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domenica 31 agosto 2014
sabato 30 agosto 2014
Il dialetto recanatese (u reganatese)
Recanati - veduta panoramica |
Dialetto
Il dialetto recanatese (fa parte di un piccolo gruppo di transizione tra i dialetti
della zona anconetana e quelli della zona maceratese-fermano-camerte,
comprendente anche i vernacoli di Filottrano e Montefano,
in quanto ospita influssi provenienti in egual misura da entrambe le aree.
Tra gli elementi di chiara
derivazione anconetana, che avvicinano il recanatese
non tanto al dialetto del capoluogo marchigiano ma piuttosto a quello dei
comuni limitrofi quali Loreto, Castelfidardo ed Osimo, vi sono:
· Mancanza totale
della metafonesi da –o e da –i finale, per le vocali toniche “e” ed “o” sia
chiuse sia aperte, tipica invece del maceratese e di un po’ tutto il
centro-sud italiano: per cui a Recanati si ha furbétto e non furbittu come a Macerata, macèllo e non macéllu, rótto e non rutto, pòrto e non pórtu, ecc; tuttavia tale
fenomeno, che attualmente si arresta al di sotto del fiume Potenza, doveva
essere un tempo presente pure a Recanati, come dimostrato da documenti dei
secoli XIV -XV (terrino, quillo, quisto), e uno degli ultimi relitti
metafonetici riscontrabili è stato un quilli in un testo ottocentesco; infine
attualmente vi sono solo forme sporadiche come puji per “polli”, e inoltre è da segnalare
come la seconda persona del verbo “essere”, pur coincidendo con l’italiano
“sèi”, nelle forme interrogative ausiliarie diventa sì (Ci si jito?);
· Non c'è distinzione
tra ô (<-o, -ō del latino) e ö (<ū latina), per cui anche a Recanati,
come in tutta l'area perimeridiana e in Toscana, le -u latine si sono aperte in
-o (lupo < lat. LUPUM);
è inoltre da segnalare che a Recanati, ma anche a Jesi, Potenza Picena e
Civitanova Marche, non è neppure avvenuto il fenomeno contrario, per il quale
tutte le -o finali dell'italiano sono divenute -u (iu magnu < io mangio, lu stòmmigu < lo stomaco), come si verifica
invece nel triangolo Ancona-Osimo-Porto Recanati;
· La lenizione
intervocalica (o “rilassamento”), avvertibile però in maniera più sporadica e
meno sistematica che nell’area anconetana, perché è vitale di fatto solo
per -c-, che diventa molto spesso -g-, ad es. nello stesso nome della
città, che viene reso come Reganati,
bagià per “baciare”, brugià per “bruciare”, vesciga per “vescica”, fògo per “fuoco”, siguro per “sicuro”, gambià per “cambiare”, mentre per il passaggio da -t-
a -d- si riscontrano solo pochissimi casi, come fadigà, che contiene la
lenizione di entrambe, e aiudo/aiudà per “aiuto/aiutare”;
· Mancanza del
passaggio da b iniziale e intervocalica a v, presente invece a Macerata (babbo e non vavvu, bé e non vé per “bere”, bardascio e non vardasciu);
· Sdoppiamento
della -rr-, (tèra, guèra), assente a Macerata città, ma presente
in alcune aree della provincia, come Matelica e San Severino Marche;
· La pronuncia con “è”
aperta di molti vocaboli che invece nel maceratese suonano con “é” chiusa, ad
es. viène, bicchièro per “bicchiere”, nonché i suffissi in
-mento e in -mente, ad es. ‘bbijamènto per "abbigliaménto”, capamènto per “scelta” ;
· L’uso dei pronomi
personali lù e lia per “lui” e “lei”, tipici delle Marche
e dell’Umbria centrosettentrionali, in antitesi alle forme centromeridionali issu/issa;
· Uso del pronome
interrogativo cò? nel
senso di “che cosa?”, tipico dell’anconetano-osimano ma non dello jesino che
usa invece que?, ne' del
maceratese, che usa la forma italiana "che?";
· Uso del pronome
personale ed interrogativo te,
in luogo della forma maceratese (ed italiana)
"tu";
· Eliminazione di e intervocalico nella particella
"per" (pr'i viculi "per
i vicoli");
· Uso della particella
latina *intus con la variante locale ntru/ntri (da int+ru/ri),
"in/nei" equivalente all'anconetano ntel/nti (ntru core "nel cuore", ntri cori "nei cuori").
