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domenica 29 novembre 2015
sabato 28 novembre 2015
Iceone (anche conosciuto come Dj Sensei)
Music Producer/Beatmaker/Composer/Artist Developement
Beat Traveller Music
I'm professional Music Producer and Dj since 1982.. I'm also specialized in Artist Developement, Talent scout, Music Counseling.. I've produced al lot of successful tracks, for hip hop groups, tv commercial, soundtracks, videogame soundtracks. I'm also specialized in remixes and rearrangement of other's music.
iceone
produttore musicale
Lavoratore autonomo
Iceone (anche conosciuto come Dj Sensei) è una delle fondazioni dell' Hip Hop Italiano ed ha prodotto la musica di alcuni dei capolavori di questo genere musicale: "Odio Pieno" e "Scienza Doppia H" dei Colle Der Fomento, "Banditi" degli Assalti Frontali, "Quelli che Benpensano" e "Autodafè" di Frankie Hi Nrg, "Medicina Buona" della Comitiva, e "B-Boy Maniaco" suo album d'esordio. Ha collaborato con produzioni, musica e remixes con Almamegretta, 99 Posse, Tiromancino, Niccolo Fabi, Riccardo Sinigallia, Kento, Don Diegoh, Barry Warner, Cristopher Anton (Information Society), Junglabeat, Dj Skizo, Dj Stile, etc.. La sua Musica è stata usata da: Nike, X-Box, Electronic Arts, Valtour, Keymat etc.
Si potrà salutare Luca al Teatro Argentina di Roma (largo di Torre Argentina, 52) lunedì 30 novembre dalle ore 14.00 alle ore 18.00;
Luca De Filippo (Roma, 3 giugno
1948), attore e regista italiano di teatro, Grande Ufficiale Ordine al
Merito della Repubblica Italiana.
28 novembre 201513:45NEWS
Luca De Filippo, nipote di Eduardo Scarpetta, aveva 67 anni,
ed era figlio di Eduardo alla cui opera si era sempre allineato .
'Luca era consapevole e fiero di essere
l'erede di terza generazione di una famiglia che ha fatto la storia del teatro
italiano e, nella figura di Eduardo, del teatro mondiale''. Lo scrive in una
nota la famiglia.
Lo assistevano la moglie, Carolina Rosi, i figli Matteo,
Tommaso e Luisa.
Convinto del valore sociale del teatro, uomo generoso, Luca è stato
sopratutto attento agli aspetti umani, nel lavoro con la sua compagnia, creando
intorno a sè una comunione di intenti artistici speciali ed importanti''.
'Si potrà salutare Luca al Teatro Argentina di Roma (largo di Torre
Argentina, 52) lunedì 30 novembre dalle ore 14.00 alle ore 18.00; alle ore
16.30 verrà ricordato dai suoi amici.
Niente fiori, ma
solidarietà alla Fondazione Onlus "Il meglio di te"- IBAN:
IT29T0329601601000064225509 causale: "Donazione, progetto prescelto:
progetto Nisida''.
Che fine ha fatto Volunia ?
Era "domenica 27 maggio 2012" quando mi trovai di fronte a questo comunicato, ma di Volunia si son perse le tracce o mi son distratto ?
Speravo che l'idea si materializzasse da un momento all'altro e invece non ne ho mai avuto notizia: Si sarà diluita in altre iniziative ?
VOLUNIA
Come sta cambiando Volunia: importanti novità dal 18 maggio 2012. |
Caro Utente, Tante volte ti sarai chiesto “Che fine ha fatto Volunia? Quando potrò avere accesso al sito?” e forse il nostro silenzio ti ha fatto pensare a una battuta d’arresto. Non è così. Con questa mail vogliamo innanzitutto farti le nostre scuse per la mancanza di informazioni, ma soprattutto annunciarti le importanti novità in arrivo su Volunia. In questi mesi il team di Volunia ha preferito il silenzio e ha scelto la strada del lavoro, per ridurre il percorso verso il lancio del progetto al pubblico. La versione Beta aggiornata sarà disponibile il 18 maggio 2012 su www.volunia.com . Questo aggiornamento include importanti cambiamenti disponibili da subito per i Power User e riassunti qui di seguito:
Non smettere di seguirci perché stiamo facendo del nostro meglio per rendere disponibile Volunia a tutti nel più breve tempo possibile! Nel caso non dovessero emergere criticità importanti, contiamo di farlo entro un mese da oggi. Grazie, Il Team Volunia |
VOLUNIA ?
Era domenica 27 maggio 2012 quando mi trovai davanti il comunicato di Volunia.
