenti, il referendum confermativo dovrebbe tenersi non prima dell'autunno, prevedendo il via libera definitivo al ddl Boschi ad aprile, al massimo a maggio.

Ma il governo, nella risposta in commissione, fa notare che "autorevoli costituzionalisti sostengono che non sia
necessario attendere in ogni caso la decorrenza del suddetto termine, tenuto conto che la celebrazione del referendum sarebbe assicurata anche nell'ipotesi in cui la consultazione venga promossa da uno solo dei soggetti a tanto legittimati dalla norma costituzionale".