Invece tra gli aspetti che
avvicinano il recanatese alla famiglia maceratese-fermano-camerte,
vanno annoverati:
· L’uso della parte
finale e non di quella iniziale del latino “illud” per la costruzione dell’articolo
determinativo maschile singolare “il”: infatti mentre nelle finitime località
di Loreto e Porto Recanati è in uso la forma anconetana el, a Recanati è presente ‘u , da un più antico ru, forma quest’ultima ancora
presente a Filottrano; da qui derivano ‘a
(da ra) per “la”, 'i (da ri)
e l’ per “i, gli”, ‘e (da re)
per “le”; tra Recanati e le aree immediatamente più a nord passa perciò una
cesura molto importante a livello linguistico nazionale, in quanto segna il
passaggio dalle forme dialettali perimeridiane, disposte lungo la linea
Roma-Perugia-Ancona, che appunto usano la parte iniziale di “illud”, a quelle mediane in
senso stretto, nonché a quelle meridionali, che invece ne usano la parte
finale;
· Il passaggio da
"g" iniziale ed intervocalica a "j" (joco/jocà per “gioco/giocare” da latino “iocus”, fujì/fujato per “fuggire/fuggito”);
· Il passaggio da
doppia "-ll-" intervocalica a -j- (bujito per “bollito”, curaji per “coralli”, puji per “polli”, mujche per “molliche”);
· Mantenimento di “t”
latina in matre/patre;
· Apocope anche dei
suffissi in "-ro" (da -io), seppur non estesa e
generalizzata come nel maceratese, ad es. pajà per “pagliaio”, pegurà per “pecoraio”, maferraro, sartore;
· L’assimilazione
progressiva ND > NN (il mondo> u
monno, quando> quanno,
passando> passanno),
presente comunque pure nella provincia di Ancona, tranne che nel capoluogo.
Frequente è pure l'assimilazione di LD > LL (caldo > callo), mentre è un po' più
rara l'assimilazione di MB > MM (pijà gammo’ “prendere il sopravvento”);
· Sonorizzazione di
“c” dopo nasale (mancare > mangà,
bianco > biango),
tipica anche di Jesi, mentre il fenomeno analogo per “t” a Recanati è presente
solo sporadicamente, perciò pare essere regredito: sopravvive ad es. la forma déndro per “dentro”;
· Con i sostantivi che
indicano grado di parentela l'aggettivo possessivo può essere espresso con una
particella proclitica (ad es. tu'
madre, tu' padre), o con una enclitica (màmmeta, bàbbeto),
esattamente come a Jesi;
· La pronuncia con “é”
chiusa di molti vocaboli che invece nei comuni limitrofi della provincia di
Ancona e a Porto Recanati suonano con “è” aperta, ad es. trénta, pénso,
sénza, vérde, férmo, vénne;
· Uso della particella
latina *in medio (ad): mecquì,
mellà (=qui, là), presente
anche a Camerino, Matelica, Cingoli, Treia, ma che si riscontra
pure nelle Marche centro-settentrionali, a San Marino,
nell'Umbria e nel Lazio settentrionale; lo stesso dicasi per
la preposizione dativa ma per "a": ma mé per "a me", e di conseguenza mù (ma+'u) per “al/allo” (mù
patre “al padre”), mà (ma+'a) per “alla”, mì (ma+'i)per “ai” e mé (ma+'e) per “alle";
· Uso di 'llo, 'lla, 'lli, 'lle per "quello, quella, quelli,
quelle" come nelle Marche centromeridionali, a differenza dell'anconetano
che ha qul/qula e dei dialetti della sua provincia
dove suona come in italiano.