Ci speravo proprio, ma non ne ho avuto più notizie. Sono io che mi son distratto ?
VOLUNIA
Come sta cambiando Volunia: importanti novità dal 18 maggio 2012. |
Caro Utente, Tante volte ti sarai chiesto “Che fine ha fatto Volunia? Quando potrò avere accesso al sito?” e forse il nostro silenzio ti ha fatto pensare a una battuta d’arresto. Non è così. Con questa mail vogliamo innanzitutto farti le nostre scuse per la mancanza di informazioni, ma soprattutto annunciarti le importanti novità in arrivo su Volunia. In questi mesi il team di Volunia ha preferito il silenzio e ha scelto la strada del lavoro, per ridurre il percorso verso il lancio del progetto al pubblico. La versione Beta aggiornata sarà disponibile il 18 maggio 2012 su www.volunia.com . Questo aggiornamento include importanti cambiamenti disponibili da subito per i Power User e riassunti qui di seguito:
Non smettere di seguirci perché stiamo facendo del nostro meglio per rendere disponibile Volunia a tutti nel più breve tempo possibile! Nel caso non dovessero emergere criticità importanti, contiamo di farlo entro un mese da oggi. Grazie, Il Team Volunia |
venerdì 27 novembre 2015
l'identikit dell'uomo di Denisova
17 novembre 2015
Sempre più preciso l'identikit dell'uomo di Denisova
Claudio Beorchia - Il Tesoro
Napoli - sab 28 novembre 2015Claudio Beorchia - Il Tesoro |
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MA QUANTO È BELLO PRODURRE L'OPERA!
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pubblicato venerdì 27 novembre 2015
Sant'Ilario, nella memoria collettiva il luogo dove la celebre Bocca di rosa di De André arrivava a turbare gli animi, è oggi uno dei quartieri bene di Genova, tappezzato di villette di pregio con strabiliante vista mare, defilato dal traffico e ben distanziato dal caos del centro. All'apparenza solo tanta ordinaria amministrazione, in mezzo a cui Exibart ha scovato la notizia: c'è arte contemporanea anche nella più amena delle periferie cittadine. Si chiama The View Studio, luogo di produzione creativa nato nel 2010 da un'idea di Vittorio Dapelo, ex gallerista di ruolo a Genova, tornato dopo circa dieci anni nel mondo dell'arte contemporanea. Lui scherzosamente si definisce un «giovane gallerista», un «riciclato», mentre lo incontriamo attorno alla tavola ovale dello spazio che provvisoriamente ospita le attività dello Studio (attualmente in via di cambio sede), una piccola dependance attrezzata nel giardino delle sua abitazione. Il classico "casa e bottega” fa bene alla creatività contemporanea? Indubbiamente è un buon incipit, se si considera come The View Studio sia nato molto spontaneamente dalla praticità per Dapelo di non volersi/doversi spostare in città, abbinata alla volontà di lavorare con gli artisti, prendendo «questo luogo per costringere gli artisti a lavorare», e creando «tipo un quartier generale per parlare di produzione».
Parlando col papà di The View Studio si chiarisce immediatamente una cosa essenziale della sua creatura: non è la solita galleria d'arte, di quelle in cui le opere sono esposte come una sorta di merchandising, e dove gente chic arriva vagando senza una meta. Gli anni di assenza hanno reso latitante la voglia d'essere gallerista, per un Dapelo che sottolinea come i cambiamenti dai Novanta ad oggi siano evidenti, constatando come «ora tutto accade intorno alla fiera». «La galleria non ha più la sua funzione», «non fa mostre» afferma dall'altro capo della tavola ovale Francesco Garutti, mente curatoriale di The View Studio, anche se qui i ruoli sembrano essere ruoli fino ad un certo punto, perché è evidente la priorità comunitaria di confrontarsi sulle idee. È Garutti a definire lo Studio un luogo «narrativo», perfetto per ospitare «eventi che svaporano», e il senso di quest'ultima affermazione lo capirete meglio più avanti.
Nel frattempo va ricordato un assunto fondamentale: qui l'opera è interessante, ma "fare l'opera” lo è forse ancore di più. Perché lo studio in questione è una specie d'officina, dove l'arte è una partnership creativa tra l'artista e chiunque graviti intorno alla realizzazione dell'opera-oggetto compiuto; in cui il curatore sceglie esclusivamente quelli che definisce «artisti pre mid-career», ancora giovani - ma non troppo acerbi - intorno a cui costruire un discorso articolato, anche sul piano delle location. Dalla scorsa estate infatti The View Studio ha avviato il Sant'Ilario Pavilion.