Infine sono da ritenere forme
tipiche esclusivamente di Recanati nuà/vuà per “noi/voi”, sopre per “sopra” e sotta per “sotto”, questi ultimi due
fenomeni guizzanti anche altrove.
Il lessico locale recanatese
attinge anch’esso tanto dall’area anconetana quanto da quella maceratese.
Eccone alcuni esempi: armango=almeno, bardascio=bambino, ciuétta=civetta, derèto=dietro, fugaraccio=falò, ' gna=bisogna, igno’= in giù, jòppa=zolla, lala=ala, minga=mica, négne=nevicare, pertegara=aratro, ' rsumijo=fotografia, sbrégo=strappo, torcolétto=rametto, vèspera=vespa, zécchere=zecche.
Analogamente ciò vale a
proposito dei modi di dire:
ciacca
l’ajo=ben ti sta,
de riffe
o de raffe=in qualche maniera,
è
como jì a curre c’u lebbre=è una gara impari,
jì a gatto mino’=camminare
carponi,
mango pe’ mele=nemmeno
per sogno,
e me’ cojoni=però,
ci vorrebbe pure,
pijà gammo’=prendere
il sopravvento,
sartà u fosso=fare
il salto di qualità,
secco
rrabbito=magrissimo,
voja
de fadigà sarteme addosso=detto di persona sfaticata.
Ancora, sono di seguito
riportati alcuni proverbi tipici:
‘A
cerqua nun fa’ i melaranci = ogni albero dà il proprio frutto, ogni uomo dà
solo quel che ha,
Mejo puzzà
de vì che d’ojo santo = meglio ubriachi che in fin di vita,
Carta canta e villan dorme = lo
scritto si fa sentire (cioè fa prova), mentre il contadino dorme (nel senso che
non può farsi sentire, cioè non ha voce in capitolo perché non sa scrivere),
perciò è sempre indispensabile avere prove scritte perché le parole volano e
non restano,
Quanno u gallo
canta da gajina, a casa va in ruìna = quando l’uomo fa la parte della donna
(si lascia comandare), le cose in famiglia non vanno mai bene,
Sant’Antò d’a barba bianga, se nun
negne nun se magna = se a Sant’Antonio abbate (17 gennaio) non nevica non si
ha cibo,
Anno bisesto, anno
funesto=l’anno bisestile è pieno di contrarietà,
D’istate u monte, d’inverno a fonte=per
regolarsi sul tempo che farà, l’estate si guarda la montagna, d’inverno il
mare,
Scirocco, oggi tiro e
dumà scrocco=Oggi soffio e domani porto acqua.
Uno dei cittadini
storicamente più illustri di Recanati, Giacomo Leopardi,
in una lettera allo scrittore piacentino Pietro Giordani del 30 maggio 1817, ebbe modo di
segnalare i pregi della favella recanatese, soffermandosi in particolare sulla
pronuncia: “Ella non può
figurarsi quanto sia bella. È così piana e naturale e lontana da ogni ombra di
affettazione, e non tiene punto né della leziosaggine toscana né della superbia
romana, mentre basta uscir due passi dal suo territorio per accorgersi di una
notabile differenza, la quale in più luoghi pochissimo distanti, non che
notabile è somma”.
In Russia non c’è solo Putin.
Grazie a Garage di Dasha Zhukova l’ex Unione Sovietica avrà la sua prima biblioteca pubblica dedicata all’arte contemporanea |
pubblicato venerdì 29 agosto 2014
La Russia sarà un poco più moderna, anzi contemporanea, a partire dal prossimo dicembre. Il merito è di Dasha Zuckova e del suo Garage Center for Contemporary Culture, già un’istituzione nel panorama moscovita, che dal 2015 si sposterà a Gorky Park, in una sede progettata niente meno che da Rem Koolhaas con OMA. Ma questo già lo sappiamo, mentre è di oggi la notizia che Garage aprirà la prima biblioteca pubblica in tutto l'ex Paese Sovietico dedicata all’arte del XX e XXI secolo, con qualcosa come 15mila titoli, rare edizioni antiche, monografie, riviste, cataloghi di mostre e chi più ne ha più ne metta: la biblioteca sarà aperta al pubblico, mentre l’archivio agli specialisti su appuntamento.
Guidata da Sasha Obukhova, il polo culturale sorgerà accanto all’Education Center, vicino agli spazi espositivi di Gorky Park. Obukhova ha dichiarato: «Sono lieto di annunciare che, dopo due anni di intenso lavoro, apriamo la prima biblioteca pubblica della Russia sulla storia dell'arte di oggi. studenti, artisti, ricercatori, professionisti e dilettanti potranno venire in qualsiasi momento e scoprire, per esempio, le prime informazioni sulla storia dell'arte contemporanea russa. Il passo successivo sarà quello di lavorare sulla conversione digitale dei materiali d'archivio per una informatizzazione che permetta l'accesso a questo tesoro da parte di tutto il mondo». L’operazione dovrebbe essere conclusa nel 2017, ma intanto Mosca acquista un poco più di "visibilità” se non nello specchio della politica, almeno dell’impresa più o meno creativa. E pubblica.
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Al Pacino batte tutti.
Festival del Cinema/ Note a margine a seguito di "The Humbling" e "Manglehorn" |
pubblicato sabato 30 agosto 2014
Oggi è il giorno di Al Pacino: presente a Venezia come attore protagonista diThe Humbling, [L'umiliazione] – diretto da Barry Levinson – e Manglehorn, – diretto da Paul Logan – in concorso. Difficile fare altro che rimanere incantati dal potere affabulativo di ogni singola piega del suo volto. Difficile anche commentare senza banalità. I Cahiers gli dedicano un intero volume, file oceaniche che lo attendono, e lui un senso dell'umorismo e una semplicità incantevoli, sempre.
Non si presenta in modo autocelebrativo, quello che fa è proprio un manifesto per l'arte dell'attore.
The Humbling, tratto dal racconto omonimo di Philip Roth, racconta la storia di Simon Axler, un grande attore celebrato, che perde il desiderio e la volontà di interpretare il suo ruolo. In modo speculare e opposto all'autore pirandelliano, qui ad assediare la mente del protagonista non sono gli autori, ma sono i fantasmi delle vite reali degli altri, dato che per interpretare parti scritte da altri per altri, ha perso completamente la propria.
Fra confessioni via Skype con il suo psichiatra, allucinazioni che non gli permettono più di recitare, cerca appigli in queste vite a lui estranee di cui però non riesce a giudicare altro che la performatività. Non cosa gli dicono, ma solo il modo, se è appropriato al contenuto, senza che questo gli interessi. Il meccanismo della seduta riflette il modo di produzione del film e la relazione fra regista e attore per come si prodotta durante la lavorazione. Fra amori impossibili, vite parallele solo immaginate e parti dimenticate, infine diventa preda della sua stessa capacità di recitare al punto di incarnare il personaggio di King Lear, e mentire una bugia, la doppia negazione di una irrealtà, distrugge sia il velo dell'illusione che quello della vita. Un inno al desiderio e al bisogno di finzione.
In Manglehorn, il carattere del personaggio è esattamente opposto, non si tratta di un attore che dimentica la sua parte, ma di un uomo che vive la sua vita come se lo fosse per non affrontare i propri fantasmi. La caratterizzazione di un uomo che è costretto a decidere il significato delle sue azioni.
Ma più di ogni cosa è la capacità di interpretare e il potere di impersonare.
Una vera, autentica icona, che risuona ormai di milioni di fotogrammi e non smette di essere sorprendente. Tutti in piedi ad applaudire. (Irene Guida)
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venerdì 29 agosto 2014
Ultima tappa per l’arte contemporanea all’Università del Salento.