Anticipiamo sin d'ora che questo progetto non sarà figlio unico, anche se per adesso né curatore né fondatore hanno le idee chiare su ulteriori «dependance espositive», così come le chiama Garutti. Un padiglione per un "one artist show”, dove ogni artista è protagonista solitario con un'opera appositamente pensata e prodotta. E le intenzioni di questo progetto si misurano dal basso, a partire dall'opening, costantemente "non pervenuto”. La sua assenza non è campata in aria come un evento in meno in agenda e una bevuta mancata, ma cartina di tornasole per un diverso rapporto opera/fruitore, quando la prima non sarà mai qualcosa d'imperturbabile in relazione al contesto in cui si trova. Era «impossibile pensare ad un evento di gente col bicchiere di prosecco in mano», spiega Garutti, e a prima vista la struttura in ferro e vetro affacciata sul mare è quanto di meno adatto a quel tipo di "fauna”. Dopotutto Sant'Ilario Pavilion non ha pretese, è un piccolo baracchino a bordo strada, ad affaccio sul mare, chiuso da vetrate recentemente compromesse dagli ultimi eventi atmosferici; un ex negozio di fiorista abbandonato per anni, che Dapelo vedeva dalla finestra di casa e per intuizione ha deciso di riutilizzare, «come una sorta di teatrino» in cui le opere trovano il loro posto, e convivono con la gente che passa.
Finora il padiglione genovese conta quattro stranieri - i primi tre sono stati (in ordine di apparizione) Haris Epaminonda, Ian Law, Peter Wächtler - su un totale di cinque artisti, a detta di Garutti particolarmente interessanti da «mettere in rapporto con i luoghi di produzione del territorio» alludendo ad esempio alla non distante Albisola, città della ceramica e luogo da cui proviene l'istallazione di vasi Untitled messa su da Epaminonda. Unico italiano - e novità di novembre - Davide Stucchi, arrivato a circa un mese di distanza dal suo predecessore, Daniel Gustav Cramer.
Abbiamo incrociato l'artista tedesco in occasione dell'allestimento di Untitled (Carrara), opera che definisce «inusuale» in quanto «solitamente la storia non è parte del mio lavoro, ma il mio lavoro è già la storia»; composta da una serie di pezzi in marmo selezionati girando «per più giorni nelle cave di Carrara», nei quali ammette la fascinazione del «semilavorato» come «rapporto tra parte grezza e spigolosità artificiali». E se quei marmi disposti con apparente noncuranza, separati da pezzi di legno, paiono bloccati nell'impellenza di prodursi in un rapporto fisso con la statuaria, è Garutti a tirare in ballo l'idea di «viaggio» sotteso nell'azione di Cramer: l'opera «parte da Carrara», approda temporaneamente nello spazio di Sant'Ilario, tramutato in istituzionale «deposito di marmi» che del viaggio «rappresenta una tappa», per finire poi esposta in galleria a Zurigo. In uno di quei luoghi dove le vetrate vista mare lasciano il posto a pareti bianco-asettiche, rimodellando secondo altri canoni la relazione opera/contesto.
L'operazione, al pari delle precedenti, nasce per durare pochissimo nel tempo/luogo - vi siete già dimenticati il garuttiano "evento che svapora”? - e perdurare nella memoria video, affidata al lavoro di un film maker (scelto magari dall'artista, come Hans-Christian Lotz per Wächtler), figura nel caso di Cramer ricoperta dall'artista in persona. Questa è la caratteristica più spiccata dell'operazione Sant'Ilario Pavilion, collegata a stretto giro con quel rapporto opera/fruitore di cui sopra: l'opera abita il piccolo padiglione il tempo delle riprese, puntando praticamente tutto su una libera costruzione filmica che non è tanto memoria, quanto parte dell'operazione stessa, nella volontà congiunta di avere un contatto netto tra arte contemporanea e cinematografia. Un contatto sviluppato in toto dalla partnership Dapelo/Garutti, che vede il primo intenzionato a «documentare solo con fotografie» il lavoro dei vari artisti, e a cui il secondo «ha poi aggiunto il video», come un attestato di presenza poi condiviso con più e più persone tramite social network - «facebook è uno strumento» afferma il curatore - e non solo.
Da Sant'Ilario al resto del mondo, per un progetto che per quest'anno ha dato, ma su cui la nostra "strana coppia” è intenzionata a spingere ancora per un po'. E se Garutti ha in mente d'incrementare la presenza nazionale per «supportare anche la giovane arte italiana», sul numero complessivo di artisti coinvolti non c'è ancora certezza. «Forse saranno sette, come i sette nani» ironizza Dapelo. Noi intanto vi rimandiamo al sito www.theviewstudio.com, lì man mano troverete tutti i trailer dei vari interventi.