Anche in questo caso site specific, con l’intervento di Salvatore Sava |
pubblicato venerdì 29 agosto 2014
Un percorso di conoscenza, in cui ogni singola opera è stata concepita tenendo conto dello spazio che le ospiterà: si caratterizza per un’impronta decisamente site-specific – e non poteva essere diversamente, conoscendo il lavoro dell’artista – la mostra Follie barocche di Salvatore Sava nell’ex Monastero degli Olivetani a Lecce. Dal primo settembre infatti gli spazi di questo luogo magico, non lontano dal centro storico della città, saranno il teatro delle forme plastiche plurime e inaspettate dello scultore salentino. La mostra rientra in un più vasto programma espositivo, avviato a luglio, intitolato Sull’arte contemporanea: metodologia e ricerca nei luoghi dell’Università, con l’allestimento di alcune mostre di maestri consolidati, come Salvatore Spedicato, Uccio Biondi, Sandro Greco e lo stesso Sava, e alcune proposte anagraficamente più giovani, a conferma degli interessi e delle ricerche storico-artistiche dell’ateneo salentino. Gli spazi dell’Università – e quella di Lecce ne possiede anche di affascinanti –, con il Dipartimento di Beni culturali, il laboratorio didattico Tasc e lo spin-off Cracc, hanno così ospitato il progetto a più riprese. Il palinsesto delle mostre è stato ideato e coordinato da Letizia Gaeta, delegata del rettore alla conoscenza, ricerca e messa in valore dei beni culturali, mentre la cura scientifica è di Massimo Guastella, che insegna storia dell’arte contemporanea. Con questa mostra continua a guardare alla natura, Salvatore Sava, associando un interesse estremo verso la cultura antropologica del "sud del sud dei Santi” con una ricerca formale che guarda all’astrazione. Prosegue pertanto l’attenzione ecologica, già avvertita da Luciano Caramel e dagli altri critici che si sono occupati del suo lavoro, e la volontà di osservare il mondo vegetale concependo una scultura che spesso diventa spazio, ambiente da percorrere con lo sguardo e il corpo. Info: www.unisalento.it. (Lorenzo Madaro)
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giovedì 28 agosto 2014
Renzo Piano über alles!
È suo anche il progetto per il nuovo Centro Botín per l’arte contemporanea di Santander | |||||||
pubblicato giovedì 28 agosto 2014
A Santander, stupenda cittadina cantabra, nasce il Centro Botín per l’arte contemporanea. E non solo. L’iniziativa si deve alla Fondazione Marcellino Botín, istituita da quest’ultimo e dalla moglie nel 1964 con il preciso scopo di incentivare lo sviluppo sociale ed economico della città attraverso la creatività, l’arte e la cultura. Oggi la Fondazione, presieduta da Emilio Botín (presidente del Banco Santander) è considerata la più importante tra le fondazioni private spagnole e si lancia nell’ambizioso proposito di donare alla città un museo di rilevanza internazionale.
Per il progetto del nuovo Centro Botín è stato scelto Renzo Piano, che recentemente ha messo la firma anche sulla nuova ala del Kimbell Art Museum di Fort Worthpochi, Texas, inaugurata il novembre scorso, oltre che, come vi abbiamo raccontato, a Malta, Harward, Portland e la sua Genova. In questo lavoro Piano collaborerà per la prima volta con lo studio Luis Vidal y Arquitectos.
Oltre all’edificazione di uno spazio per l’arte, la cultura, le attività formative, fanno parte integrante del progetto i giardini: raddoppiando l’estensione degli attuali Jardines de Preda si collegherà il centro della città alla zona della baia.
Gli obiettivi sono ambiziosi: contribuire a rafforzare il tessuto sociale e culturale della città riqualificando contemporaneamente la zona della baia; fare del Centro un punto di riferimento per la Spagna nell’ambito della ricerca e della formazione; inserirsi nella rete internazionale dei centri d’arte di primo livello.
I grandi nomi non mancano. Oltre a Piano, per la presidenza della Commissione di Arti Plastiche (responsabile della programmazione delle attività) è stato scelto Vicente Todolí.
La collezione, specializzata in particolare sull’arte contemporanea, si svilupperà a partire dall’attuale nucleo di proprietà della Fondazione Botín, frutto di più di quarant’anni di lavoro e in continua crescita, ma la sua mission consiste soprattutto nello sviluppare un rapporto attivo con il pubblico e la cittadinanza, organizzando laboratori, seminari e attività formative per bambini, giovani e adulti.
Più che un museo da visitare quindi, il Centro Botín si propone di diventare un luogo di incontro con le arti - musica, cinema, teatro - e la letteratura.
C’è un però: l’inaugurazione del museo inizialmente prevista per questa estate, è stata rimandata al 2015, ma il Centro ha già dato inizio alla sua attività con l’apertura dei giardini che saranno sede, fino al 10 ottobre, di eventi musicali, cinematografici e creativi aperti gratuitamente al pubblico. (Jessica Biancheria)
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lunedì 25 agosto 2014
Viene meno la fiducia anche nella deflazione.
Prima dell'entrata nell'Euro si era parlato in Italia, a più riprese, della lira pesante, ma il progetto non arrivò mai in porto.
L'ultima svalutazione a danno questa volta dell'Euro non andò in porto. E' stato un bene o ci avrebbe permesso di ridurre il deficit a un numero più piccolo ed entrare nell'Euro con un valore di cambio più favorevole ?
Qualcuno potrà dire che la mia considerazione non tiene conto del fattore verità che é il PIL che non sarebbe variato per niente.
Ma la furbata allora chi l'ha fatta ? L'asse Francia Germania o l'Inghilterra che economicamente fa gioco a sé e ha le mani libere per svalutare quando vuole?
Quando i prezzi calavano e non sempre è vero la gente correva ad acquistare per fare la scorta, oggi non succede in quanto i prezzi calano soltanto apparentemente.
In Italia arriva di tutto in quanto è un mercato ancora redditivo. La nostra frutta va all'estero e la frutta straniere come altri prodotti, pesce in testa arriva in Italia con prezzi bassissimi all'ingrosso e prezzi elevatissimi alla vendita.
Chi si sta arricchendo in questo momento con questo sistema di partita di giro?
Chi governa se ne deve pure accorgere! Sono le mafie con i colletti bianchi o quelle con i colletti rossi del sangue che ci stanno succhiando ?
L'ingratitudine del mercato comune è stata quella di andare al nastro di partenza con posizioni che non erano di parità. I deficit andavano ricondotti ad una soglia unica e l'eccedenza di come l'Italia andava ripianata con piani di ammortamento comunitario a tassi agevolati da mettere sulle spalle di tutti quelli che ne avrebbero, più forti, tratto vantaggio.
Per fare ciò occorre un governo centrale e una politica unica economica, politica ed estera. CONTINUARE A CAMMINARE IN ORDINE SPARSO PRODURRà DISCAPITO SOLTANTO AI PIù DEBOLI CON IL RISCHIO DI NAUFRAGIO DELLA COMUNITà.
Torna la terza edizione del Premio Agarttha Arte, dedicato ai fotografi under 35
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domenica 24 agosto 2014
Turnanno arreto sulla Gazzetta del Litorale in una artico di Anna Iozzino
venerdì 22 agosto 2014
HIT, ma quale ?
Iniziamo con "Sorrisi e canzoni". Per parlarne utilizzo il pezzo di Wikipedia per non incorrere in affermazioni contrastanti con la storia di questa pubblicazione ormai di dominio pubblico.
TV Sorrisi e Canzoni
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
TV Sorrisi e Canzoni | |
---|---|
Stato | Italia |
Lingua | italiano |
Periodicità | settimanale |
Genere | stampa nazionale |
Fondazione | 1952 |
Sede | via Arnoldo Mondadori, 1Segrate (MI) |
Editore | Arnoldo Mondadori Editore |
Tiratura | 857.428 (dicembre 2012) |
Diffusione cartacea | 686.789 (dicembre 2012) |
Direttore | Aldo Vitali |
Condirettore | Rosanna Mani |
Sito web | www.sorrisi.com |
TV Sorrisi e Canzoni è una rivista settimanale italiana che contiene la guida ai programmi TV e approfondimenti su attualità, musica, cinema e spettacolo.