Andrea Rossetti
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UN AFFARE. ANZI, UN FURTO Lo svizzero che li aveva acquistati si dichiara "in buona fede",
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pubblicato venerdì 27 novembre 2015
Bella operazione quella condotta dai carabinieri italiani, che hanno recuperato cinque affreschi strappati da Paestum e acquistati "in buona fede" da uno svizzero. Si tratta, in fondo, di un piccolo tassello della nostra Italia, quella della cultura come patrimonio che ci ricordano sempre i nostri Ministri, uno per tutti Franceschini, che ieri era in prima linea durante l'annuncio del ritrovamento e del ritorno a casa, il prossimo gennaio.
Le opere rivestivano una tomba campano-sannitica risalente al 300 A.C. e che valgono sul mercato un milione di euro, come ha dichiarato il Generale Mariano Mossa. La stessa cifra l'aveva pagata, ai tombaroli, il "collezionista" svizzero, che li teneva in un deposito a Campione d’Italia dove sono stati rinvenuti lo scorso maggio e dal quale è stata accertata la provenienza.
Una bella storia, dicevamo, ma che la dice lunga su quanto sia problematico arginare un fenomeno diffuso che, ahinoi, non interessa di certo solo le aree problematiche del Medio Oriente, saccheggiate per essere "convertite" in denaro sonante per operazioni di guerra e terrore.
E il signore elvetico, dunque, come dobbiamo considerarlo allora? Una sorta di terrorista? Forse lo sguardo "miope", almeno in apparenza, stavolta ha giocato facile. Quanto una bella scusa. Ma tutto è bene quel che finisce bene, per ora. E in attesa di nuovi ritorni. (MB)
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Giuseppe, Adolfo e Carlo i tre medici che hanno accompagnato fin qui la mia vita
Quando nel
1973 trasferii la mia famiglia da Settimo Torinese ad Ostia Lido, oltre a dire
addio al clima impietoso della zona, agli odori acri e pesanti che le ditte
farmaceutiche, intorno casa, scaricavano nell'aria, all'inquinamento acustico
della padana superiore che attraversava l'abitato congestionandolo quasi tutto
il giorno e forse ancora, dovetti dire addio anche alle amicizie e alle
conoscenze che inevitabilmente avevo contratto. Prima di partire salutammo
vicini e lontani, lasciando a tutti il nuovo recapito con l'invito sincero a
farci visita, anche senza preavviso.
Uno, però, che non salutammo di sicuro fu il dott.
Aragno, Giuseppe, che mi tornò alla mente nel momento in cui il mio primo
bambino si sentì male una volta a Roma. Come avrei fatto a trovare un altro
medico come lui adesso che ne avevo bisogno ? Mi aveva tirato fuori da una broncopolmonite
con competenza e dedizione. Nei primi momenti della malattia passava per casa
ripetutamente, anche due volte al giorno, e se la degenza presentava qualche imprevisto
non si dava pace fino a quando non aveva trovato il rimedio per eliminarlo.
Quando gli accennai che sarei andato via da Settimo, mi raccomandò di non
trascurarmi, di affidarmi con immediatezza ad un altro medico, ma saranno stati
il clima meno rigido della capitale e le
preoccupazioni della nuova sistemazione, a farmi dimenticare le sue
raccomandazioni fino a che il mio primo figlio non si sentì male.
Come
primo tentativo bussai con mia moglie alla vicina di casa che giovane com'era,
si trovava anche lei nella nostra stessa condizione. Ci consigliò comunque di
rivolgerci alla signora del piano di sopra che avendo tre bambine sicuramente
avrebbe saputo indicarci qualcuno nelle vicinanze. Infatti la donna, moglie di
un brigadiere della Guardia di Finanza, indirizzò le nostre ricerche su Corso
Duca di Genova, dove trovammo un medico che era buono per tutti i mali.
Simpaticissimo. Durante la malattia del bambino diventammo amici e una sera che
venne a casa dopo le ventidue, mi chiese se lo accompagnavo fino all'Infernetto
dove non se la sentiva di andarci da solo.
Forse
erano altri tempi ed altre mutue. Forse le cose sono cambiate dopo l'avvento
del Servizio Sanitario Nazionale che nell'intenzione del legislatore doveva
assicurare parità di assistenza a tutti, ricchi e poveri, a chi lavorava e a
chi non, ma che ha certamente finito con l'ingessare l'assistenza in un
carrozzone unico dove la professione medica ha ceduto il passo al calcolo e al
menefreghismo.