Storia
La testata nasce per iniziativa di Agostino Campi, della Campi editrice di Foligno, società che possiede i diritti di pubblicazioni in Italia di canzoni di tutto il mondo. Il primo numero (ottobre 1952) comprende 16 pagine bicolori (nero e arancione chiaro) e costa 50 lire. La sede del giornale è a Roma.
Campi, oltre ad essere l'editore, è anche il primo direttore del settimanale. La rivista ha come sottotitolo: «Tutti i successi delle canzoni, varietà, radio e cinema». Il giornale fin dai primi numeri pubblica i testi delle canzoni più in voga. Campi possiede anche l'esclusiva dei testi delle canzoni in gara al Festival di Sanremo, manifestazione canora nata nel 1951, che l'editore pubblica integralmente sul suo giornale.
Quello dell'ottobre 1952 è l'unico numero uscito in quell'anno. La testata avvia regolari pubblicazioni a partire dal giugno 1953, con il sottotitolo «Settimanale di radiocanzoni e varietà». In assenza della televisione, il pubblico può riconoscere i propri beniamini dalle foto pubblicate da «Sorrisi»: tra i volti noti della canzone che appaiono in prima pagina quell'anno ci sono Achille Togliani, Nilla Pizzi, Claudio Villa, Teddy Reno e Luciano Tajoli. La rivista dedica il 70% del suo spazio alla pubblicazione dei testi delle canzoni. In quegli anni si contano circa 500 rassegne canore in Italia, e Sorrisi cerca di dare spazio a tutte le canzoni che vanno per la maggiore e ai loro protagonisti.
Negli anni ottanta è acquistata dalla SBE (Silvio Berlusconi Editore), che poi confluirà nel gruppo Arnoldo Mondadori Editore. Numerose sono le firme di noti giornalisti che hanno diretto nel corso degli anni Sorrisi. Storico direttore succeduto a Dario Baldi è Gigi Vesigna (dal 1973), a cui si devono record storici di vendita per l'introduzione della novità degli inserti Tv Locali ideati e voluti espressamente dal subentrante Presidente Feliciano Campi.
Nel 1994 la direzione del settimanale passa nelle mani di Pierluigi Ronchetti, che resterà al timone della rivista per 8 anni. Dal settembre 2002 all'ottobre 2006 il direttore della rivista è stato Massimo Donelli, successivamente nominato direttore di Canale 5. Dal 16 ottobre 2006 al 19 giugno 2008 il direttore è stato Umberto Brindani, sostituito dal 23 giugno dello stesso anno da Alfonso Signorini che poi il 26 febbraio 2012 ha lasciato la carica di direttore responsabile ad Aldo Vitali pur rimanendo dentro la testata come direttore editoriale.
Storia della testata
Il settimanale è uscito per la prima volta nel 1952 con il nome di "Sorrisi e Canzoni d'Italia", quando ancora le trasmissioni televisive erano di là da venire. Successivamente la testata divenne "Sorrisi e Canzoni". Quando nacque, il giornale era il primo a parlare interamente di spettacolo: mancava infatti in Italia una rivista interamente dedicata alle canzoni e alla musica[1].
Dal nº 5 del 1960 con l'aggiunta di "TV", la testata ha assunto la forma attuale (se si eccettua, dalla primavera 1964 al 1º ottobre 1967, la dizione «TV - Illustrazione - Sorrisi e Canzoni»).