Nel
novantanove percento dei casi prima della riforma sanitaria l'attività medica era
una missione, dopo é diventa solamente una professione, con al centro il medico
e l'ammalato inutile dal venerdì pomeriggio fino a domenica sera. Il medico in
quelle ore non esiste se non a pagamento e la dice lunga anche il trattamento
che attuano nei confronti di chi vi ricorre, sempre ossequiati e riveriti.
Comunque
riuscimmo a trovarne uno che faceva al caso nostro che nei modi ricordava
Aragno. Il suo nome era Kissopulos, italiano ma di origini greche. Era il
nipote di uno di quei greci arrivati in Italia dopo l’unità. Ti scrutava col
suo sguardo amico ed era facile entrare in sintonia con lui. Il più grande dei
due ragazzi incominciò a soffrire di asma allergica e fu lui ad indirizzarci
verso una ricercatrice dell’Università La Sapienza. Quando i guai cominciarono
anche per noi diventò la nostra guida sanitaria, il nostro consigliore, la
persona nella quale fare affidamento rispondendo con sollecitudine alle nostre
chiamate accompagnandoci nella malattia senza eccessive preoccupazioni. Era Lui
che si faceva carico del nostro benessere fisico senza essere invadente e men
che meno approssimativo. La nostra salute è stata al sicuro finchè è vissuto.
Quando arrivò il suo successore restammo amici e l’ultima volta che gli facemmo
visita candidamente, dopo aver scrutato i nostri visi e sinceratori che non
avevamo bisogno di lui professionalmente, disse: - Non ho più memoria di
niente. So per dimenticare chi sono, ma di voi due avrò ancora memoria fino all’ultimo
momento della mia esistenza.
Oggi le cose vanno diversamente,
anche se qualcuno ha voluto ricordarmi di aver fatto il giuramento di Ippocrate,
è difficile trovare un medico capace e scrupoloso. Sono i primi a non saper
vivere la loro condizione in maniera particolare i dentisti che cercano di
lucrare piuttosto che curare ed educare.
Via dell'Università Roma
Quello che nessuno aveva saputo
vedere in venti anni della mia vita, inviandomi alle cure termali annualmente,
lo vide lui in un attimo senza procurarmi gli strazi a cui gli altri mi
sottoponevano per visitarmi. L’ultimo mi aveva anche narcotizzato e spillato
100.000 mila lire.
Di fronte al mio disappunto mi
fece tornare il giorno appresso e un attimo prima che lui me li asportasse
senza accorgermene, la dottoressa che fu incaricata di redigere la cartella con
l’anamnesi patologica mi chiese se poteva guardarmi la gola. Non riuscendo a
vedere niente, mi domandò se ero sicuro di quello che dicevo. Di fronte alla mia
conferma l’altro medico che l’accompagnava per poco non mi strappava la lingua.
Raccontai la cosa a Carlo il quale non si meravigliò affatto dell’insuccesso
dei due. Proferì solamente:- Meno male che sei capitato nelle mie mani. Dopo
due secondi, durante i quali mi asportò i polipi senza avvertire nessun
fastidio, mi accompagnò da mia moglie che era in corsia ad aspettarmi e mi
disse: Fai sentire a tua moglie la tua voce. Essa lo invocò di non farmi
parlare, ma quando sentì proferire il
suo nome con voce forte e chiara restò sbalordita ed incredula.
E’ inutile raccontare le sue
imprese. Morì due anni dopo essere andato in pensione nella sua Orvieto dove
nel tempo libero, la domenica, si dedicava alla cura del suo terreno e delle
sue bestie. Ritengo di essere stato fortunato di averli incontrati, adesso
avrei bisogno di un’anima buona per curarmi il nervo sciatico che mi affligge e
cerca di sconfiggermi senza ancora riuscirci da quando sono andato in pensione.
Ostia Lido 27/11/2015 Gioacchino
Ruocco
giovedì 26 novembre 2015
Questo Napoli mi annoia, non è possibile.....
Pardo alza le braccia: "Questo Napoli mi annoia, non è possibile che in 2 mesi..."
Interviste, 26 novembre 2015 ore 23:37, di Redazione - 15.393 visite
Il giornalista di Mediaset, Pierluigi Pardo, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Canale 21 soffermandosi, tra le altre cose, sull'ennesima vittoria degli azzurri. "Questo Napoli ora mi sta annoiando. Non è possibile che in 2 mesi ci costringe a dire sempre le stesse cose. Gioca bene, vince, non ci dà la possibilità di affermare qualcosa di diverso. Sono costretto a ripetermi: la compagine di Sarri è la grande favorita per lo Scudetto"
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