Le pagine storiche dei palinsesti televisivi, dal 1982 al 1990
Tra le pagine conclusive di Tv sorrisi e canzoni ci sono anche i palinsesti televisivi chiamato per anni "Settegiorni", e furono suddivisi i giorni della settimana a seconda dei colori: (ad esempio: Domenica "DO", aveva il colore rosa, lunedì "LU", colore azzurro, martedì "MA", colore arancione, mercoledì "ME", colore fucsia, giovedì "GI", colore viola, venerdì "VE", colore verde, e sabato "SA", color magenta). I palinsesti dal 1981 a fine 1990 furono costituiti da simboli a forma di una TV, presenti anche su vari servizi o reportages di vari articoli televisivi, sia in RAI che a Fininvest, (ad esempio: le reti RAI furono collocate così, Rai 1, aveva il numero 1 bianco su sfondo azzurro, Rai 2, aveva il numero 2 bianco su sfondo rosso, mentre Rai 3 aveva il numero 3 bianco su sfondo verde, mentre Fininvest erano collocate così, Canale 5 aveva un logo bianco, con il biscione a destra e il numero 5 sotto il fiore, su sfondo arancione, il logo fu poi cambiato a partire da domenica 7 dicembre del 1986, Italia 1 aveva il classico logo su sfondo bianco, sulla pagina dei palinsesti il logo fu racchiuso da un quadrato obliquo, e poi fu sostituito dal simbolo a forma di TV, Rete 4 aveva il logo classico con il 4 colorato di bianco e la R, colorato di giallo, su sfondo bianco, sui palinsesti il logo è racchiuso da un quadrato in forma regolare e poi fu sostituito dal simbolo a forma di TV, dal 1981 al 1984 il logo di Rete 4 aveva un logo contornato di nero, con uno scarabocchio verde, in basso ai simboli delle emittenti tv, su sfondo nero erano scritti gli orari, mentre sulle pagine principali erano scritti i giorni settimanali, oppure fu scritto anche "PROSSIMAMENTE"). La collocazione dei palinsesti erano così: Dal 1982 al 1990 i palinsesti televisivi erano collocati sulla pagina sinistra e destra, i palinsesti di Rai 1 con in alto al centro il logo dell'emittente con il n.ro 1 sulla pagina a sinistra, nel lato sinistro dei palinsesti c'era la "gabbia" dei programmi segnalati nell'elenco da un asterisco o una freccia, sull'altra pagina c'erano Rai 2 sul lato destro con in alto al centro il logo dell'emittente con il n.ro 2 e Canale 5 in basso, e diviso per pagina (da annotare che il logo di Canale 5 collocato al centro in alto fu diviso a metà di pagine), con alla parte destra altre locandine televisive, furono cambiati di posto i palinsesti di Rai 2 e di Canale 5 ad aprile del 1986, quando Canale 5 fu collocato sul lato destro e Raidue fu collocato in basso, sulle altre 2 pagine c'erano invece: I programmi di Radio Rai sul lato sinistro, Rete 4 sul lato sinistro con in alto al centro il logo dell'emittente, a sinistra invece vi furono varie locandine televisive alla sinistra dei palinsesti, sull'altra pagina c'erano Italia 1 sul lato destro, Rai 3 in basso a sinistra e TMC in basso a destra, con varie locandine televisive alla parte destra dei palinsesti e a destra c'erano i palinsesti di Tv locali, (da citare Rete A, Koper Capodistria ed Elefante TV), furono invertiti i palinsesti di Rai 3 sul lato destro, dal 1986, sull'altra pagina c'erano i palinsesti televisivi di varie Tv locali e commerciali, con il quale al centro di essa c'erano quelli del circuito televisivo Euro Tv, sostituito poi da marzo del 1986 dal palinsesto di Videomusic, mentre i palinsesti di Euro Tv venivano spostati in basso a quelli di Rete 4. Dalla stagione 1987 - 1988 venivano aggiunti i palinsesti televisivi del circuito Italia 7, quelli di Odeon TV, quelli di TMC e quelli di Rete A, furono tolti i palinsesti dell'allora uscente Euro Tv e al suo posto c'erano in basso i palinsesti televisivi di Rai 3, che fu collocato tra i palinsesti di Rete 4 e di Italia 1. Sempre dal 1987 i palinsesti di Radio Rai venivano collocati sulla pagina dei Settegiorni. Furono rinnovati i palinsesti televisivi da gennaio del 1991.
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